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Freedom Flotilla, una nave per la pace

Di Norma Ferrara il . Internazionale

Un blitz di Israele in acque internazionali per bloccare l’arrivo delle navi della Freedom Flotilla dirette a Gaza per portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese ha provocato, lo scorso 31 maggio, nove morti e circa 170 feriti, alcuni in modo grave. Dalle prime testimonianze però il bilancio è destinato ad aumentare. Il rimpatrio forzato dei 600 pacifisti è durato un’intera giornata, fra loro anche 6 italiani. Il ministro degli esteri di Israele, Lieberman, ha respinto la risoluzione del Consiglio dei diritti umani dell’Onu che chiedeva un’inchiesta internazionale. Anche l’Italia, insieme agli Usa e all’Olanda, ha dato parere negativo all’ipotesi di una inchiesta superpartes sull’accaduto. Intanto le testimonianze degli attivisti parlano di violenze e maltrattamenti e di “cadaveri che sarebbero stati buttati in mare” – come ha dichiarato ieri il volontario Manolo Luppichini, appena giunto all’eroporto di Ciampino. Il punto della situazione con Maria Elena Delìa, coordinatrice del Freegaza Movement, una delle Ong che ha organizzato la missione.

Una nave che aveva l’obiettivo di portare aiuti umanitari a Gaza ma anche di violare il muro del silenzio. Freegaza Movement è una delle associazioni che ha guidato la missione. Cosa può dirci di questa vicenda finita in tragedia?
La Freedom Flotilla composta da alcune navi era partita alla volta di Gaza con l’obiettivo di compiere un percorso di tipo umanitario e portare aiuti alla popolazione palestinese che vive nella Striscia di Gaza. Il loro eventuale arrivo su quel territorio avrebbe avuto anche un significato politico poichè avrebbe rappresentato una violazione dell’assedio. Molte delle associazioni coinvolte in questa missione umanitaria si aspettavano un blocco da parte della marina israeliana. Soprattutto perchè in passato era già accaduto, naturalmente non in questi termini e con tale cruenza, come questa volta, ma era accaduto che altre barche che da Cipro si erano dirette a Gaza, c’erano riuscite solo in due occasioni – nell’agosto del 2008 e poi nel novembre del 2008 – dopo tutti i successivi tentativi erano stati sostanzialmente bloccati.
Vi aspettavate dunque questo assalto…
Si, ma non ci aspettavamo che questo avvenisse in questi termini e in acque internazionali. Le navi si trovavano a 75 miglia dalle coste. Un dato importante: il giorno prima Israele aveva dichiarato, unilateralmente, lospostamento del limite dalle acque internazionali, da 20 miglia a 68 miglia dalla costa. Ciò nonostante l’attacco è avvenuto ben prima del limite che loro stessi si erano dati, pertanto si è davvero trattato di una vera e propria operazione di militari israeliani in acque internazionali.
Israele, in queste ore, sta accusando la Freedom Flottillia di aver tentato di trasportare insieme agli aiuti umanitari armi e di aver usato violenza nei confronti dei militari intervenuti. Può dirci quello che sa in merito?
Io non ero su quella nave. Quello che posso dire da volontaria che ha coordinato il Freegaza Movement è che tutte queste navi, al momento della partenza, devono ricevere i necessari permessi per lasciare i porti, e per averli vengono minuziosamente perquisite dalle autorità locali, quindi per serietà e correttezza uso questa definizione: è “estermamente improbabile” che ci possano essere state delle armi a bordo. Per quanto riguarda la reazione dei passeggeri (alcune testimonianze stanno venendo alla luce proprio in queste ore) può darsi che alcune persone fossero effettivamente impaurite poichè, mentre viaggiavano a bordo di una nave che in acque internazionali navigava legittimamente, si sono trovati circondati da elicotteri, militari che sono saliti puntando armi. E’ probabile che qualcuno abbia reagito, sia scappato, si sia divincolato. Altro non posso sapere, poichè non ero fisicamente su quella nave. La cosa che tutti auspichiamo è che sia veramente aperta un’inchiesta su quello che è successo e che legalmente si riuscirà ad avere una verità.
L’Italia, insieme agli Usa e all’Olanda, ha detto no all”ipotesi di una inchiesta internazionale sui fatti accaduti…
tutti abbastanza sorpresi. Certamente la storia insegna che in merito a fatti che devono essere sottoposti a valutazione legale e giuridica, tanto più quest’inchiesta è fatta da terze parti, non coinvolte nella vicenda, tanto più avremo la garanzia che si farà un’inchiesta oggettiva. Pertanto, siamo molto stupiti da questo voto, nel senso che un’inchiesta superpartes, ci sembrava la strada più corretta, da ambo i lati.
Qual è la situazione a Gaza, attualmente? E’ stato riaperto il valico di Rafah proprio in queste ore. Quanto sappiamo della situazione che si vive a Gaza?
Da molto tempo il valico di Rafah che separa Gaza dall’Egitto non rimaneva aperto per così tanto tempo. La striscia di Gaza, ricordo, è strozzata da un embargo, da diversi anni. Un assedio che impedisce l’ ingresso di persone e di aiuti umanitari, materiali da ricostruzione, salvo che non vi sia il benestare israeliano, che arriva di rado. La popolazione della striscia di Gaza, luogo con la più alta densità di popolazione al mondo, un milione e mezzo di persone, per l’80 percento vive al di sotto della soglia di povertà (questi i dati forniti dalle Nazioni Unite) con una situazione che si è ulterioremtne aggravata, dopo l’operazione “Piombo fuso”, che è avvenuta a cavallo del 2008 e 2009, attraverso tre settimane di violentissimi attacchi da parte degli israeliani. In questo attacco si è verificata la distruzione di strutture ospedaliere, scolastiche, abitative, e tanto altro, e questo embargo ha impedito la ricostruzione. Sulle barche che sarebbero dovute arrivare a Gaza c’erano anche cemento e altri materiali per l’edilizia. E’ verissimo il fatto che di questo molto poco si parli nel dibattito internazionale e attraverso i media. Poche informazioni arrivano e circolano sulle condizioni di vita del popolo palestinese. L’italiano Vittorio Arrigoni presente a Gaza fa un preziosissimo lavoro di informazione, cercando di raccontare quello che accade ogni giorno, di dare quanta più risonanza possibile, ma la situazione di Gaza dovrebbe trovare aiuti dalla comunità internazionale tutta, media compresi.
Una seconda nave, irlandese, è in viaggio verso Gaza. Come vi state ri – organizzando?
Si una seconda nave, irlandese, battezzata Rachel Corrie, dal nome dell’attivista americana che nel 2003 venne uccisa, schiacciata da un bulldozer israeliano, nel prossimi giorni si dirigerà verso Gaza. Considerando quello che è accaduto, cercare di tenere alta l’attenzione del mondo dell’informazione e della politica su questa nave credo sia necessario e molto importante.
Anche questa nave sarà una nave cargo, pensa che ce la farà ad arrivare a portare gli aiuti umanitari per la popolazione palestinese?
Si speriamo di si, questa nave come le altre porta medicinali, cemento, materiali destinati all’istruzione. A bordo con gli attivisti ci saranno anche il premio Nobel irlandese per la pace Mairead Maguire, ed un ex alto funzionario dell’ONU, Denis Halliday, ma anche giornalisti e operatori dell’informazione. Noi crediamo che tutti gli occhi saranno puntati su di loro e noi in questi giorni non smetteremo di ricordarlo…

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