Quella trattativa è ancora in corso
“Una intercettazione mi ha salvato la vita”. Lo ha detto più volte in questi mesi per ricordare quanto sia fondamentale lo strumento investigativo delle intercettazioni telefoniche, il giornalista Lirio Abbate. Indispensabili. Tanto da salvarti la vita, come è successo al cronista dell’Ansa oggi inviato de L’Espresso, che ad una conversazione fra boss “ascoltata” dagli inquirenti deve la sua vita. Per lui, nel quartiere La Kalsa di Palermo, era pronto un esplosivo da far saltare sotto l’automobile. Un attentato sventato ai danni di un cronista nel mirino dei boss per aver scritto alcune notizie scomode. Abbate continua a fare il suo lavoro sotto scorta. Ha seguito le inchieste sulle stragi di Capaci e via d’Amelio negli anni ’90 e oggi la loro riapertura a Palermo, Caltanissetta e Firenze. Il commento di Abbate sulle indagini in corso.
Il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, ha denunciato, nel maggio scorso, fughe di notizie, parzialmente vere, realizzate ad “hoc” per danneggiare le indagini. Qual è il tuo parere sul ruolo dell’informazione in questa delicata fase delle indagini sulle stragi?
E’ importante innanzitutto distinguere i ruoli, noi facciamo i giornalisti, loro i magistrati. Noi abbiamo il ruolo di informare, loro hanno regole alle quali attenersi che sono diverse dalle nostre. Quello che è certo è che non si può tollerare che ci siano giornalisti al servizio di chi vuole danneggiare le indagini, o al servizio dei Servizi segreti, come è accaduto in passato (e con ritardo, l’ordine ha sanzionato). Quello che è fondamentale in questo momento è continuare ad informare con intelligenza e raccontare e con grande delicatezza ciò che emerge dalle indagini. E’ vero che raccontando si può danneggiare un’indagine. A volte può accadere, magari è anche accaduto. Ma rimango dell’idea che se si informa in termini corretti il risultato è invece che si da sostegno all’indagine. Si evita che i magistrati vengano lasciati soli e si forniscono strumenti di comprensione ai cittadini, su questi fatti cosi complessi, difficili da capire.
Verità scomode che in molti non vogliono sapere….
Non è infatti un caso se un disegno di legge sulle intercettazioni mira, fra le altre cose, a frenare la possibilità di intercettare uomini dei servizi segreti, politici etc. Sono tutti segnali dell’intenzione di rallentare o evitare che le indagini proseguano e i cittadini vengano direttamente informati di questi ed altri fatti.
Dopo 18 anni dalle stragi (e a pochi giorni dall’anniversario di via d’Amelio, ndr) è possibile sapere quali dinamiche portarono alle stragi?
Credo che a distanza di tutti questi anni si possa arrivare a lambire la verità. Questa verità che si racconterà nelle aule di giustizia fa male a moltissime persone, alle istituzioni. E’ una verità che contribuirà a riscrivere la storia degli ultimi vent’anni di un Paese che abbiamo raccontato in un modo mentre invece le cose stavano in un altro. Raccontare tutto questo sarà molto, ma molto, complicato.
All’interno di queste indagini una buona parte dei giornalisti si sono concentrati sulla cosiddetta “trattativa”. A tuo avviso oggi è ancora in corso una “trattativa”?
Ritengo che una parte di quella “trattativa” sia ancora in corso. La trattativa non si è mai fermata. Ci sono punti, di quelle richieste, che sono stati soddisfatti, altri accordi che sono stati avviati. Quella parte di Corleonesi guidata da Provenzano è ancora oggi molto forte sia nella mafia che in alcune parti delle istituzioni che contano.
Si è parlato del ruolo svolto da entità “internazionali” nelle periodo stragista di Cosa nostra. Ad esempio l’inchiesta sui Sistemi criminali, archiviata a Palermo. Ritieni possibile che alcune delle vicende “post – muro di Berlino”, abbiano avuto un ruolo?
No, non mi spingerei così in là. Quella sui sistemi criminali è un’inchiesta che è stata archiviata e non so sino a che punto può essere legata alla realtà di Cosa nostra. Direi che il nodo centrale rimane quello attinente alle indagini in corso.
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