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Un film denuncia le “riammissioni informali” lungo la Rotta Balcanica

Pierluigi Ermini il . Cultura, Diritti, Memoria, Migranti

Lunedì 6 febbraio alle ore 10 nella nuova Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati sarà presentato il film di Andrea Segre, Stefano Collizzolli e Matteo Calore “Trieste è bella di notte” che affronta il tema dei migranti che provengono dalla cosiddetta rotta balcanica.

Anche il Ministro degli Interni è stato invitato alla presentazione, perchè il film tratta proprio del tema delle cosiddette “riammissioni informali”, oggi sospese e che invece, da notizie di stampa, sembra che il Ministero voglia ripristinare lungo i confini tra l’Italia e la Slovenia.

Spero che il Ministro Piantedosi trovi il tempo di poterlo vedere e soprattutto di poter discutere con i parlamentari di questo tema delicato che mette a nudo tutte le contraddizioni della nostra democrazia che si basa sulla Costituzione, e anche dei valori dell’Unione Europea che ha nel silenzio avvallato questa scelta.

Le “riammissioni informali” sono state introdotte nel maggio del 2020 dall’allora Governo giallo-rosso guidato da Giuseppe Conte e dal Ministro degli Interni Luciana Lamorgese in piena pandemia (e quindi passato nel silenzio assoluto dell’opinione pubblica).

La stessa Lamorgese, a seguito di un’ordinanza di un giudice del Tribunale di Roma nel gennaio del 2021 che ha accolto un ricorso di un migrante, si è vista costretta a sospenderle, a causa dell’illegittimità di questo modo di comportarsi da parte delle forze dell’ordine nella zona di frontiera tra l’Italia e la Slovenia.

Quel film, che ho avuto la fortuna di vedere in questi giorni, fa capire chiaramente all’opinione pubblica e a coloro che andranno a vederlo in cosa consistono le “riammissioni informali” e di come esse siano un vero e proprio atto illegale che in uno stato di diritto e in una democrazia come quella italiana, non possono e non devono accadere.

Si parla ora di una circolare del Ministero dell’Interno rivolta alle forze dell’ordine in cui sembra palesare la possibilità di ripristinare le “riammissioni informali” che secondo la sentenza del Tribunale di Roma sono una prassi illegittima alla luce sia del diritto italiano (amministrativo e costituzionale) sia del diritto internazionale che dei diritti umani.

Se è vero che esiste un accordo italo-sloveno che introduce questa prassi (nel lontano 1996), resta il fatto che il nostro parlamento non ha mai ratificato e trasformato in legge questo accordo, perchè viola le norme che regolamentano il diritto d’asilo e soprattutto la prassi istituzionale che una persona possa essere allontanata dal nostro paese solo a seguito di un provvedimento formale al quale si possa far ricorso di fronte a un giudice.

Da un punto di vista normativo l’espressione “senza formalità” può essere interpretata nel senso che la procedura può avvenire in modalità semplificate, ma mai senza l’adozione di un atto amministrativo, notificato all’interessato ed impugnabile davanti all’autorità giudiziaria.

Il film fa capire chiaramente che in molti casi questo non accadeva e i migranti, dopo una sommaria azione di riconoscimento venivano caricati su mezzi e riportati oltre frontiera, spesso non solo in Slovenia, ma anche in Croazia per poi essere portati dalla polizia di quello stato addirittura al confine con la Bosnia- Erzegovina.

In molti casi, durante queste “riammissioni informali” i migranti subivano da parte soprattutto della polizia croata, vere e proprie forme di violenza.

Spesso si “gioca”, nel caso dei migranti, proprio sulle parole che si usano, per dar vita ad azioni che poco hanno a che fare con lo stato di diritto.

Il termine “riammissione” secondo l’enciclopedia “Treccani” vuol dire “chiedere, ottenere la riammissione. successiva a un allontanamento, a un’esclusione.”

In questo caso è invece una “punizione” che viene perpetrata a danno di persone, che si ritrovano, come in uno spaventoso e inumano “gioco dell’oca”, al punto di partenza del loro arrivo in Europa, appena hanno messo piede nella terra dove loro hanno sognato di arrivare.

Magari hanno aspettato mesi prima di varcare quel confine tra Italia e Slovenia, dopo aver attraversato in precedenza a piedi la Croazia e la Bosnia-Erzegovina, provenienti da un viaggio durato anni da paesi lontani come l’Afghanistan, il Pakistan, l’India.

Dopo aver intravisto, come dice il film, la bellezza di Trieste di notte dall’alto con le sue luci che si riflettono sul mare, si ritrovano, dopo aver attraversato quel confine agognato, riaccompagnati fuori senza alcun atto formale.

Nessuna riammissione, inoltre, “può essere ‘informale’ in quanto, in uno Stato di diritto, ogni azione di qualsiasi pubblica amministrazione, specie se si tratta di una decisione che incide su diritti fondamentali di una persona, deve consistere in un provvedimento scritto, motivato e notificato all’interessato che deve poter avere il diritto, sancito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo” – spiega molto bene in una noto il Consorzio Italiano di Solidarietà dell’Ufficio Rifugiati di Trieste .

Piantedosi oltre che un Ministro (che risponde dunque da un punto di vista politico delle sue scelte) è un Prefetto e come tale dovrebbe essere il primo a dover far rispettare quelle che sono le norme che regolamentano il nostro stato di diritto e dunque anche le norme sulla migrazione, sul diritto d’asilo e sui diritti che i migranti hanno quando toccano il suolo del nostro paese.

Ma poi esiste anche un’etica che trascende e viene prima di ogni mossa politica. Ogni persona deve essere trattata come un essere umano.

A tutte le persone che toccano il nostro suolo si devono applicare le leggi che le riguardano, dire quali sono i loro diritti, spiegare loro cosa vuol dire la possibilità del diritto d’asilo ed eventualmente, se non ci sono i presupposti, rifiutare lo status di rifugiato.

Ma fino a quel momento devono essere accolti, trattati da persone, curate.

Questo film, che spero il Ministro degli Interni possa vedere, ci dice queste cose, ci interroga prima di tutto come persone che hanno di fronte a se altre persone con le loro storie, i loro sogni e i loro dolori.

Essere italiani vuol dire avere dentro di sé questi valori e quest’etica e per primi devono averli coloro che sono chiamati ad avere responsabilità politiche e si trova a svolgere un ruolo pubblico come rappresentante delle istituzioni.

Per questo spero vivamente che quella circolare di cui si parla, non ripristini le “riammissioni informali”, di cui nessun cittadino che si definisce italiano, credo debba sentire il bisogno.


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