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Polveriera Scafati

Di Spera - Iovino* il . Campania

Manutenzione di strade, costruzione di impianti sportivi, ristrutturazioni. Ovunque i prezzi delle ditte “in quota” casalesi sono i migliori. Grazie a una filiera produttiva pressapoco perfetta, messa punto e migliorata attraverso le varie epoche economiche a partire dal grande “affaire” del terremoto del 1980, ancora oggi, laddove le imprese regolari non possono, arrivano loro, aggiudicandosi in maniere dal tutto regolare appalti milionari. Senza minacce, senza colpo ferire, senza corrompere nessuno e senza la necessità che alcuno li favorisca dall’interno. I loro ribassi d’asta sono i migliori, da sbaragliare qualsiasi concorrenza, raggiungendo anche il 50%. In questo modo, più volte verificato dagli inquirenti, il denaro del traffico di droga, delle estorsioni e di qualsiasi altra attività illecita manovrata dai boss-imprenditori, viene giustificato, distorto, ripulito. Pronto per essere reinvestito e andare a rafforzare un tesoro lecito molto probabilmente inafferrabile e inquantificabile. Così, con il più ‘pulito’ dei metodi, ben lontano dalle trame cinematografiche più “noir”, la Camorra S.p.a. penetra nel tessuto della società. La presenza è certificata ovunque. Inchieste e indagini non mancano certo. Ma l’azione non si ferma davanti a nulla, dalla Svizzera al più vicino salernitano.

Dal capoluogo, ai comuni dell’interno, fino a Scafati.    Porta della provincia, il Comune una volta feudo della Nuova Famiglia nelle mani di Pasquale Loreto e Carmine Alfieri, che da anni sembra alle prese con un vuoto di potere della camorra “che conta”. Vuoto solo apparente, basti pensare che proprio a Scafati si sono concretati i maggiori affari di un boss dal calibro di Francesco Matrone meglio noto come “’a belva”, nome di spicco del famoso “elenco 30”, la lista dei super latitanti del Ministero degli Interni.   E qui, cerniera tra le province di Napoli e Salerno, senza i clan del napoletano a fare da contorno, è arrivata l’offensiva delle cosche dell’Agro Aversano. Decine gli appalti “aggiudicati” in tutto il 2009 da decine di ditte, tutte con caratteristiche comuni che hanno partecipato alle varie gare: cognomi altisonanti, omonimie inquietanti e sedi legali in comuni noti, loro malgrado, solo perchè si trovano nel “triangolo di Gomorra”. Tutto affiancato a ribassi sospetti nella loro concorrenzialità, che hanno fatto scattare più volte i controlli.

Le informative del Comune di Scafati all’Arma e alla magistratura sono numerose già prima del luglio 2009.  Data simbolo quest’ultima, quando la Prefettura di Salerno su segnalazione di quella di Caserta, emana un provvedimento di interdizione antimafia e chiede il blocco di un appalto vinto da una ditta in odore di camorra, palesando l’entità del pericolo per la città incastrata tra il Vesuvio e le campagne dell’Agro. A finire nel mirino degli inquirenti è la Campania Appalti S.r.l., ritenuta legata all’ala Schiavone del temibile cartello di clan casertani dalle prefetture di Caserta e Salerno e dalle forze dell’ordine. L’impresa con sede legale a Caserta, è intestata a Carlo Bianco giovane di Casale, figlio di Gennaro e cugino dell’omonimo Carlo, quest’ultimi nel mirino degli inquirenti perchè coinvolti nei tanti processi a carico del clan. Stessa sorte per l’ex amministratrice unica, Palmina Apicella sorella dei più famosi Dante e Vincenzo, l’uno condannato a 4 anni proprio nel processo Spartacus, l’altro coinvolto nel procedimento “Regi Lagni” sull’inquinamento di litorali, i fiumi e i laghi campani causato da sversamento di rifiuti tossici. La Campania Appalti s.r.l., nata solo poco più di tre anni e mezzo fa, è riuscita a mettere le mani su numerosi appalti, in Campania e oltre. Come per esempio a Salerno, dove si era aggiudicata l’appalto per la costruzione delle vie di accesso all’inceneritore, poi anch’esso revocato. O a Baronissi, dove fu estromessa da una gara vinta sempre sul criterio del massimo ribasso appena tre mesi prima dell’appalto vinto, tranquillamente, a Scafati. Ma gli inquirenti hanno trovato tracce della Campania Appalti perfino nel basso Lazio e in Emilia Romagna.  

