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A Trapani la “Notte della Giustizia”

Di Rino Giacalone il . Sicilia

E’ una storia di questi giorni. L’arresto a Trapani di un meccanico che abusando della creduloneria popolare si faceva passare per mago guaritore, e pure facendo la parte del buon samaritano: niente soldi, per carità, andava dicendo, bastano beni materiali, vettovagliamenti, ricompense in servizi, una bottiglia di vino, un po’ di cose da mettere in frigo, magari una bella ramazzata in casa o la pulizia del giardino. E così i suoi clienti che credevano di essere suoi buoni amici per i sortilegici favori da lui elargiti non si preoccupavano più di tanto se lui fosse davvero dotato di doti taumaturgiche, tanto soldi non dovevano dargliene. Ma tutto questo è durato fino a quando uno di questi “clienti” non ha deciso di denunciarlo dopo 15 anni di inutili andirivieni dal quello sgabuzzino che il mago-meccanico usava per le sue sedute terapeutiche. Quando la Polizia ha raccolto la denuncia ed ha cominciato le indagini per appurarne la veridicità di quel racconto si è però imbattuta nei silenzi di tutti gli altri clienti del “guaritore”, tutti a negare l’evidenza. Sono servite così le intercettazioni video ed ambientali, le microspie piazzate nello studio del fasullo mago lo hanno alla fine incastrato. Lui è finito in carcere perché almeno in un caso dall’ignoto è passato ad occuparsi della dura realtà, ed ora è accusato di estorsione, tentata estorsione e violenza sessuale. Se fosse stata già in vigore la legge sulle intercettazioni per questa indagine la Procura di Trapani non avrebbe potuto chiedere al gip di intercettare quel soggetto. E senza le prove delle immagini, considerato il silenzio delle vittime, la sola denuncia di un soggetto sarebbe stata insufficiente forse a chiedere la misura cautelare, altro che pensare a potere fare il processo. 

Basta questo a capire quanto danno si fa alla sicurezza dei cittadini con questa norma? Ma come il Governo che più di altri, quello in carica, ha fatto della sicurezza dei cittadini la propria bandiera, ricordate il provvedimento sulle ronde per esempio, alla fine per la sicurezza di uno mette al bando la sicurezza di tutti gli italiani, alcuni dei quali sono pure irresponsabilmente contenti di questa legge? 

Andiamo avanti. Parliamo di mafia e intercettazioni. Per indagare contro le mafie italiane dicono che la nuova legge non pone ostacoli. Intanto però scrivono che video intercettare in luoghi pubblici non sarà possibile. Se fosse stata questa norma già in vigore i poliziotti di Trapani che danno la caccia al super boss latitante Matteo Messina Denaro non avrebbero potuto intercettare il fratello del capo mafia passeggiare in maniche di camicia sulla battigia del mare mentre parlava con uno dei postini del boss. Salvatore Messina Denaro infatti sapendo che nei luoghi chiusi facilmente poteva essere ascoltato, per i summit dava appuntamento o in riva al mare oppure nelle piazze del suo paese, Campobello di Mazara, all’esterno. I poliziotti però sono stati più bravi di lui e lo stesso hanno potuto carpire i segreti che venivano confessati in quelle occasioni. Ma questo non potrà più avvenire se verrà mantenuto il divieto a intercettazioni in luoghi pubblici. E’ finita qui con gli esempi? Ce ne potrebbero essere molti altri ancora, la storia dei 75 giorni per esempio, il tempo massimo a potere intercettare: certo poi ci sono le proroghe di tre giorni in tre giorni ma poi tutto deve avere fine, e se all’ultimo giorno si ascolta la voce di Messina Denaro? Niente da fare non ci sono deroghe: il divieto d’intercettare quando l’ascolto è utile, e il permesso quando è inutile. 

Alcune delle più recenti indagini antimafia condotte nel trapanese non sono scattate con la certezza da parte degli investigatori di trovarsi a squarciare realtà della potente mafia locale. Sul finire degli anni ’90 fu dato un colpo mortale alla famiglia mafiosa dei Virga cominciando ad indagare su una serie di incendi dolosi, reato per il quale era competente la Procura di Trapani, vennero attivate le intercettazioni e il fascicolo finì qualche mese dopo alla Procura antimafia distrettuale di Palermo, perché le intercettazioni fecero scoprire che quei roghi erano di matrice Cosa Nostra. Nel 2001 le indagini sulle più recenti connessioni tra mafia, politica e impresa poterono scattare dopo che una intercettazione fece scoprire il dirigente di un ufficio tecnico all’opera a cambiare le buste con le offerte per un paio di gare di appalto, si cominciò da un tecnico fermato per strada con appresso, dentro la sua borsa in pelle, le buste di una gara pubblica e si continuò con un altro tecnico che vedendosi la Polizia di colpo entrare nel suo ufficio cercò di ingoiare il foglio dove aveva appena scritto l’offerta giusta per fare vincere una impresa, raccomandata dalla mafia. Le indagini cominciarono senza alcuna ipotesi di reato riconducibile al 416 bis, se si dovessero ripetere oggi, con la nuova legge, nessuna intercettazioni potrebbe essere autorizzata. 

