Umberto Mormile: dopo 35 anni ancora incompleta la verità sull’omicidio di Stato e ‘Ndrangheta
È stato il primo omicidio rivendicato dalla Falange Armata, la sigla che per anni ha raggruppato un coacervo di forze che ebbero l’intento di fare la guerra allo Stato. O meglio, piegare lo Stato. E ci sono riusciti.
Quell’undici aprile 1990 l’educatore carcerario di Opera Umberto Mormile venne ucciso dalla ‘Ndrangheta perché testimone scomodo dei rapporti avvenuti fra il boss Domenico Papalia e alcuni uomini dei servizi segreti.
I killer furono due Antonio Schettini e Nino Cuzzola (oggi pentito); mentre come mandanti esterni vennero condannati nel 2005 i boss di Platì, Domenico, Antonio Papalia e Franco Coco Trovato.
Il lento percorso della giustizia, tuttavia, è pieno di insidie.
Sforzi estremi sono stati fatti dalla famiglia di Mormile e del legale che li rappresenta, Fabio Repici. Tuttavia è caduta l’ennesima tegola.
Il collaboratore di giustizia Salvatore Pace è stato assolto il 12 marzo scorso dopo la riapertura di ulteriori indagini.
Lo ha deciso la Corte di Assise d’appello di Milano “perché il fatto non sussiste”, ribaltando la sentenza di primo grado con cui l’uomo era stato condannato in abbreviato a 7 anni di reclusione. Pace, accusato di aver fornito “supporto logistico”, facendo consegnare da “appartenenti del suo gruppo” criminale “armi ed una moto per eseguire l’omicidio”, era stato condannato in primo grado insieme a Vittorio Foschini che ha rinunciato all’appello.
Inoltre ricordiamo che era stato Pace stesso ad autoaccusarsi nel 2018, durante il dibattimento del processo calabrese ‘Ndrangheta stragista. In quella sede aveva dichiarato di aver fornito le moto per commettere l’omicidio Mormile. ‘Dell’omicidio di Umberto Mormile – aveva detto Pace – mi parlò… anzi, io fornii loro le moto per partecipare all’omicidio, e me lo prospettò Antonio Papalia a me questo omicidio, insieme a Franco Coco Trovato e a Schettini (Antonio, ndr)’.
Una sentenza che lascia l’amaro in bocca e che allontana il riconoscimento della verità.
Foschini: ”I servizi segreti consigliarono omicidio Mormile e sigla Falange Armata”
Per delineare il perimetro dell’omicidio Mormile è doveroso ricordare le parole di Vittorio Foschini pronunciate durante l’udienza al processo d’appello Trattativa Stato-Mafia: “L’omicidio Mormile? L’ordine venne da Domenico Papalia, consigliato dai Servizi segreti se non avesse accettato di farsi corrompere. Ci provammo, ma lui non accettò. E così partì l’ordine per ammazzarlo. Fu rivendicato come dei terroristi. A fare la telefonata fu Antonio Schettini. Come? Sempre i servizi avevano dato indicazione a Papalia di fare così, di dare questa notizia come Falange Armata“.
L’educatore “aveva scoperto che qualcuno dello Stato andava da Papalia e nelle relazioni scriveva che aveva contatti con la sua famiglia e con la ‘Ndrangheta. Aveva capito che i servizi avevano colloqui con lui”.
“Nella ‘Ndrangheta era risaputo che Domenico Rocco e Antonio Papalia avevano contatti con i Servizi segreti – ha detto rispondendo alle domande del sostituto Pg Giuseppe Fici – C’era un patto per cui loro scesero a Reggio. Non si dovevano fare più sequestri e in cambio i servizi avrebbero lasciato stare i latitanti in pace. E promisero anche sconti di pena. E Papalia aveva anche paura dei servizi. Perché loro uccisero Totò D’Agostino, che aveva violato accordi. E, mi disse Papalia, lo uccisero davanti a lui. E fu costretto a accollarsi l’omicidio. Anche se si era sempre dichiarato innocente”.
Un quadro inquietante, che, indubbiamente, avrebbe meritato più attenzione e più determinazione.
Trackback dal tuo sito.