Maxi blitz contro la ‘ndrangheta
Un blitz storico contro la criminalità organizzata calabrese è scattato stamani alle prime luci dell’alba. Trecento le ordinanze di custodia cautelare, fra Lombardia, Liguria, Piemonte e Calabria e oltre 3000 le forze dell’ordine impegnate nell’operazione. Arresti, denunce e episodi di criminalità di stampo mafioso si susseguono ormai da anni nella regione tanto da far somigliare Milano e l’hinterland sempre più ad un pezzo di Calabria. E dopo l’operazione che solo qualche giorno fa ha portato all’arresto di 15 persone che fanno capo alla famiglia Valle, storica famiglia radicata sin dagli anni ’70 in Lombardia, legata alla famigerata ‘ndrina dei De Stefano, che praticavano usura e racket nel milanese (clicca per vedere servizio di F. Feo – Tg3), oggi si replica. Il modello calabrese esportato in tutto il mondo, ha messo radici in Lombardia, nel nord Italia e lo ha fatto apportando anche alcune modifiche alla struttura stessa della ‘ndrangheta calabrese, ma puntando su elementi fondamentali per l’organizzazione: il controllo del territorio e il giro d’affari. Le famiglie colpite in Calabria sono quelle che dominano quasi tutto il territorio regionale: i Pelle di San Luca, i Commisso di Siderno, gli Acquino-Coluccio ed i Mazzaferro di Gioiosa Ionica, i Pesce-Bellocco e gli Oppedisano di Rosarno, gli Alvaro di Sinopoli, i Longo di Polistena, gli Iamonte di Melito Porto Salvo, circa 150 gli arrestati.
L’inchiesta “Il crimine”
La Lombardia colonizzata dalla ‘ndrangheta
Il cuore pulsante ed il cervello sono nella provincia di Reggio Calabria, ma i tentacoli della ‘ndrangheta sono diffusi in ogni parte del Mondo, dalle Americhe all’Australia, dalla Spagna a tutti i Paesi del nord Europa. Una ramificazione che ha fatto delle cosche calabresi quelle più forti, più flessibili, più dinamiche e più affidabili di tutte le mafie. «La ‘ndrangheta – ha detto in più occasioni il procuratore distrettuale di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone – è riuscita a diventare una vera e propria holding del mercato della droga grazie alla sua ramificazione in ogni parte del mondo». Ed il fiume di denaro provento del narcotraffico finisce in società ed investimenti «puliti» ovunque, soprattutto nel nord Europa. La ‘ndrangheta è presente sin dagli anni ’70-80 nel capoluogo lombardo e nella regione. I magistrati lo segnalano da anni e negli ultimi tempi hanno lanciato più volte l’allarme. Vincenzo Macrì della Direzione nazionale antimafia – già lo scorso anno durante l’assemblea nazionale di Libera – intervenuto a parlare della ‘ndrangheta al nord raccontava di una certa voglia di “federalismo” delle famiglie ‘ndranghetiste che miravano ad una organizzazione simile a quella che oggi sta venendo alla luce dall’operazione “il Crimine”. Un’analisi quanto mai attuale segnale che la magistratura, le forze dell’ordine, una parte dell’informazione e della società civile hanno da tempo invitato a tenere alta l’attenzione su quello che stava accadendo in Lombardia. Quella scattata oggi è un’operazione storica contro la ‘ndrangheta, ripetono in molti. L’impressione però è che si tratti solo di una prima fase delle indagini, che sia solo la punta dell’iceberg. La nuova mappa criminale che questa e successive operazioni tracceranno un’Italia diversa da come l’abbiamo sino ad oggi raccontata. Una ‘ndrangheta “liquida” che non è solo un “problema” della Calabria e dei calabresi. Una politica che mostra ancora, fatte salve importanti eccezioni, le sue fragilità, la sua permeabilità, che va di pari passo con il volume di affari che cresce in maniera, spesso illegale, nel Paese
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