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Lo spettro del depistaggio

Di Norma Ferrara il . Sicilia

I vertici della procura di Caltanissetta nuovamente nel mirino. Si aggira, intorno alle due procure più impegnate nelle indagini del ’92 – ’93, come un ricorso storico inevitabile, lo spettro del depistaggio. Dopo le fughe di notizie, in parte vere in parte distorte, denunciate alla vigilia dell’anniversario della morte di Falcone, dai vertici della procura di Caltanissetta, ieri si è appreso che buste con proiettili sono state recapitate al procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, al presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello e Antonello Montante, presidente della Camera di Commercio nissena.  La notizia è stata confermata da fonti investigative, l’indagine su queste intimidazioni è condotta dalla Digos di Caltanissetta e di Palermo. 

Da poche ore Sergio Lari era stato sentito dal Copasir nell’ambito dell’inchiesta che la Procura sta conducendo sul ruolo di esponenti dei servizi segreti nel fallito attentato a Giovanni Falcone, all’Addaura. L’organismo parlamentare di controllo sui Servizi segreti aveva chiesto informazioni sulle indagini in corso. Oggi invece il quotidiano La Repubblica, ha dato notizia dell’indentificazione del “signor Franco”, l’ uomo che avrebbe fatto parte dei Servizi, e secondo le dichiarazioni di Massimo Ciancimino, sarebbe stato “vicino” al padre Vito e presente sul luogo di molte stragi,  in tutti questi anni. (Fonti autorevoli della procura di Caltanissetta affermano che il
«signor Franco» non è stato né identificato dagli inquirenti, né,
tantomeno, iscritto nel registro degli indagati
). Un ulteriore tassello che sembra aggiungersi al faticoso mosaico che i magistrati stanno cercando di ricostruire con attenzione e riservatezza, per arrivare il più presto possibile, alla verità che in tutti questi anni è mancata.  A sentire i cronisti palermitani, in questi giorni, sembra di essere tornati indietro di vent’anni quando “le lettere del corvo” delegittimavano il lavoro del pool antimafia, quando le notizie “fatte uscire ad arte”  facevano arenare inchieste.

Giornalisti, appello alla responsabilità

Eppure oggi sembrano esserci le condizioni per portare avanti queste inchieste, ma serve un grosso sforzo da parte di tutti. Anche del mondo dell’informazione. “Credo che chi fa giornalismo lo debba fare con intelligenza e rispetto della realtà che ci circonda  – commenta il corrispondente dell’Unità, Nicola Biondo, intervistato durante la tre giorni marsalese del Festival del giornalismo d’inchiesta. Tutti noi giornalisti, abbiamo avuto almeno una volta nella vita – continua Biondo – una fonte che ci ha raccontato qualcosa di particolarmente importante, e l’abbiamo pubblicata. Ma scrivere qualcosa che può nuocere alle indagini in corso in questo momento, credo che sia,  una cosa infame”.  Fa un appello al senso di responsabilità del singolo giornalista Biondo, e aggiunge: ” se il successo personale deve significare calpestare un’esigenza più importante e collettiva, io non  ci sto”.

Nelle ultime settimane sono apparse, su giornali e settimanali, notizie molto grosse per quel che riguarda sviluppi investigativi sulla tentata strage all’Addaura e  le stragi del ’92. Al Festival del giornalismo d’inchiesta alla voce di Biondo si associano quelle di alcuni colleghi palermitani, e della cronista di giudiziaria, Antonella Mascali che con qualche giorno d’anticipo, aveva già dichiarato ” I magistrati nisseni temono che questa manovra possa portare, ad esempio,
alla richiesta del Copasir, l’organismo parlamentare di controllo sui
Servizi segreti, di avere notizie da parte dei magistrati, che
sarebbero quindi obbligati a sveltare elementi riservatissimi e questo
potrebbe compromettere l’esito di queste indagini”. 48 ore dopo Lari riferiva al Copasir sullo stato delle indagini.  La Mascali ha, inoltre, aggiunto: “Quella del depistaggio è una paura seria, fondata, perchè sappiamo che ogni volta che
si è toccato questo punto fondamentale, non solo per la verità su
questi fatti e l’esito delle indagini, ma anche per conoscere cosa ci
fu dietro il passaggio fra la prima e la seconda Repubblica, i
depistaggi, le calunnie, e tutto quello che ne consegue sono sempre
stati messi in atto”.

Ciotti:  vicini con i fatti, attenzione e responsabilità

 Di fronte all’attacco indirizzato ai vertici di Confindustria e della procura di Caltanissetta, il presidente di Libera e Gruppo Abele, Don Luigi Ciotti, ha dichiarato: “non
solo a parole, ma coi fatti” così vogliamo esprimere solidarietà e
riconoscenza a Sergio Lari, Ivan Lo Bello e Antonello Montante per le
minacce che li hanno raggiunti in queste ore. Come pure al Procuratore
Giuseppe Pignatone, colpito a Reggio Calabria con le stesse modalità. È
una vicinanza, la nostra, fatta di attenzione e senso di
corresponsabilità”. “Perché l’indignazione non basta – prosegue Ciotti: tutti siamo
chiamati a condividere concretamente l’impegno di chi si mette in gioco
contro la criminalità organizzata. Come Libera, attraverso i nostri
coordinamenti e gruppi, cerchiamo di farlo ogni giorno. Con i percorsi
educativi nelle scuole, il lavoro sui beni confiscati, il legame coi
famigliari delle vittime di mafia. Tutti modi per alimentare quel “noi”
che, solo, potrà costruire un’Italia dei diritti, della legalità, del
lavoro e della giustizia sociale”.

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