I tentacoli della mafia cinese nel nostro Paese
Si è tornati a parlare della “mafia gialla” dopo le recenti dichiarazioni di Luca Tescaroli, Procuratore della Repubblica a Prato, secondo cui alcuni gravi episodi di violenza ad imprenditori cinesi, verificatisi nella cittadina, sarebbero da collegare ad una disputa commerciale per il predominio di gruppi che operano con modalità mafiose sul mercato del tessile, diventato particolarmente lucrativo.
Il fenomeno dello sfruttamento nei luoghi di lavoro in aziende a conduzione cinese è stato oggetto anche di un sopralluogo fatto nei giorni seguenti da una delegazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in un’azienda pratese sottoposta a sequestro dalla magistratura.
Una numerosa comunità cinese è presente in Toscana, in particolare a Prato (con un distretto tessile molto sviluppato) e Firenze con propaggini nella provincia di Pistoia, Lombardia,Veneto, Emilia Romagna e Lazio.
In realtà l’allarme sulla criminalità cinese già venti anni fa veniva lanciato dai nostri Servizi di intelligence che, nella “55ma Relazione sulla politica informativa e della sicurezza” del primo semestre 2005, evidenziavano, tra l’altro, come un segnale di evoluzione della criminalità cinese in Italia poteva cogliersi “dalla sensibile estensione degli ambiti di intervento realizzatasi secondo un percorso che, imperniato sulla gestione dell’immigrazione clandestina di connazionali e sullo sviluppo di attività correlate (traffico di donne da avviare alla prostituzione, con la lucrosa gestione dei centri di massaggi, tipica attività di copertura, sfruttamento del lavoro illegale, falsificazione di documenti), ha favorito la penetrazione nel territorio e l’acquisizione di spazi crescenti nei settori commerciali e imprenditoriali”.
Nel tempo si sono aggiunti il traffico e lo spaccio di metamfetamina (shaboo, una droga sintetica molto diffusa tra i giovani cinesi), reati finanziari, illecite movimentazioni di denaro (fino al 2012 la Cina era la prima destinazione delle rimesse degli stranieri in Italia con picchi di oltre 2,7 miliardi di euro mentre negli ultimi anni è scivolata al 47° posto – ricorrendo, evidentemente, alle illecite rimesse di valuta), la gestione clandestina di giochi e scommesse, la contraffazione di prodotti commerciali.
Dalle relazioni periodiche (in genere semestrali) della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) presentate dal Ministro dell’Interno al Parlamento (vengono lette con la dovuta attenzione?) si evidenzia come la criminalità cinese sia basata essenzialmente su modelli gerarchicamente strutturati e incentrata su relazioni familiari e solidaristiche, ricordando anche come la Corte di Cassazione abbia da tempo sancito la mafiosità delle condotte criminali di alcuni sodalizi in Italia.
Il simbolismo, i riti, i giuramenti, un linguaggio specifico sono elementi che ricorrono in molte associazioni criminali del mondo e consentono di garantire condizioni migliori di segretezza creando una sorta di comune “patrimonio culturale”.
L’uso di simboli per intimidire le vittime è diffuso anche in Italia ed i criminali cinesi vi ricorrono spesso. I numeri cinque, tre, centootto, quattro, per esempio ricorrono spesso in varie manifestazioni delle associazioni segrete cinesi essendo riconosciuti loro capacità esoteriche.
Il numero cinque, è il numero di monaci fondatori della Triade, nome popolare dell’associazione segreta la cui nascita si fa risalire al 1674 quando alcuni monaci shaolin (buddisti) fondarono la prima Triade come fulcro della resistenza contro gli oppressori Manchu Cing, originari della Manciuria.
Le società segrete in Cina hanno rappresentato per molti secoli l’unica possibilità di migliorare le condizioni di vita dei più deboli e di sottrarsi al malgoverno e alla corruzione della burocrazia imperiale che ha adottato, sin dai periodi storici più antichi, norme specifiche per contrastare il sorgere di tali organizzazioni spesso alla testa di sollevazioni contadine per motivi di giustizia sociale.
Da molti anni ormai nella maggioranza delle comunità cinesi di emigrati la propensione ad associarsi è fortissima, ma questo non può lasciare spazio a interpretazioni sbrigative o che possono distorcere alcuni aspetti della tradizione cinese per arrivare tout court a modelli di criminalità.
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