Il processo di “scotomizzazione” della ‘ndrangheta
Quando nel 1995 mi recai, per ragioni di ufficio, nel carcere di Bogotà per un colloquio autorizzato dal magistrato colombiano con Roberto Pannunzi (Bebè), latitante arrestato poche settimane prima a Medellin dalla Polizia Antinarcoticos, ebbi subito la conferma di trovarmi di fronte ad uno dei più grandi broker del narcotraffico per conto della ‘ndrangheta.
Alla mia richiesta se avesse intenzione di collaborare, prima della sua imminente estradizione in Italia, mi rispose con un sorriso sornione dicendo che “la ’ndrangheta sta diventando padrona di mezzo mondo con tonnellate di cocaina trasferite ogni mese ovunque e noi poliziotti ancora non ci rendevamo conto della sua potenza”.
Sono trascorsi molti anni e la mafia calabrese attraverso un processo di “scotomizzazione”, così definito nel procedimento penale relativo all’operazione “Mammasantissima” (DDA di Reggio Calabria, 2021), si è trasformata definitivamente da organizzazione per delinquere di tipo mafioso a principale agenzia criminale del pianeta.
Anche dalla lettura della relazione della Commissione Parlamentare antimafia del settembre 2022 sui rapporti della criminalità organizzata con le logge massoniche, emerge con chiarezza come “la ‘ndrangheta non sia più soltanto un’organizzazione criminale di tipo mafioso con caratteristiche sovranazionali, ma sia diventata un vero e proprio sistema di potere ben ramificato”.
Ma c’è di più perché “dall’analisi congiunta delle plurime qualificate fonti di prova acquisite nell’ambito del procedimento penale” è emersa l’esistenza di una “componente plurisoggettiva “occulta” o “riservata” avente funzioni strategiche nella ‘ndrangheta”.
E la relazione della Commissione è di una puntualizzazione straordinaria su questa ‘ndrangheta “caratterizzata dalla presenza di associati “occulti” e che, come tali, non devono in alcuna occasione rivelarsi ai componenti della struttura di base”; associati “occulti” che devono curare, riservatamente, il collegamento tra la componente apicale e visibile dell’organizzazione mafiosa e le logge massoniche coperte “quali indispensabili interfacce con gli ambienti politici, istituzionali, imprenditoriali e professionali”.
Uno scenario impressionante che evidenzia un gravissimo pericolo per il nostro Stato, per la stessa democrazia. Così, ad una ‘ndrangheta ormai troppo visibile e compromessa, “sputtanata” che “non vuole essere pubblicizzata” (affermazioni di Pantaleone Mancuso e Antonino Belnome, due ex boss), entrano nella parte elitaria della mafia calabrese i “massoni” o “invisibili” che non sottostanno più a controlli antistorici, a pericolosi rituali di affiliazione ritenuti ormai non necessari per una “’ndrangheta di sostanza rispetto a quella dell’apparenza”.
Le conclusioni formulate nella Relazione fanno riferimento “ai gravi elementi di criticità e, conseguentemente, di incompatibilità, in seno all’ordinamento giuridico, tra talune forme associative e lo Stato democratico (…) con il vivo interesse da parte della ‘ndrangheta, di cosa nostra, ma anche di autonomi comitati di affari vicini a tali ambienti criminali, di infiltrarsi nel tutt’altro che impermeabile sistema massonico, alfine di curvare i cardini di solidarietà, obbedienza e riservatezza tipici delle associazioni a carattere iniziatico ai fini illeciti e alla realizzazione di disegni criminosi di ampio respiro tesi all’acquisizione, gestione o comunque al controllo di attività economiche, appalti e servizi pubblici (…) alla manipolazione del voto nelle consultazioni elettorali e all’inserimento di propri referenti nei gangli della pubblica amministrazione e nelle assemblee elettive locali”.
Insomma, c’ è ancora molto lavoro investigativo (non facile) da sviluppare da parte della DIA e delle forze di polizia territoriali soprattutto per far emergere quella componente della ‘ndrangheta estranea (invisibile) a quella tradizionale (visibile) che formerebbe la direzione strategica di questa mafia.
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Le “interferenze” tra l’arcipelago massonico e la criminalità organizzata
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