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La nuova Corte dei Conti tradisce Sella

Gian Carlo Caselli, Vittorio Barosio il . Costituzione, Diritti, Economia, Giustizia, Istituzioni, Politica

Pochi giorni fa la Camera ha approvato il disegno di legge per una riforma della Corte dei Conti. Se anche il Senato lo approverà l’efficacia del controllo della Corte sulla Pubblica Amministrazione sarà seriamente pregiudicata.

La Corte dei Conti è un organo previsto dalla Costituzione. Essa ha essenzialmente la funzione di controllare che gli amministratori e i funzionari pubblici, nell’esercizio delle loro funzioni, non violino la legge arrecando pregiudizio alle finanze pubbliche. Perciò quando essi, con dolo o quanto meno con colpa grave, procurano un danno all’erario la Corte li condanna a risarcirlo.

Il timore di questa condanna  ha un effetto positivo, perché induce il funzionario ad agire correttamente; ma anche uno negativo, perché egli, per non correre rischi, preferisce spesso non compiere alcun atto, rallentando o addirittura  bloccando l’attività dell’Amministrazione. Si chiama “timore della firma”.

Appunto per evitare ciò il governo vuole ora limitare il potere della Corte dei Conti di controllare l’operato di amministratori e funzionari pubblici. E così il disegno di legge approvato dalla Camera ha irragionevolmente modificato le regole della responsabilità amministrativa, limitando di molto la possibilità di intervento della Corte dei conti (anche con problemi di compatibilità con il diritto comunitario); ha molto ristretto la nozione di colpa grave (riducendo quindi i casi di comportamenti sanzionabili); e ha fortemente abbassato il limite del danno risarcibile.

Tutto ciò comporterebbe una sostanziale trasformazione della Corte in un organo prevalentemente consultivo, a discapito delle funzioni repressive delle condotte che causano spreco di denaro pubblico. Il che provocherebbe altresì una marcata deresponsabilizzazione di chi gestisce le risorse pubbliche.

Certo, può darsi che in questo modo i funzionari, sentendosi meno esposti a rischio, abbiano meno timore ad agire. Ma ciò significa che essi non si preoccuperanno più in misura adeguata di rispettare la legge. E il risultato di una maggior efficienza della Pubblica Amministrazione (che oltretutto non è affatto detto che si ottenga effettivamente) sarà quindi raggiunto in pregiudizio della legalità. Mentre è ovvio che andrebbe ottenuto in altri modi: prima di tutto con una vera semplificazione normativa e un’adeguata formazione dei funzionari. Se lo si persegue limitando i poteri di controllo della Corte dei Conti il rimedio è peggiore del male.

La Corte dei Conti è stata istituita nel 1862, e fu il primo organo dell’Italia unita. Allora il ministro delle Finanze nel gabinetto della “Destra storica” di Rattazzi era Quintino Sella, passato alla storia come il più rigido tutore del bilancio statale (e che tenne il discorso inaugurale a Torino).

Da quel momento, con tutti i governi che si sono succeduti, di ogni colore, la Corte ha sempre mantenuto sostanzialmente intatte le sue funzioni di controllo sulla finanza pubblica. Prima di ridurle pesantemente occorrerebbe dunque pensarci bene. Lo scambio “legalità per efficienza” non è una buona cosa. La legalità è un valore fondamentale, ineludibile. Incidendo su di essa si minano le fondamenta dello Stato.

Il Presidente dell’Associazione Magistrati della Corte dei Conti, con una lettera aperta, ha chiesto direttamente alla Presidente del Consiglio “un incontro chiarificatore” per trovare un punto di intesa fra le diverse esigenze. Al momento non risulta alcuna risposta.

La realtà è che questo governo, e molti amministratori pubblici, non vogliono controlli. È un brutto segno.

Fonte: La Stampa

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