Con noi 650 ergastoli: La politica cos’ha fatto?
Da Antimafia 2000 apprendo che Maurizio Gasparri in polemica con Roberto Scarpinato ha detto : “Sarebbe bello che Caselli raccontasse un giorno quel che lui ha trovato arrivando a Palermo”.
L’ho già raccontato più volte ma Gasparri val bene una replica.
I quasi 7 anni che ho trascorso a Palermo cominciano con il ricompattamento della procura, che al mio arrivo era soffocata da una situazione ancora caratterizzata da forti contrapposizioni. Un gruppo di magistrati valenti (Scarpinato, Ingroia, Principato Teresi, Morvillo, De Francisci) si era autodimesso dal pool antimafia, in forte polemica col procuratore Giammanco (lo stesso col quale Borsellino si scontrò praticamente fino agli ultimi giorni di vita). E avevano invocato pubblicamente la sua sostituzione “con una guida autorevole e indiscussa” .
Era pertanto giocoforza mettercela tutta per fare della procura un blocco coeso. E quando mi incontrai con tutti i colleghi dell’Ufficio pochi giorni dopo la nomina, le mie parole furono chiare: “Qui si lavora in squadra tutti insieme e soprattutto non si guarda indietro, altrimenti andiamo a sbattere”. Il programma fu condiviso e attuato da tutti, senza riserve mentali. Nessuno si tirò indietro o remò contro.
I risultati non tardarono ad arrivare: beni mafiosi sequestrati per 5 miliardi di euro; svuotati arsenali con armi di tutti i tipi (missili compresi); 650 condanne all’ergastolo, oltre a svariate centinaia di condanne da trent’anni in giù, il più alto numero nella storia di Palermo; una slavina di pentiti; latitanti catturati mai così tanti né prima né dopo; fra loro, Santino di Matteo, che mi confessò di essere tra gli esecutori della strage di Capaci: il primo disvelamento di una verità attesa da un popolo intero.
Sembrava fatta ma qualcosa si inceppò quando ci occupammo anche di mafia e politica.
E qui forse potrebbe essere Gasparri a raccontarci qualcosa.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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