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Woody Cash 2, joint venture tra casalesi e scafatesi

Luigi Spera * il . Campania

Un vorticoso giro di fatturazioni false tra decine di aziende. Società reali e fittizie dell’agro nocerino, del casertano e di altre regioni d’Italia, che per gli inquirenti si scambiavano documenti contabili fasulli o attestavano vendite e rispettivi trasporti di materiale mai avvenuti, al solo scopo di frodare il fisco. Frodi e truffe con un obiettivo ben preciso e calcolato: generare un ‘tesoretto’ economico di fatto inesistente. In pratica, un fiume di denaro pulito.

Il raggiro da milioni di euro, così decodificato già lo scorso anno, vide finire nei guai ben 59 persone nell’ambito dell’operazione “Woody cash”, al termine della quale furono sequestrati beni per ‘ricoprire’ al danno da 85 milioni di euro, per un’evasione fiscale quantificata in 34 milioni di euro, ai danni dello stato. Da quel giorno di giugno del 2009, le indagini però sono andate avanti. E di sequestro in sequestro i finanzieri del Gico di Salerno, guidati dalla procura di Nocera Inferiore con il sostituto Roberto Lenza, sono stati in grado di ricostruire altre operazioni. Il tutto partendo stavolta da altre 600 fatture false, trovate nella sede di quella che viene indicata come la società al centro dell’illecito già dalla scorso anno: la Siderlegno della famiglia Brusciano di Aversa. Grazie a quelle documentazioni è stato possibile ricostruire la notevole mole di attività illegali e risalire alle ditte implicate.

Dopo tredici mesi di complesse investigazioni dunque, è stato ieri tracciato un nuovo bilancio. Probabilmente non quello definitivo. Sempre cinquantanove alla fine gli imprenditori denunciati. Sette i milioni di euro sequestrati in beni. Una somma che da bene l’idea della frode fiscale, stimata in 30 milioni di euro totali. Coinvolti numerosi imprenditori del settore della produzione di cassette ed imballaggi in legno per prodotti ortofrutticoli del Salernitano, del Napoletano del Casertano e di aziende in Puglia, a Roma, Rovigo e Pordenone.

Il punto messo a segno per lo Stato ieri mattina dai militari del Nucleo di polizia tributaria di Salerno, al comando del tenente colonnello Francesco Mazzotta, ha portato al sequestro delle quote societarie di 28 aziende, 13 immobili, per lo più appartamenti tra Angri, Caserta e Napoli, 13 autovetture, tra cui una Ferrari sequestrata a Pinerolo, sei motociclette ed uno yacht della lunghezza di 16 metri, del valore di un milione di euro, ormeggiato in un porto turistico del Napoletano.

E dire che si è trattato solo dell’integrazione di una indagine che si allarga sempre più e che sempre più, secondo gli inquirenti, scivola sotto l’invadente ombra dei clan della camorra.

Francesco Cavallaro di Scafati, i cugini Gianluca e Giovanni Morvillo, insieme ai fratelli Gabriele e Luigi Brusciano di Aversa, secondo l’accusa, sono ancora una volta indicati come i capi dell’organizzazione che avrebbe attuato il raggiro.

Al centro del filone nocerino dell’inchiesta, figura infatti sempre la società dei fratelli aversani, la Siderlegno. Ditta che ha emesso e incassato fatture false da quasi tutte le altre società coinvolte. Proprio Gabriele Brusciano, arrestato nel marzo del 2009 dal Gico di Salerno, sarebbe ritenuto vicino al boss dei casalesi Giuseppe Setola.

Il leader dell’ala stragista della galassia dei clan del pericoloso cartello casertano, sarebbe stato aiutato in più di una occasione da Brusciano, 32enne aversano, figura chiave di alcune indagini della Dda napoletana e di quella della procura nocerina. Nel corso delle indagini utili per la prima operazione “Woody cash”, il giovane aversano fu messo in collegamento allo scafatese Francesco Cavallaro, di fatto l’altro terminale di un lungo filo di illeciti che si è distribuito lungo lo stivale passando di società in società, finendo però sotto la lente degli inquirenti.

Investigatori e magistrati che ieri hanno ‘incassato’ il sequestro preventivo per ‘equivalente’ di beni, denaro e quote sociali “per importi corrispondenti all’entità dell’imposta evasa sia dalle ditte che hanno emesso, sia da quelle che le hanno utilizzate”. Ancora una volta, oltre che provare la colpevolezza degli indagati, le indagini mettono in luce l’abilità e la conoscenza delle leggi da parte dei gruppi criminali che, con sorprendente ingegno riescono, o almeno tentano, a portare avanti le proprie attività illecite. E l’operazione “Woody cash” non fa eccezione.

La scoperta nella sede della Siderlegno delle 600 fatture false e delle altre documentazioni contabili fasulle, ha sollevato il velo su una serie di diverse modalità per sfuggire alla legge. E così, quasi tutte le imprese con le quali la Siderlegno risultava essere in rapporti commerciali erano in realtà mere ‘cartiere’. Cioè ditte che avevano il solo scopo di produrre carte contabili utili al raggiro.

E poi i trasporti delle merci relative alle varie fatture emesse, risultavano effettuati tutti da una ditta la “Autotrasporti Manganiello spa” il cui socio ha sostenuto nel corso di un interrogatorio davanti alla guardia di finanza, di non aver mai lavorato per conto della “Siderlegno”. A questo si aggiungono altre imprese, che risulterebbero in rapporti commerciali con la Siderlegno, e che non hanno mai presentato dichiarazioni di redditi ne resoconti sull’Iva. Nell’elenco delle società coinvolte ci sono poi ditte come la “Ingrosso Imballaggi” di Murro Antonio è risultata inesistente.

Quando le fatture non erano completamente false avevano lo stesso numero e la stessa data di emissione ma diversi importi. Altre sono risultate emesse successivamente alla data di cessazione dell’attività dell’azienda. Anche alcuni documenti di trasporto hanno lo stesso numero e la stessa data di emissione ma l’indicazione di diversi aziende e diversa tipologia di merce. Che tutto però risalisse alla stessa mano è testimoniato dal fatto che i timbri di moltissime aziende sotto indagine sono stati trovati dalla guardia di finanza tutti nella stessa automobile.

* da Metropolis

Aggiornamento in data 15/03/2019

Ai sensi di quanto previsto dall’art. 7 del DL 196/2003, si precisa che Brusciano Luigi “non è mai stato condannato per reati di camorra; ha patteggiato per il solo reato di false fatturazioni; ha usufruito del beneficio dell’affidamento in prova ai servizi sociali: ha ottenuto la estinzione della pena per esito positivo della prova, prova alla quale mai sarebbe stato ammesso se gli fosse stata in qualunque modo contestata l’aggravante mafiosa di cui all’art. 7 della legge 203/91”.

 

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