Il messaggio universale di pace di Papa Francesco
Il messaggio urbi et orbi, cioè alla città e al mondo, che il Papa ha pronunciato quest’oggi segue lo stile, la prassi del messaggio universale di pace, ribadisce la centralità della guerra insensata in Ucraina che provoca connessi disastri di carestie in altre aree del pianeta come il Corno d’Africa e prosegue col soffermarsi sui più sensibili punti di crisi mondiali.
Ma non è tutto scontato, anzi. Per prima cosa va osservato che il papa parla di guerra mondiale, usa l’espressione innovativa di “ carestia di pace” e individua nell’indifferenza la malattia di questo nostro tempo. Francesco si sofferma sull’indifferenza -malattia che definisce brutta – quando ricorda la questione migratoria, che non è separabile da quella della povertà: “Non dimentichiamoci oggi dei tanti profughi e rifugiati che bussano alle nostre porte in cerca di conforto, calore e cibo. Non dimentichiamoci degli emarginati, delle persone sole, degli orfani e degli anziani – saggezza di un popolo – che rischiano di finire scartati, dei carcerati che guardiamo solo per i loro errori e non come esseri umani”.
Nella Via Crucis che compie attraversando i luoghi di maggiore sofferenza del mondo ovviamente il cammino parte dall’ Ucraina, al cui riguardo chiede che “ Il nostro sguardo si riempia dei volti dei fratelli e delle sorelle ucraini, che vivono questo Natale al buio, al freddo o lontano dalle proprie case, a causa della distruzione causata da dieci mesi di guerra”; anche qui colpisce qualcosa di insolito, visto che molto spesso quei volti spariscono nella ricerca di un equilibrismo impossibile tra chi attacca e chi si difende.
Proseguendo il Papa parte in modo altrettanto importante e innovativo rispetto a molte narrazioni di comodo dalla Siria, dove la guerra non è finita: anche la Siria viene definita “martoriata” ed è un’altra differenza rispetto a chi vede un conflitto finito, una missione compiuta. La Siria chiama il disastro connesso del Libano, caro al Vaticano per quel messaggio di pluralismo socio culturale che ha rappresentato, e che ora va detto che sembra sconfitto anche per colpa delle maggiori componenti cristiane.
È qui che arriva un’altra indicazione forte e in altri discorsi o narrazioni poco ricordata, o non esposta direi: “Gesù Bambino sostenga le comunità cristiane che vivono in tutto il Medio Oriente, perché in ciascuno di quei Paesi si possa vivere la bellezza della convivenza fraterna tra persone appartenenti a diverse fedi”.
L’arroganza identitarista, settaria, è respinta con nettezza. I teatri mediorientali di scontro è sangue sono ricordati senza poterli ripercorrere tutti ma arrivando a un’invocazione per la luce di Cristo che colpisce, senza dubbio alcuno: “Orienti verso una tregua duratura nello Yemen e verso la riconciliazione nel Myanmar e in Iran, perché cessi ogni spargimento di sangue”.
Ci voleva Francesco per ricordarci, cosa quasi sempre tralasciata, che la tregua nello Yemen è fallita e per mettere poi nello stesso cesto il regime dei mullah iraniani e quello dei generali birmani. Non taceva Francesco sull’Iran? Certe strane pretese oggi dovrebbero parlarci di un accostamento fortissimo, e ovviamente sacrosanto.
C’è molto altro in questo messaggio, come il breve ma incisivo passaggio su Haiti. I motivi di riflessione non sono tutti qui, certamente, ma questi mi sembrano meritevoli di attenzione.
Fonte: Articolo 21
MESSAGGIO URBI ET ORBI DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Francesco esorta a capire le lezioni del Covid per superare questo tempo di guerre
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