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«Esattamente 45 anni fa il pentimento di Patrizio Peci e iniziò la fine delle Brigate Rosse»

Gian Carlo Caselli il . Eversione, Giustizia, Memoria, Piemonte, Terrorismo

L’ex capo colonna delle Br di Torino il primo aprile dell’80 nella caserma dei carabinieri di Cambiano decise di collaborare confessando, al sottoscritto e ai colleghi Griffey e Bernardi, tutto quello che sapeva.

Ammettiamolo. Molte volte abbiamo pensato che non ce l’avremmo fatta. Da troppi anni ormai la violenza terroristica delle Brigate rosse (Br) e di Prima linea (Pl) imperversava. In particolar modo a Torino, con la grande Fiat e le tante fabbriche dell’indotto che ne facevano per antonomasia una città operaia. E comunista. Nella quale i terroristi credevano di scorgere il loro palazzo d’inverno, da espugnare a colpi di gambizzazioni e omicidi.

Mentre qualcuno (anche magistrato; anche docente; anche prete…) trovava il modo di parlare di «compagni che sbagliano», oppure si creava un alibi con l’irresponsabile «né con lo stato né con le Br» («sai, lo ha detto anche Sciascia», che poi manco era vero). Qualcuno arrivava addirittura a legittimare la violenza, inventandosi una «guerra civile a bassa intensità» che non c’è mai stata. Come non c’è mai stato un «Orfeo collettivo il più imprigionato per motivi politici di tutta la storia d’Italia» . E neppure una «Euridice che usciva alla luce dentro qualche vittoria presa di forza all’aria aperta e pubblica».

Ci sono stati soltanto assassini con il coraggio della viltà. Ma poi a poco a poco tutto cambia. Le BR subiscono una serie di rovesci politici che le isolano e le mettono in crisi. L’esito della tragica vicenda Moro è anche il segno di una sconfitta politica . Il massimo della potenza militare coincide con l’assoluta incapacità di fare presa sullo stato e sul movimento politico extraparlamentare. Il processo di Torino ai capi storici delle Br, che secondo l’assunto brigatista sarebbe dovuto fallire perché «la lotta armata non si processa» , si conclude invece nel rispetto di tutte le regole con giuste condanne.

I brigatisti ne escono anche in questo caso politicamente sconfitti e isolati. Pure  la vasta partecipazione popolare alle assemblee di Torino contro il terrorismo mette in crisi Br e Pl, che constatano di essere semmai l’avanguardia di se stesse e di nessun altro.

E la crisi sfocia nel pentimento di Patrizio Peci capo colonna delle Br di Torino, che proprio 45 anni fa, il 1° aprile 1980, nella caserma dei Carabinieri di Cambiano decise di collaborare confessando, al sottoscritto e ai colleghi Mario Griffey e Alberto Bernardi, tutto quel che occorreva sapere per disarticolare le Br, offrendo anche spunti investigativi per intervenire sul versane Pl accelerandone la fine.

Fonte: Corriere della Sera/Torino

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