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Mafia, calcio e imprenditoria

Di Rosario Cauchi il . Sicilia

Il 2 settembre del 1998, a conclusione di un allenamento dei calciatori del Gela Jt, squadra  già all’epoca iscritta al campionato professionistico di C2, Fabrizio Lisciandra, imprenditore e presidente della squadra, veniva affrontato da due uomini armati: un colpo gli trafiggeva una gamba; i bossoli che lo avrebbero dovuto uccidere, invece, rimasero all’interno della pistola impugnata da uno dei carnefici, l’arma, infatti, si era inceppata.  Si parlò molto dell’accaduto, del resto Lisciandra non è uno qualunque; la sua frenetica attività si è da sempre divisa tra lavoro, soprattutto con la gestione di imprese attive nel vasto mondo dell’indotto Eni, politica, con esperienze in consiglio comunale ed ancora come candidato a sindaco di liste civiche ed oggi, inoltre, quale coordinatore di un’entità fuoriuscita dall’Mpa ufficiale, il gruppo “Liberi e Gelesi”, e sport, la sua avventura alla guida del Gela Jt consentì la storica promozione tra i professionisti.  Ieri notte, a completamento di una vasta attività d’indagine, posta in essere dalla Squadra Mobile di Caltanissetta, si è pervenuti, stando alle dichiarazioni rilasciate dagli inquirenti, alla totale ricostruzione di quel giorno di fuoco. 

Lo si potrebbe considerare, a quanto pare, una punizione verso un imprenditore ribelle ai voleri del clan degli Emmanuello: l’ex reggente, Daniele Emmanuello, infatti, intendeva spingere al massimo le velleità economiche della cosca, e il Consorzio Nazionale Servizi di Bologna, retto a Gela proprio da Lisciandra, rispettava tutte le credenziali di successo ricercate da cosa nostra.  Il Consorzio, che raggruppava parecchie società dell’indotto Eni, però, non fu conquistato, anche per la resistenza dei suoi vertici, ed allora, grazie alla furbizia ed alla capacità di muoversi all’interno di un mondo, spesso poco trasparente, dimostrata dai fratelli Emanuele e Filippo Sciascia, già interessati dall’inchiesta “In&Out” del 2006, la lente d’ingrandimento mafiosa si spostò verso il “Consorzio Nazionale della Produzione e Lavoro” con sede legale a Roma, diretto a Gela da Nicola Ingargiola, assolto per gli stessi fatti lo scorso mese dal gup di Caltanissetta, Francesco Lauricella.  Dopo il Cns, però, il gruppo Emmanuello puntava anche al calcio ed agli introiti prodotti dal mondo del professionismo, nuovo e poco esplorato settore; ed allora il presidente della società sportiva, lo stesso Fabrizio Lisciandra, doveva farsi da parte per lasciare il passo al clan: ma anche in questo caso, l’imprenditore si oppose e il tentato omicidio di quella fine estate del 1998 doveva fargli capire che la mafia non accettava alcun rifiuto. 

Ad agire sarebbero stati Gianluca Gammino, ergastolano e killer tra i più spietati della consorteria mafiosa gelese, al punto da partecipare all’agguato del 2 gennaio 1999 presso il rifornimento Esso di Vittoria che lasciò sull’asfalto cinque corpi, e Giuseppe Scicolone, attualmente sotto processo innanzi alla Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta per il duplice omicidio del Luglio del 1999 che tolse la vita a Emanuele Trubia e Salvatore Sultano, e nuovo collaboratore di giustizia.  Tra gli arrestati anche Paolo Portelli, recentemente condannato ad undici anni ed otto mesi di reclusione nell’ambito del procedimento, “Munda Mundis”, imperniato sul racket delle estorsioni generato dal servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, Giuseppe Stimolo, in passato finito in cella a causa del tentato omicidio dell’Aprile del 1999 ai danni dei  fratelli Emanuele e Pietro Trubia, ed Angelo Cavaleri, indicato dal collaboratore di giustizia, Crocifisso Smorta, quale figura di spicco del clan Emmanuello nel periodo 1998-1999, anch’esso coinvolto nella breve faida interna dell’estate di undici anni fa. 

Ma non solo manovalanza mafiosa: al centro dell’indagine, “Leonina Societas”, infatti, compare il medico, Giuseppe Alabiso, titolare di un noto studio dentistico nel quartiere Caposoprano, fautore di “imprese estreme” come l’attraversamento in ultraleggero dei cieli di sette stati europei, ed appassionato di rally e potenti automobili.  Il professionista, attraverso gli stretti rapporti intrattenuti con i fratelli Sciascia, e soprattutto con Filippo, marito della sorella, si sarebbe prestato all’effettuazione di “consulenze” in favore del gruppo Emmanuello, fino al punto da rilasciare certificati favorevoli ad alcuni affiliati, idonei a garantirne particolari trattamenti anche durante la loro sottoposizione al regime carcerario.  Alabiso, figlio di un ex presidente della compagine calcistica gelese, ha avuto trascorsi anche all’interno del cda di quest’entità, ed a quanto trapelato, avrebbe avuto interesse a rientrare proprio nel periodo dell’agguato teso a Fabrizio Lisciandra, vantando, fra le altre cose, contatti assai frequenti con la Juventus.  Proprio Filippo Sciascia, spalleggiato da un fratello, Emanuele, noto alle forze dell’ordine per i suoi rapporti con uno dei reggenti del clan Emmanuello, Crocifisso Smorta, in passato suo compagno di detenzione, proseguì l’attività di auto-trasporto interna all’Eni avviata dal padre del medico.

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