Deviazione di soccorso
Un incubo. Ho sognato che stavo nuotando nel mare siciliano davanti alla spiaggia di Menfi e che mi sono sentito male.
A fatica, rischiando di annegare, sono tornato a riva. Qualcuno ha chiamato i soccorsi. È arrivata un’autoambulanza per portarmi all’ospedale.
Il tempo passava ma l’autoambulanza continuava a percorrere una strada. Ad un certo punto chiedo all’infermiere quanto manca alla destinazione.
Mi risponde che, purtroppo, dalla centrale operativa sono arrivate precise disposizioni: non possiamo andare nell’ospedale più vicino (che sarebbe a Sciacca). Anzi, dobbiamo andare in un ospedale dall’altra parte dell’isola. Incredulo, chiedo: a Catania, a Taormina o a Messina? Risposta: a Reggio Calabria!
Mentre cerco di mettere ordine nella confusione delle informazioni ricevute, l’autoambulanza si ferma. Penso: mi hanno fatto uno scherzo, finalmente siamo arrivati. Invece scopro che l’autoambulanza si è fermata perché la strada è bloccata a causa di un incidente. C’è una persona in gravi condizioni.
Io nel frattempo mi sono ripreso e capisco che posso anche fare a meno dell’autoambulanza. All’infermiere comunico che sto abbastanza bene e che posso stare seduto. Di conseguenza potrebbero soccorrere e caricare la persona che ha subito l’incidente. L’autista dell’ambulanza mi dice che non è possibile intervenire: una recente norma impedisce altri soccorsi finché la prima persona a bordo della vettura è arrivata alla destinazione stabilita.
Mi sembra assurdo, ma l’equipaggio dell’autoambulanza non può intervenire e appena la strada viene sgomberata dai mezzi incidentati, il viaggio riprende. Dopo qualche ora arriviamo a Messina e ci imbarchiamo sul battello per Reggio Calabria. Il mare è molto mosso e – inevitabilmente – mi assalgono conati di vomito.
Arrivati infine all’ospedale di Reggio Calabria, mi trattengono in osservazione nel pronto soccorso, a causa del mal di stomaco, quasi dimenticando che alcune ore prima avevo rischiato di annegare. A quel punto mi sveglio e – con sollievo – mi rendo conto che si è trattato di un incubo.
Accendo la radio e sento la notizia: due navi che hanno imbarcato alcuni migranti in difficoltà nel canale di Sicilia devono fare rotta verso il porto di Ancona, senza fermarsi eventualmente per altri interventi di soccorso. Non è possibile, penso.
Stavolta non mi faccio fregare: è un incubo dentro l’incubo. Sto ancora sognando. Allora provo a darmi un pizzicotto, a sciacquarmi la faccia, a far suonare una sveglia. Niente da fare. Stavolta è tutto vero.
La realtà ha superato ampiamente il prodotto dalla mente: un incubo disumano.
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