Gattopardi e antimafia
La mafia fa il suo mestiere e lo fa bene. Lo stato è incerto, prima o poi deciderà da che parte stare, ma ancora ci deve pensare.
E l’antimafia? L’antimafia tradisce, è una banda di ipocriti imbroglioni? No! Lo dicono i mafiosi, ma non è vero. L’antimafia si arrabbatta, lavora, fa quel che può. Ma è molto meno furba dei mafiosi. Ecco: tre storie piccole, piccolissime, addirittura catanesi. Ma forse storie proprio italiane
Prima storia. Si deve commemorare Falcone, e lasciamo perdere che ormai Falcone è stato abolito e che i mafiosi cantano e ballano dentro e fuori dalle galere. Comunque una cerimonia bisogna farla e a Catania i magistrati decidono di farsela da soli.
In tutti gli altri anni c’erano le parrocchie, i boyscout, i ragazzini e questo grazie a un prete che di antimafia ne aveva fatta molta di più di qualunque togato della città. Stavolta, per burocrazia, l’hanno sbattuto fuori. Lui c’è rimasto male, e pure noi.
Seconda storia. È tempo d’elezioni e un gruppo di signori perbene organizza la lista del progresso. Fa, discute, dibatte, e alla fine produce una cosa che può piacere o non piacere, ma che comunque appare volenterosa e onesta: diversi amici miei (non con mia gioia) ci sono finiti dentro.
All’improvviso, in questa festa innocente arriva la strega cattiva, quella che aveva addormentato la città per tanti anni, facendo nel frattempo i migliori affari col padrone della città, il Cavaliere Ciancio. L’ex sindaco Bianco, da poco condannato (e dunque incandidabile) per storie varie, s’impadronisce di fatto della lista.
Manovra machiavellica dei soliti borghesi? No. Solo terrificante ingenuità di chi doveva “fare politica” e “cambiare tutto”.
La terza storia riguarda, purtroppo, questo giornale. I Siciliani hanno ottimamente lavorato, sul piano generale, anche quest’anno; grazie anche ai giovani volontari civili, forniti dall’Arci, che hanno affiancato con simpatia e entusiasmo alcune nostre attività.
Non, purtroppo, quelle più propriamente giornalistiche, che richiedono una formazione e una routine del tutto particolari, che non si possono improvvisare nè sostituire con l’entusiasmo.
Per questo motivo, in vista delle prossime attività di questo difficile anno, il direttore dei Siciliani giovani ha ritenuto di dovere approfondire la selezione e l’addestramento dei volontari.
Questo però gli è stato reso impossibile da una frettolosa decisione delle strutture superiori dei nostri amici dell’Arci. Una decisione formalmente e burocraticamente impeccabile, dato che ai sensi della legge sul servizio civile il rapporto di questi giovani formalmente avviene con l’Arci e non coi Siciliani.
Ma forse, coi compiti che abbiamo davanti qua in prima linea, coi decenni di battaglie civili alle nostre spalle, coi tanti bravissimi giornalisti usciti per quattro generazioni dalla nostra scuola, forse si poteva chiudere un occhio su qualche adempimento burocratico e lasciarci lavorare a modo nostro, da partigiani.
Cosa che faremo comunque, magari con qualche problema in più, sempre insieme ai compagni locali dell’Arci, bravissimi e coraggiosi militanti che abbiamo avuto al fianco, nonostante i burocrati, in questi ultimi anni.
Un’altra storia d’ingenuità, come vedete, non certo di malvolere o cattiva volontà. Rimedieremo con doppio impegno, allegramente.
E ora, come sempre, al lavoro e alla lotta!
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