Strasburgo, aprile 2010. E’ questa la data del rapporto al Governo italiano da parte del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti (Cpt) del Consiglio d’Europa , stilato dopo la visita di una delegazione nel nostro paese dal 27 al 31 luglio 2009. Un rapporto dettagliato per verificare l’effettivo rispetto da parte dell’Italia delle convenzioni internazionali nell’attuazione della politica dei respingimenti. La bocciatura del nostro paese è tanto netta quanto allarmante. La si evince subito quando i delegati affermano la mancanza di cooperazione da parte della autorità italiane in violazione dei trattati internazionali. «Alla delegazione è stato negato l’accesso ad alcuni documenti e informazioni richieste, non facilitandone il compito», si legge, in violazione dell’articolo 8 paragrafo 2 della Convenzione Europea.
La politica dei respingimenti si poggia, a detta delle autorità italiane, sugli accordi bilaterali siglati con Libia ed Algeria, nonché sulla Convenzione Onu contro la criminalità organizzata transnazionale e i Protocolli contro il traffico di migranti. Tuttavia, evidenzia la delegazione del Consiglio d’Europa, le basi legali su cui poggia la politica italiana non possono prescindere dal principio del non – refoulement, come sancito dalla Convenzione sullo status dei rifugiati del 1951, e dalla Convenzione europea sui diritti umani. L’articolo 33 della Convenzione del 1951 recita infatti: «nessuno stato contraente potrà espellere o respingere (“refouler”) un rifugiato in nessun modo verso le frontiere dei luoghi ove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, religione, nazionalità, appartenenza ad una determinata categoria sociale o delle sue opinioni politiche».
Principio ripreso dall’articolo 3 della Convenzione europea che allarga il principio del non respingimento alle persone che possano essere esposte al rischio di tortura, trattamenti disumani o degradanti.
L’Italia agisce in violazione di questi principi?
Dal rapporto del Cpt la violazione c’è ed è pure grave. Analizzando i respingimenti avvenuti nel periodo che va dal 6 maggio al 30 luglio 2009 la delegazione del Consiglio d’Europa evidenzia pesanti irregolarità. Migranti respinti in imbarcazioni libiche o fatti sbarcare direttamente nelle coste della Libia, spesso picchiati da italiani e libici. La mancanza di una qualsiasi procedura di identificazione. L’impossibilità per i migranti di richiedere il diritto di asilo. La mancanza di adeguate cure mediche e, nel corso del viaggio verso la Libia, acqua insufficiente e mancanza di cibo. Infine, il respingimento di donne incinte e bambini soli.
Violazione dei diritti umani?
Basti riportare alcuni stralci del rapporto. Operazione del 6 maggio 2009 da parte della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera, 231 migranti, 191 uomini e 40 donne. L’imbarcazione dei migranti intercettata e trasbordo in tre motonavi. «Durante l’operazione, che è durata circa 12 ore, le 74 persone sull’imbarcazione della Guardia di Finanza hanno ricevuto poca acqua e niente cibo o coperte; successivamente (hanno subito) violenza fisica, in particolare calci, punzoni, colpi con un remo, (…) usati dalla polizia libica nel porto di Tripoli, per costringerli a sbarcare dalle due imbarcazioni della Guardia costiera». Operazione del 1 luglio 2009, imbarcazione con 82 migranti intercettata dalla Marina militare, trasbordo sulla nave italiana e successivamente in una nave libica. In questo ultimo passaggio i migranti si sono rifiutati di passare nell’imbarcazione libica e ne è scaturito una colluttazione con gli italiani. Scrive la delegazione: «il Comitato è stato informato, da fonti attendibili, che nel corso di questa operazione, 6 persone hanno subito ferite. Una persona ha dichiarato che è stata ferita alla testa e ha perso un sostanziale quantitativo di sangue, e che la ferita è stata contenuta dal dottore di bordo. Tutte e sei le persone sono state ricoverate in Libia a causa della seria natura delle loro ferite». Inoltre, sempre nella stessa operazione, degli 82 migranti respinti 76 erano eritrei, tra questi 6 minori alcuni non accompagnati. Inoltre ben 32 migranti avevano ottenuto dall’Unchr documenti temporanei utili per la richiesta di asilo politico. Due operazioni tra le tante che continuano ad essere effettuate per dimostrare la sistematica violazione dei trattati internazionali da parte delle autorità italiane. Ovvero la violazione dei diritti umani da parte di un paese democratico. Violazione dei diritti umani perchè non viene effettuato nessun riconoscimento ai migranti respinti, non tutelando i minori e le donne incinte. Violazione dei diritti umani perchè ai migranti non viene data la possibilità di fare domanda di asilo politico, nonostante abbiano tutte le caratteristiche per ottenerlo. Violazione dei diritti umani perchè i migranti vengono respinti, contro la propria volontà, verso paesi terzi dove rischiano di subire torture e trattamenti disumani, come nel recentissimo caso dei 250 eritrei schiavizzati nelle carceri libiche. Non è troppo anche per un paese insensibile come il nostro?