Su migranti e partigiani è il museo degli orrori
Ecco due notizie che messe insieme costituiscono un piccolo ma inquietante museo degli orrori. La prima ci porta a un campo di calcio dilettanti della zona di Bergamo. La seconda a una scuola di Brescia.
A Bergamo sul proprio campo l’Athlethic Brigéla sfida il River Negrone. I padroni di casa, d’accordo con gli avversari, espongono a centro campo un grande striscione con la scritta “Cimitero mediterraneo – basta morti in mare”. L’arbitro aveva detto di no, ma in pratica non si era opposto.
Però deve aver scritto qualcosa nel suo rapporto: sta di fatto che il Giudice sportivo della Delegazione di Bergamo ha inflitto al Brighéla una multa salata (550 euro) oltre a squalificare il capitano e i dirigenti. Deve aver pesato non poco anche un post su Facebook, dove il Brighéla (per nulla abbattuto dalla sconfitta subita: zero a cinque) rafforza lo striscione spiegando che “quella che i nostri politici seguitano a chiamare ‘tragedia’ è invece risultato di scelte ben precise”, concludendo “noi non ci stiamo”.
La cosiddetta giustizia sportiva in sostanza condanna al silenzio i tesserati, impedisce di dar voce all’angoscia esistenziale di quanti fuggono dal loro paese a causa dell’umiliazione di essere considerati degli scarti umani.
L’interesse per l’immagine del calcio nostrano (per altro devastata da vari scandali) prevale sul diritto di manifestazione del pensiero e di gridare il dolore per le disumane sofferenze di tanti disperati. In sostanza siamo di fronte al sintomo di una pericolosa indifferenza e involuzione morale del nostro Paese. Sembra di esser tornati all’epoca tristissima in cui nei locali pubblici campeggiavano cartelli con la minacciosa scritta “qui si lavora, non si fa politica!”.
Non va meglio a Brescia.
La scuola Andrea Mantegna invita l’ANPI per una conferenza. Gli esponenti del “Blocco studentesco” (un gruppo di destra) espongono sul muro della scuola uno striscione che condensa uno sforzo culturale immane se non proprio insostenibile che deve aver prosciugato le loro meningi; perché in poche inedite parole di eco fantozziana hanno saputo esprimere un pensiero filosofico di rara e inarrivabile profondità: “La resistenza è una cagata pazzesca”.
Temendo evidentemente che non tutti gli intellettuali come loro fossero in grado di capire, hanno poi scritto un volantino esplicativo con alcune perle tipo “ancora falsità sul conflitto fratricida”, “fondi pubblici spesi per foraggiare un’associazione divisiva” invece della scuola; concludendo con un apodittico “partigiani complici delle persecuzione dei nostri connazionali” mandante Tito.
Ora, che la Resistenza sia una vicenda complessa, che viene interpretata in diverse accezioni, è risaputo. Perché se ne diamo una lettura parcellizzata, legata a un singolo segmento, possono derivarne valutazioni confliggenti. Ma se la lettura è complessiva, risulterà innegabile – parafrasando Italo Calvino – che anche il più idealista, il più onesto, il più dolce dei repubblichini si batteva per una causa sbagliata, la dittatura; mentre anche il più ignaro, il più balordo, il più spregiudicato dei partigiani si batteva per una causa giusta, la democrazia.
Spesso si sente dire che i morti sono morti e che la morte li ha resi tutti uguali. È giusto, com’è giusto sforzarsi di costruire ponti di pace fra gli italiani. Nel rispetto però della verità e della storia, ovvero tenendo ben salda la distinzione tra chi ha combattuto per la dittatura e chi invece ha combattuto per la libertà: la libertà di tutti, anche di quelli che stavano dall’altra parte e che oggi come tutti se ne avvalgono.
È stata appena annunziata la storica partecipazione di Giorgia Meloni al Congresso di Rimini della CGIL. Senza nessuna pretesa di insegnare qualcosa a qualcuno, sarebbe bello se Maurizio Landini ne approfittasse per suggerire alla Premier di partecipare alle celebrazioni del 25 aprile.
Magari qualcuno dei ragazzi dello striscione di Brescia sarebbe indotto a informarsi un po’ di più e potrebbe persino utilmente imbattersi nelle celebri parole che Piero Calamandrei usava, rivolgendosi appunto ai giovani, per dimostrare come la Resistenza e quindi la Costituzione siano costate sacrifici e sofferenze, lacrime e sangue: “Dietro ogni articolo di questa Costituzione, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade [delle città], giovani che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta […] per riscattare la libertà e la dignità”.
Fonte: Il Fatto Quotidiano, 11/03/2023
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