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Caso Manca, oggi si decide se archiviare

Di Norma Ferrara il . Sicilia

La morte dell’urologo siciliano Attilio Manca è ancora un mistero fermo alle indagini preliminari al Tribunale di Viterbo. Stamattina il giudice, Gaetano Mautone, dovrà decidere se gli elementi raccolti sono sufficenti per tenere aperto questo caso di uno “strano suicidio”. L’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto fu trovato morto il 12 febbraio 2004 (ufficialmente suicida) nella sua casa in via Santa Maria della Grotticella a Viterbo.  In questi sei anni trascorsi dalla morte di Attilio, i familiari e il legale, Fabio Repici, hanno continuato a chiedere che la magistratura indagasse, che venissero presi in considerazione alcuni elementi fondamentali, e alcune prove emerse in altre inchieste, poichè convinti che non si tratti di un suicidio e che dietro la morte di Attilio ci sia la mano della mafia.

 Ma chi era Attilio e perchè la mafia avrebbe dovuto interessarsi ad un medico che operava a Viterbo? L’urologo di Barcellona pozzo di Gotto (Me) era uno dei pochi medici italiani capaci di operare alla prostata in laparoscopia. Una tecnica innovativa che faceva del medico  uno dei fiori all’occhiello in questa disciplina. Una carriera brillante e tanti sogni nel cassetto. Tutto interrotto senza una spiegazione quel 12 febbraio del 2004 in cui venne trovato riverso nel suo letto, privo di vita, con accanto due siringhe con le quali si sarebbe iniettato un mix di farmaci e droghe micidiali che ne avrebbero causato la morte. Tanti gli elementi che in quella casa fanno pensare invece che il medico non si sia suicidato ma si stato ucciso e che non fosse solo al momento della sua morte. Il primo su tutti:  Attilio era mancino mentre  le iniezioni sul polso sinistro presuppongo l’uso della mano destra. Inoltre, quando Attilio morì, secondo  gli inquirenti, cadde su un telecomando che avrebbe causato gli  ematomi rinvenuti sul corpo ma dalle prime foto scattate dagli inquirenti che il telecomando si trovava lontano dal viso. C’è infine un altro elemento importante: dai rilievi effettuati nell’appartamento si scoprirono altre quattro impronte; nessuna di loro risultò compatibile con quelle di Attilio, mentre una di queste, appartiene al cugino del medico, Ugo Manca. Ugo è colui  che sin dal primo giorno  – dichiarano i genitori –  chiese ai medici  la restituzione del corpo e il dissequestro dell’appartamento in tempi rapidi.

Ugo Manca è, fra le altre cose,  condannato a nove anni di reclusione in un filone del maxiprocesso dello Stretto, “Mare nostrum”. E’ attraverso il cugino – secondo quanto dichiarato in questi anni dai genitori –  che il figlio sarebbe stato coinvolto nell’operazione chirurgica al superboss latitante Bernardo Provenzano. Proprio negli stessi giorni in cui il capo dei corleonesi sotto falsa identità, Gaspare Troia, veniva condotto a Marsiglia per essere in gran segreto operato alla prostata, Attilio Manca, all’insaputa dei colleghi si sarebbe recato all’estero. Ai genitori, per telefono, avrebbe confermato di trovarsi in Francia per motivi di lavoro. Manca quindi sarebbe il misterioso medico che in latitanza avrebbe effettuato l’operazione di Binnu u tratturi.. La morte del medico avvenuta poco dopo sarebbe quindi da ricondurre ad una precisa regia mafiosa che per “eliminare ” le tracce e le possibili fughe di notizie di questa operazione. 

Sei estati senza Attilio sono lunghissime. Non passano più, arrivano per conficcarsi nel cuore e nella memoria e si portano via pezzi di una vita che non c’è. Una sofferenza racchiusa nella lettera scritta dalla madre,  Angelina Manca, che in questi anni insieme al figlio e al marito e all’avvocato Fabio Repici non ha mai permesso che su questo caso calasse il silenzio. Nella sua lettera pubblicata sul portale dedicato ad Attilio scrive: “ancora una lunga estate da trascorrere senza la presenza del mio amato figlio Attilio.il luogo dove continuano a vivere quelli che hanno protetto la latitanza di Provenzano e magari hanno partecipato materialmente all’omicidio di mio figlio. Mi voglio rivolgere a loro: come potete continuare a vivere con un macigno che pesa sul vostro cuore? Come avete potuto uccidere barbaramente una persona buona, che cercava di vivere serenamente la sua vita, aiutando quelli che avevano bisogno di lui?“.

Nell’udienza di oggi, il gip Mautone è chiamato ancora una volta a decidere se chiudere definitivamente il fascicolo o riaprirlo. In tal caso, le indagini sulla vicenda di Attilio potranno andare avanti. Magari riprendendo in considerazione le impronte digitali ritrovate nella casa del medico, o analizzando quelle due siringhe che, in sei anni, come sottolinea la famiglia Manca, non sono mai state analizzate. O spiegando come può un mancino iniettarsi con la mano sinistra un cocktail letale di droghe e –  aspettando la morte –  procurarsi dei lividi al volto, pur restando disteso sul suo letto.

Per approfondimenti: www.attiliomanca.it

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