Quest’ultima, quindi, sembra rientrare organicamente nella strategia di espansione imprenditoriale dei clan, condividendone strategie ed espansione territoriale. E quasi lo stesso il discorso va affrontato anche per la seconda impresa bloccata, la Di Bello S.r.l. il cui titolare Gennaro di Bello è stato arrestato nel Maggio 2009, per una brutta storia che ha coinvolto l’amministrazione di Pietravairano, con sindaco e assessore ai lavori pubblici in manette. L’inchiesta denominata “Longa Manus” ha individuato una consorteria ‘ad hoc’ di politici, imprenditori e liberi professionisti con l’unico obiettivo di pilotare gli esiti degli appalti. Di Bello in questo caso era il delegato di un consorzio informale di imprese di San Cipriano d’Aversa e Casapesenna, che di volta in volta recapitavano al Sindaco e all’Assessore cospicue tangenti in cambio della garanzia dell’assegnazione di tutti gli appalti sul suolo comunale di Pietravairano, equamente distribuiti nel consorzio criminale. L’aspetto più divertente della “longa manus” casertana è il legame alle più alte sfere della politica locale e nazionale.   

A Scafati Di Bello aveva vinto la gara d’appalto per il riammodernamento delle strutture sportive di un intero plesso scolastico, grazie al 33% di ribasso rispetto alla base d’asta. La vicenda, ha portato l’amministrazione comunale di Scafati a sottoscrivere il protocollo sulla trasparenza negli appalti proposto dalla prefettura di Salerno, diventato una buona occasione per ripulire l’immagine di una città in cui la penetrazione di imprese legate alla criminalità organizzata, come nel resto della Campania, diventa sempre più pressante. Il protocollo prevede una verifica dei requisiti antimafia per gli appalti superiori a 250mila euro. E per quelli inferiori? L’amministrazione ha nicchiato sulle richieste dell’opposizione di abbassare la soglia a 100mila euro. Ma soprattutto viene da chiedersi: perchè non applicarlo all’esercizio economico delle aziende municipalizzate (S.p.a. e una S.t.u.) di cui il Comune di Scafati è proprietario? Perchè non sottoporre quest’ultime ad un regime di regole chiare se le stesse sono deputate a gestire servizi esterni nonchè una reindustrializzazione urbanistica di un’area come l’ex Copmes?

Queste sono domande a cui l’amministrazione non ha ancora dato risposta, eppure sarebbe interesse delle istituzioni stesse garantire un quadro di regole rigido e che non lasci spazio alle voci di corridoio. La costruzione di maggiori strumenti di tutela nella gestione dell’interesse pubblico è dimostrato ancora una volta dall’azione delle ditte “sospette”. Da un lato troppe buone intenzioni e pochi fatti, dall’altro poca lucidità  nell’affrontare il problema in un sistema di regole che rendono ancora più difficile il controllo e la garanzia della trasparenza, risultato? I clan son tornati alla carica. 

E’ il caso di uno degli ultimi appalti assegnati e poi revocati, ad un anno di distanza dai primi due, un anno dopo siamo punto è a capo. Ronidi s.r.l. , anch’essa di San Cipriano d’Aversa, aveva proposto il 35% di ribasso, si sarebbe dovuta occupare proprio della manutenzione degli uffici civili e industriali di proprietà del Comune e della manutenzione di una scuola elementare. Niente da fare, fortunatamente a Marzo di quest’anno è scattato il blocco, proprio perchè la Ronidi è stata già interdetta dalla prefettura di Caserta per un appalto simile in un comune della provincia. Da registrare è un fatto; il 40 % delle imprese che si presentano negli appalti pubblici per la manutenzione di strade e uffici, a Scafati come nel resto della provincia di Salerno, sono imprese provenienti dall’area dell’agro aversano. Imprese che nella maggior parte dei casi sono nate non più di
tre o quattro anni fa e che si son proposte prepotentemente sul mercato degli appalti.  

 Rimane scoperto, quindi, il nervo di una politica che solo in parte è in grado di dotarsi di strumenti adeguati per arginare la penetrazione dei clan negli appalti pubblici. Proprio negli ultimi anni, come è noto da tempo,  si è sviluppata una nuova strategia dei clan basata sulle “holding imprenditoriali” che si impongono sul mercato legale senza collusioni dirette con la politica ma sfruttando il riciclaggio di denaro sporco per competere a condizioni improponibili per chi vuole fare impresa in modo legale sul nostro territorio. Ma non sono solo gli appalti a dover preoccupare i cittadini di Scafati e dell’Agro-Nocerino-Sarnese.

* di Luigi Spera – Roberto Iovino

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