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Una “talpa” della camorra

Di Cesare Piccitto il . Lazio

Aver rivelato informazioni riservate in possesso degli inquirenti ai boss del clan dei casalesi. Questa è l’accusa, formalizzata dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Si è tenuto questa mattina (14 luglio) davanti al gip di Napoli l’interrogatorio del poliziotto in servizio al commissariato di Formia, Aniello Landino. Il sovrintendente di Polizia di 51 anni, si trova, al momento, agli arresti domiciliari e dovrà fornire al giudice per le indagini preliminari, Marina Cimma,  la sua versione dei fatti. Secondo  la DDa di Napoli Landino accedeva alla banca dati del Ministero per rivelare al figlio di Sandokan, Nicola  Schiavone (arrestato il 15 giugno) e gli altri uomini del clan, notizie sulle inchieste in corso che li riguardavano.

Il legale del poliziotto, l’avvocato Raffaele Gaetano Crisileo, ha anticipato: “il mio assistito è pronto a spiegare tutto”. Lo hanno «incastrato» le telefonate con la sorella e, soprattutto, le rivelazioni di Raffaele Piccolo, ex fedelissimo di «Sandokan» Schiavone ed oggi collaboratore di giustizia. Lui, Aniello Landino, 51enne sovrintendente di Polizia, in servizio al Commissariato di Formia, è stato arrestato il 9 luglio mattina dagli agenti del nucleo criminalità organizzata della Squadra Mobile di Caserta. Secondo quanto emerso nel corso dell’indagine, avviata dai Carabinieri e poi passata nelle mani della Polizia, si introdusse più volte nella banca dati delle forze dell’ordine per raccogliere informazioni «sensibili» da passare al cognato, Giovan Battista Papa, marito (separato in casa) della sorella Rita Landino ed attore dell’industria delle estorsioni in salsa casalese. Papa oggi non c’è più.    

Il suo cadavere è stato rinvenuto crivellato di colpi insieme a quello di Modestino Minutolo e Francesco Buonanno. Secondo gli inquirenti, fu una punizione della camorra per essersi messi a chiedere il pizzo ad un caseificio, di fatto, riferibile a Paolo e Luigi Schiavone, figli del boss Francesco Schiavone, soprannominato «Cicciariello».  Per quel delitto, l’ordine sarebbe venuto dal figlio di «Sandokan», Nicola Schiavone. Convinto di essere ricercato dopo un tentativo di estorsione andato a vuoto, Modestino Minutolo si era dato alla macchia rifugiandosi presso la casa di Rita Landino, sorella del poliziotto. Il sovrintendente in servizio al Commissariato di Formia consultò più volte la banca dati delle forze di polizia per accertare se c’era un provvedimento a carico del cognato e ne parlò più volte al telefono con la sorella. Non solo. Il pentito Raffaele Piccolo, nel corso delle dichiarazioni rese nell’inchiesta per il triplice omicidio, parlò di cene avvenute a Formia alla presenza del poliziotto, ignorando di riferire che, all’epoca, era sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Trentola Ducenta.  Ad ogni modo, il collaboratore di giustizia fu in grado di fornire particolari sul teatro dei summit conviviali, un ristorante vicino al porto di Formia. Lì, lui e Landino, avrebbero partecipato a cene con personaggi dell’entourage casalese.  

 Purtroppo non è la prima “talpa” che riguarda la regione Lazio. A raccontarcelo è Antonio Turri,  referente di Libera per il Lazio. ”Non è il primo servitore dello stato che è ho oggetto di simili provvedimenti – dichiara Turri. Questi casi ci dimostrano inequivocabilmente l’enorme capacità di penetrazione dei casalesi in ogni ambiente della società italiana, fino ad arrivare a coinvolgere uomini dello stato con determinate specificità e soprattutto in prima linea nella lotta al crimine”     

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