Solidarietà a Piera Aiello
“Assolto perché il fatto non sussiste”. Questa la frase che ha chiuso il processo contro il maresciallo Salvatore Ippolito per il disvelamento della località segreta della Testimone di Giustizia Piera Aiello. Non siamo stupiti dell’epilogo perché il copione lo avevamo studiato molto bene e l’impianto accusatorio del procuratore capo Alberto Di Pisa convergeva verso l’assoluzione. Ieri qualcuno ha applaudito alla sentenza quasi a voler mettere la firma sull’intera colonna sonora di tutto il film. Ma quegli applausi non ci hanno di certo scoraggiato e aspetteremo le motivazioni prima di comunicare tutte le azioni che intendiamo intraprendere.
Ci sono però delle cose che possiamo dire sin da subito e che sono eclatanti:
1. gli accertamenti dell’ufficio del P.M. su un militare dell’Arma dei Carabinieri non sono state svolte da una componente diversa della polizia giudiziaria (Finanza o Polizia di Stato) come dovrebbe essere consuetudine e norma fare per ovvi motivi di opportunità ma dall’Arma dei Carabinieri.
2. Nelle carte processuali non vengono sostituiti con omissis i dati riservati della località segreta ma vengono messi in chiaro località, indirizzo e persino il numero di telefono di Piera Aiello (carte oggi a disposizione di decine di addetti ai lavori).
3. Nella richiesta di rinvio a giudizio del Procuratore Capo di Pisa viene considerata parte lesa solo lo Stato e non Piera Aiello (sicuramente persona danneggiata dal reato).
4. Nessuno ritiene di dover comunicare a Piera Aiello l’esistenza di una richiesta di rinvio a giudizio e di un processo in corso e solo l’attenzione della stessa Aiello e dell’Associazione “Rita Atria” permette la costituzione di parte civile all’ultimo minuto ed al buio cioè senza conoscere le carte.
5. Il procuratore capo Di Pisa nella richiesta di rinvio a giudizio parla di disvelamento della località segreta della “collaboratrice di giustizia” Piera Aiello infamandone la storia (la differenza tra Testimone di giustizia e collaboratore è enorme; la testimone non ha mai commesso reati mentre il collaboratore sì).
6. Lo Stato non si costituisce parte civile.
7. Il PM, Giulia D’Alessandro, nell’udienza del 15 giugno scorso chiede l’assoluzione perché le indagini non porterebbero a dimostrare nulla ma non chiede integrazioni di indagini o confronti tra i testimoni.
8. Il GUP, Giuliana Franciosi, nell’udienza del 6 luglio non ritiene di dover accogliere la richiesta di confronto fra la sig.ra Nenè Atria e Piera Aiello ed ancora tra Piera Aiello e sua madre. Si ricorda che in sede di testimonianza la zia di Piera Aiello dichiara, tra le altre cose, di non sapere perché la nipote si trovi in località protetta senza che nessuno avviasse un procedimento per falsa testimonianza.
9. l’Assoluzione
10. Sia Piera Aiello che l’Associazione “Rita Atria” non possono appellarsi perché la parte civile non può proporre appello. Ieri davanti a quel tribunale c’era la società responsabile a chiedere giustizia con la G maiuscola ed alla fine una scritta ne ha sancito l’umore: “Qui la Giustizia è morta”.
Noi staremo accanto a Piera Aiello in ogni sua scelta e decisione consapevoli che la delegittimazione è una delle armi moderne per spegnere i riflettori su una storia che a Partanna brucia ancora. Con i nostri legali, dopo aver letto le motivazioni, ci faremo carico di avviare tutte le azioni che la legge ci consente per chiedere GIUSTIZIA nelle sedi opportune e individueremo tutti i livelli di responsabilità in un processo a senso unico in cui l’umiliazione più grande non è stata l’assoluzione dell’Ippolito ma quella di non aver tenuto nel debito conto le dichiarazioni della TESTIMONE di Giustizia Piera Aiello e di averla financo definita collaboratrice. Noi andremo avanti e non saranno di certo le sentenze di questa giustizia a scoraggiarci nella ricerca della Verità.
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