Non era un supereroe
Quell’uomo stretto tra gli agenti del Ros all’uscita di una clinica palermitana non sembrava potente e tantomeno invincibile.
A furia di dipingerlo come padrino imprendibile, rischiava di apparire, alle menti meno provviste, come un supereroe. E invece eccolo col capo chino, passo normale ed espressione rassegnata dipinta sul volto.
Se non ha trattato la sua resa costretto da una malattia che non perdona e se non si è consegnato, è stata un’operazione importante che non indica però la sconfitta di Cosa nostra ma solo la fine di una stagione legata al potere di un boss.
I superpoteri reali sono più quelli di un’organizzazione camaleontica che fiuta i tempi e anticipa i fenomeni sociali ed economici, che ha imparato a reinvestire acquisendo sempre più potere nel mondo che conta. La preoccupazione è che il boss potesse diventare il modello di successo di chi sogna quell’orologio al polso e tutti quanti sotto ai suoi piedi.
Ma per fortuna ieri gli scout di Castelvetrano, luogo di nascita e nido protettivo di Matteo Messina Denaro, sono scesi in piazza con uno striscione improvvisato ma intelligente che non segna un punto di arrivo e non celebra un successo, ma un cammino da intraprendere sempre.
C’era scritto: Coraggio si parte.
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