Riarmo Europa, i conti Von der Leyen non tornano
Consiglio europeo alle armi ma senza soldi. La paura del debito frena i governi ma resta ancora maggioritaria la voglia di una economia di guerra. La favola degli 800 miliardi di euro in armamenti, 150 di prestiti da finanziare con «eurobond», e il resto, ogni paese di tasca sua. Troppe tasche e teste vuote. Fine del rigore finanziario per le spese sulla difesa fino all’1,5 % del Pil. Mentre la BCE parla di ‘Euro digitale’!
Gli 800 miliardi virtuali
Gli 800 miliardi di euro per il piano di riarmo dell’Europa sono virtuali. E i governi europei non possono permettersi di chiederli a prestito dalla Commissione Europea, nemmeno con la promessa di restituirli dopo 45 anni. E nessuno sembra aver ancora trovano un modo per fare nuovo debito pubblico e spremere i cittadini con tagli e tasse in un’economia di guerra e poi farsi rieleggere. E l’austerità da recessione che diventa il più forte ostacolo pacifista e certi progetti di riarmo, nonostante la propaganda sul rilancio industriale a fabbricare più armamenti. Capi di Stato e di governo costretti a passare dall’estremismo ecologico contro le auto a benzina a quello patriottico dei carri armati pesantemente diesel. Conti in tasca e forse persino qualche resipiscenza morale.
‘Piatto servito’
«Al tavolo dove si sono seduti è stato servito un piatto condito con toni apocalittici e la melassa dei veti contrapposti», scrive con feroce ironia Roberto Ciccarelli sul manifesto. Perché, il vero segreto che per fortuna frena la smodata proposte corsa al riarmo europea, è che nessuno si fida molto della tedesca Von del Leyen, anche se nessuno può permettersi politicamente di dirlo. Ursula e il progetto di rilancio della Germania, l’unica forse ad essere capace oggi di applicare le regole del «ReArm Europe». Lo potrà fare grazie al blitz che ha cambiato la Costituzione.
Dazi di Trump permettendo, Berlino prevede mille miliardi in più di debito pubblico in armi, infrastrutture e un contentino per il War Green Deal per i Verdi locali. Su queste basi ora sta facendo pressing affinché anche gli altri governi facciano lo stesso.
Le armi ammazzano ma non fanno debito
Scorporo delle spese militari dal calcolo del debito pubblico previsto dal piano Ue di riarmo. Ma ci sono problemi. Molti e grossi problemi. A partire da casa nostra dove la pur volonterosa Maloni e il più scettico ministro Giorgetti, si sono finalmente accorti che il debito comunque si paga e gli interessi aumentano. Chi lo farà per i 650 miliardi previsti da Bruxelles?
Meloni tra un diversivo su Ventotene e un altro, sostiene che starà agli Stati decidere se e come aumentare il Pil. Sta prendendo tempo. Trump e la Nato vogliono una spesa militare al 3-5% del Pil e non aspetteranno a lungo.
Inciampo Kaia Kallas
Verità politica nascosta ma incontestabile: L’economia di guerra la pagano i cittadini con i tagli al Welfare e più tasse. E accade così che alcune forzature politiche dissennate, anche nel clima di solidarismo complice nell’Unione, saltino.
Respinto il piano da 40 miliardi per le armi all’Ucraina. Lo aveva presentato Kaja Kallas, la discussa commissaria agli esteri e vicepresidente della Commissione Ue. L’Italia –ad esempio-, avrebbe dovuto pagare tantissimo in base al suo reddito nazionale. Come nel caso dei fondi di coesione per le aree più povere del continente che si vogliono dirottare per il dazio sulle armi, ora si parla di «contributi volontari».
Kallas ha dovuto ripiegare su un «piano realistico» da 5 miliardi. Insomma per fare la guerra, bisogna trovare i soldi. All’Ucraina ieri 26 Stati Ue, tranne l’Ungheria di Orban, hanno comunque rinnovato un «sostegno incrollabile». Al risparmio.
«InvestUe» ed «euro digitale»
Segnale di ‘incoraggiamento’ al governo italiano con la proposta delle garanzie europee «InvestUe». Indirizzare «capitali privati» sul riarmo, che già di loro stanno arricchendosi smodatamente.
Qualcosa di simile alla creazione di una «Unione dei risparmi e degli investimenti» ripresa dall’Eurosummit e sollecitata dalla presidente della Bce Christine Lagarde, che parla anche di «euro digitale». Da aver veramente paura.
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