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La legalità come fattore di sviluppo della democrazia e della competitività

Di Laura Galesi il . Progetti e iniziative

“La legalità come fattore di sviluppo della democrazia e della competitività”. E’ il tema del convegno conclusivo del progetto: “Conoscere l’Italia. Lezioni di legalità”, promosso da Avviso Pubblico e organizzato in collaborazione con il Gruppo 24 Ore, l’Università Milano-Bicocca, il Centro Studi Saveria Antiochia- Omicron, con il patrocinio di Libera e il sostegno del Gruppo Intesa San Paolo. L’iniziativa si è svolta presso il Teatro San Fedele di Milano. “Abbiamo analizzato il tema delle mafie – ha detto Pierpaolo Romani, Coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, che ha aperto i lavori – partendo dalla storia di queste organizzazioni criminali ed esaminando, successivamente, il loro rapporto con il mondo della politica, dell’economia e della finanza evidenziando come il fenomeno mafioso sia una questione ormai non solo nazionale ma internazionale.

Il Convegno si è aperto sul tema del sequestro e la confisca dei patrimoni mafiosi rispetto al quale sono intervenuti: Giuseppe Pignatone, Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria; Costantino Visconti, docente all’Università di Palermo. «La confisca dei beni ai mafiosi è un’opera di bonifica sociale che contribuisce a sottrarre consenso sociale alle cosche – ha affermato Pignatone – In tema di riutilizzo di beni e, soprattutto, di aziende confiscate è cruciale il ruolo delle banche, soprattutto a livello centrale, nel contribuire a dare vita ad una rete di sostegno che permetta di non perdere posti di lavoro».  Sulla stessa linea Costantino Visconti: «Nel 2008- ha detto- la Commissione Europea ha pubblicato un rapporto con il quale affermava che occorre implementare delle azioni che dimostrano che il crimine non paga. Perché questo sia possibile, in Italia, occorre che si curi la preparazione di futuri magistrati ed investigatori inserendo obbligatoriamente il corso di legislazione antimafia nelle università e introducendo unità specializzate nelle procure».

Il secondo momento del convegno è stato dedicato al fenomeno del racket alle imprese che nella sole Sicilia si calcola ammonti a un miliardo di euro, corrispondenti ad oltre 1,3 punti percentuali del prodotto lordo regionale 2006. In questa sessione sono intervenuti: Michele Prestipino, Procuratore aggiunto presso la DDA di Reggio Calabria; Tano Grasso, Presidente onorario della FAI, Giuseppe Nicosia sindaco di Vittoria. «Nel 2009 -ha detto Grasso- il numero delle denunce per estorsione è diminuito in Italia. Per invertire questo dato, politicamente si deve lavorare sul concento di convenienza. Questo significa non ricorrere né a misure premiali né a sanzioni penali. Per contrastare l’acquiescenza di molti imprenditori che pagano il pizzo è necessario ricorrere a due tipi di sanzione: quella della riprovazione sociale, come l’esperienza di Addio Pizzo e quella della sanzione amministrativa, per cui, come prevede il decreto sicurezza del 2008, chi fa affari con i mafiosi viene escluso per tre anni dalla possibilità di poter concorrere alle gare d’appalto». E quindi, come sostiene Prestipino: «Occorre lavorare molto con gli imprenditori e fare in modo che un numero sempre minore di essi si rivolga ai mafiosi per ottenere dei favori. Oggi, infatti, assistiamo ad una vera e propria strategia dell’attenzione dei mafiosi nei confronti delle imprese. Il “patto di convenienza” proposto dalla Presidente di Confindustria Marcegaglia è una giusta indicazione». Nella seconda parte del Convegno è stato analizzato il fenomeno delle infiltrazioni mafiose e della corruzione nella pubblica amministrazione e nel sistema degli appalti pubblici. Ne hanno discusso: Ivan Cicconi, Direttore Itaca; Piercamillo Davigo, Consigliere della Corte di Cassazione; Piergiorgio Morosini, Giudice dell’udienza preliminare a Palermo. I tre relatori hanno convenuto che il contrasto della mafia nel sistema dei contratti pubblici non può essere perseguito senza una contestuale azione di prevenzione della corruzione. «Viviamo un momento storico in cui vi sono partiti che non fanno politica ma che esercitano un grande potere – ha sostenuto Cicconi – Oggi la nuova Tangentopoli si fonda su una nuova relazione pubblico-privato che ha legalizzato le tangenti come spesa pubblica. Forme contrattuali innovative come il project financing hanno di fatto consentito una gestione privatistica della spesa pubblica. In Italia un chilometro della TAV Torino-Milano è costato 72 milioni di euro, mentre in Spagna il costo per lo stesso tipo di opera è stato pari a 9,3 milioni e in Francia 10 milioni per chilometro». L’edilizia è diventata un settore di investimento privilegiato della criminalità organizzata italiana.

Per Davigo: «La criminalità organizzata è vendita di protezione privata, mentre la corruzione è la vendita di poteri pubblici. L’Italia rischia di diventare il primo paese occidentale in cui la corruzione è arrivata ad un livello che gli specialisti definiscono di state capture: questo significa che uno o più soggetti privati prendono il sopravvento sull’esercizio del potere decisionale dell’agente pubblico».

A chiudere i lavori è stata la tavola rotonda che ha affrontato il tema dello sviluppo e della legalità. Hanno relazionato: Giovanni Di Martino, vicepresidente di Avviso Pubblico; Luigi Ciotti presidente di Libera; Luciano Morelli, rappresentante di Confindustria Campania, Gianfranco Donadio magistrato presso la DNA e Vera Lamonica, segretaria confederale Cgil. Da questo confronto è emerso come solo attraverso un lavoro di rete tra amministrazioni pubbliche, imprenditori, forze dell’ordine e magistratura è possibile avviare percorsi concreti di contrasto all’azione della criminalità organizzata. «Non deve venir meno l’indipendenza e l’autonomia della magistratura- ha detto Ciotti-. Le banche tolgano le ipoteche dal 42% dei beni confiscati che, per questo motivo, oggi non possono essere utilizzati per finalità sociali».

Sulla stessa lunghezza d’onda Romani: «La lotta per la sconfitta delle mafie e dei meccanismi di corruzione non può fondarsi sulla logica dell’emergenza. Chiediamo che la politica, e i partiti in modo particolare, diano un segnale chiaro in questa direzione, ponendo la lotta alle mafie e alla corruzione  come punto primo dell’agenda di governo. In Italia, da molto tempo c’è una crisi di legalità. Non  possiamo e non dobbiamo nasconderci questo dato. Ma ci sono anche cittadini, imprenditori, politici e liberi professionisti  vittime di minacce mafiose e che pagano prezzi altissimi. Insieme a loro dobbiamo lottare, insieme costantemente per contrastare l’illegalità”. 

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