Potremmo citare tanti altri casi dove la mafia non c’entra, ma c’entra il malcostume e la politica o le istituzioni che si vendono, la corruzione scoperta a Palazzo d’Alì, sede del Municipio di Trapani, l’incarico dato ad una cooperativa in cambio di posti di lavoro, la corruzione scoperta e poi raccontata da un finanziere dentro un ufficio delle fiamme gialle, o ancora quella dentro gli uffici del Genio Civile, tutte indagini che con le intercettazioni non si sarebbero potute fare se il Ddl fosse diventato già norma. Ma di quale legalità presto questo Governo ci farà parlare? Quella che renderà legittimo potere rubare? 

Forse allora non è un caso che il prossimo 23 giugno in questa debacle ai danni della nostra Costituzione da Trapani si farà sentire la voce di giudici e magistrati che hanno indetto una protesta dallo slogan chiaro, “la notte della Giustizia”: e non tanto per ragioni temporali, assemblea fissata alle 18 e poi tutta la notte luci accese in Tribunale e uffici operativi, lavoro per l’intera notte, ma proprio anche perché molti non nascondo la sensazione che siamo dinanzi alla buia notte della Giustizia italiana.

Questo Ddl non vuole solo limitare la libertà di stampa e assoggettare il lavoro dei magistrati, ma cambiare le regole di vita democratica. Vuole incidere pesantemente su indagini in corso.  Ma cosa ci si può aspettare da un momento come quello odierno dove mafie e poteri forti addirittura possono permettersi di avere propri uomini seduti in Parlamento e nel Governo. Ieri mafie e poteri forti e occulti foraggiavano politici, le imprese, oggi loro stessi eleggono propri uomini, controllano direttamente le imprese e i potentati economici. Mafiosi e massoni siedono direttamente sulle poltrone di comando. Ecco allora perché nel nostro paese invece di introdurre norme contro la mafia e i poteri occulti si vuole impedire di fare e scrivere di queste indagini, bisogna scrivere delle indagini che negano queste realtà. C’è una legalità che cambia forma, sostanza, come potremo mai considerare legale la norma che vieta la pubblicazione di atti pubblici. Non credo che fosse questa la legalità pensata dai nostri padri Costituenti. 

Tutto questo sta avvenendo mentre ad ogni arresto di latitante, catture di criminali di ogni specie e di ogni mafia, il Governo esulta e rivendica a se meriti che a suo dire nessuno può eguagliare. Tutto questo avviene mentre si tagliano le risorse per amministrare la Giustizia, per sovvenzionare i lavori investigativi delle forze dell’ordine, mentre si lasciano gli agenti a camminare per strada con auto malconce, con la carta per fare fotocopie che manca negli uffici investigativi e degli inquirenti. Ce lo ha raccontato in questi giorni un giudice di Trapani, uno di quelli impegnati a organizzare la protesta notturna del prossimo 23 giugno: sapevate che l’indult
o votato per svuotare le carceri, tornate a riempirsi molto presto, ha previsto la cancellazioni anche delle pene e delle condanne pecuniarie? Solo a Trapani lo Stato ha cancellato condanne per oltre 1 milione di euro. E cosa c’entra la cancellazione di queste condanne con le celle da svuotare? Nulla, ma l’occasione è stata propizia per questo colpo di spugna.  

La lotta al crimine per fortuna non si ferma, la caccia ai mafiosi, agli uomini delle mafie, alle cricche sparse per l’Italia, sono attività investigative che certo si fanno più difficili da farsi ma non si fermano perché ci sono tanti inquirenti e tanti investigatori che anche senza ottenere più un euro per straordinari e missioni, hanno deciso di mantenere fede, loro si, al patto con lo Stato, all’impegno di fedeltà giurato sulla Costituzione. Alla prossima cattura importante il Governo Berlusconi e tutti i suoi ministri esulteranno certamente nonostante abbiano messo tanto del loro per rendere non facile investigare, ma diranno che non è così. Noi pensiamo invece il prossimo colpo come i precedenti sono successi fatti “a loro insaputa”.

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