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Le parole di Elly Schlein contro le mafie non deludono: ora non ci sono più alibi!

Davide Mattiello il . Economia, Istituzioni, Lavoro, Mafie, Politica

Nel discorso di insediamento tenuto ieri, dopo che l’Assemblea nazionale del Pd ha acclamato Elly Schlein segretaria del partito sulla base del successo alle primarie, c’è stato un passaggio esplicito sul tema mafia che suonava pressappoco così: il Pd sarà un presidio permanente contro le mafie.

Ora, questo passaggio potrebbe valere poco di per sé (anche Cuffaro fece stampare i manifesti con lo slogan “La mafia fa schifo!”), ma acquista valore e diventa convincente se contestualizzato all’interno dell’intero intervento della nuova segretaria e auspico che in prospettiva ne esca una strategia chiara, di cui dirò alla fine.

Quali sono i passaggi di “contesto” che rendono forti e credibili le parole contro la mafia?

Il primo è la denuncia chiara contro quelli che Elly stessa ha definito “capibastone” e “cacicchi”, ovvero i signori delle tessere e delle correnti che pensano di continuare a condizionare il partito, promuovendo filiere di fedeltà che mortificano le competenze. Parafrasando quella pagina tanto commovente quanto potente del diario di Rita Atria (giovanissima testimone di giustizia che preferì lo Stato alla vendetta mafiosa, affidandosi a Paolo Borsellino): “Per combattere la mafia bisogna cominciare da quella che sta dentro ognuno di noi”, tradotto: un partito che voglia contribuire alla sconfitta delle mafie e della corruzione in questo Paese non può che impegnarsi prima di tutto a liberarsi da quelle dinamiche interne che emanano “puzzo di compromesso morale” (P. Borsellino) e niente hanno a che fare con quel “fresco profumo di libertà” (idem) che bisognerebbe sentire entrando nelle sue sedi.

Ma d’altra parte la questione era già stata autorevolmente posta dall’indimenticato Enrico Berlinguer, soltanto che allora, quarant’anni fa, la si chiamava “Questione morale”.

Il secondo è l’insistenza con la quale Schlein richiama il valore del Servizio Sanitario nazionale universalistico, il valore del diritto all’abitare, il valore del Reddito di Cittadinanza, la necessità di contrastare tutte le forme di lavoro precario ed impoverente, la centralità della scuola come fattore di emancipazione, la indissolubile relazione tra diritti civili e sociali (ius soli compreso), perché le mafie non potranno mai essere debellate senza una piena affermazione di quella giustizia sociale presupposto necessario della libertà individuale, che altrimenti resta appannaggio di pochi privilegiati.

Questa è stata la lezione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, mandato dal governo a fare il super prefetto a Palermo, che rispose a Giorgio Bocca: certo che possiamo sconfiggere le mafie, bisogna che lo Stato affermi come diritto ciò che i mafiosi elargiscono come favori (leggi: accesso al lavoro, alle cure, alla casa).

Il terzo è la visione che Elly ha dell’Europa. Nel suo discorso è un crescendo che parte dalla denuncia delle posizioni di Orban e della pessima destra italiana, mai presente in sede europea quando si poteva cambiare “Dublino” e arriva ad invocare una “Mare Nostrum” europea, nel solco dell’impegno caro a David Sassoli. L’europeismo di Schlein è autentico e deriva dalla consapevolezza che soltanto in questa prospettiva potranno trovare soluzione i macro problemi che ci affliggono, dalla crisi climatica alle guerre per fare due esempi.

Le mafie non fanno eccezione: i sistemi criminali di stampo mafioso hanno da tempo imparato a cavalcare la globalizzazione e nello specifico ad approfittare del ricco mercato europeo. Questa è l’amara lezione che abbiamo appreso scoperchiando (anche grazie all’allora presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci) il verminaio della mafia dei Nebrodi, fatto di violenza, omicidi, intimidazioni e frodi milionarie ai fondi europei destinati all’agricoltura. Questa è la cifra che lega gli assassinii di Daphne Caruana Galizia, Ian Kuciak (ammazzato insieme alla compagna Martina Kusnirova) e Peter de Vries: tutti giornalisti investigativi che scandagliavano i rapporti criminali tra politica e mafie rispettivamente a Malta, in Slovacchia, in Olanda. Nessuna vittoria contro le mafie, senza una efficace politica europea.

Da tutto ciò, come anticipavo, un auspicio finale e cioè che questo rinnovato Partito Democratico sappia portare con decisione e autorevolezza proprio sul fronte europeo la battaglia contro sistemi criminali e corruzione. Così come serve una “Mare Nostrum” europea per impedire altre stragi in mare, serve una “Contro Mafie” europea capace di mettere a sistema e potenziare quanto di buono esiste, a cominciare dalla Eppo (la Procura Europea che ha tutte le potenzialità per diventare una Procura europea anti mafia), e capace di inventare quello che ancora manca, a cominciare dall’inserimento nel codice penale degli altri Paesi membri del reato associativo.

Quell’art. 416 bis costato la vita a Pio La Torre, senza il quale non sarebbe mai esistito il Maxi processo di Palermo contro la cupola di Cosa Nostra, istruito dal “pool” coordinato inizialmente da Rocco Chinnici, assassinato proprio per questo, giusto quarant’anni fa.

[Nota di trasparenza: chi scrive fa parte della direzione Pd sotto la segreteria di Elly Schlein]

Il Fatto Quotidiano, il blog di Davide Mattiello

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