La post democrazia americana di Trump e Musk
La politica di Trump a picconate, da irrisolto imprenditore edile, palazzinaro diremmo noi. Terrore vendicativo in casa per mano dello stragista d’impiego Musk, e nel mondo a colpi di dazi va e vieni. Dazi che fanno crollare la fiducia dei consumatori anche in casa, e nell’economia Usa volano solo oro e armi. Tutti i listini di Wall Street in ‘territorio di correzione’, cioè cali di oltre il 10% sul picco massimo. Male verso il peggio. Repressione studentesca e turisti a rischio.
La corsa all’oro
‘Effetto Trump spaccatutto’, la corsa all’oro come «bene rifugio». Previsto addirittura, a 3500 dollari l’oncia. Quello che in gergo si chiama «ricalibrazione dei mercati» spiega Luca Pandolfi sul manifesto. Risposta alle crescenti tensioni commerciali tra gli Stati Uniti e il resto del mondo che stanno mettendo a rischio l’economia planetaria.
Corsa all’oro anche da alcune banche centrali, come quella cinese. Ma di fatto un solo colpevole: la Trumpeconomics.
Oro e armi, binomio pericoloso
Con l’oro corrono soltanto i titoli delle multinazionali delle armi, da una sponda all’altra dell’Atlantico. Il piano di riarmo europeo, ancora sulla carta, sta già facendo la fortuna degli azionisti delle industrie produttrici.
In Italia, il valore delle azioni di Leonardo, tra cui i principali colossi finanziari americani (BlackRock, The Vanguard, Goldman Sachs, ecc.), è aumentato del 70% dall’inizio dell’anno. Oro e armi, un binomio che ci dice su quale brutta strada si è messo il mondo.
In America qualcuno trema
E proprio negli Stati Uniti crescono di giorno in giorno i timori di un deterioramento del quadro economico. JPMorgan ritiene possibile una recessione al 40%. la fiducia dei consumatori insegue: crollo del 27,1% su base annua.
L’America trema, a Pechino si fissa invece un obiettivo di crescita al 5% per quest’anno e si vara un robusto piano per rilanciare la domanda interna e mitigare gli effetti dei dazi di Trump. Come azzarda qualcuno in Europa, della politica protezionista Usa , «la Cina se la ride».
Trump va giù nei sondaggi
Nei primi 50 giorni di mandato l’indice di gradimento di Donald Trump scende di 11 punti: il 53% degli statunitensi disapprova la performance del presidente Usa, secondo il sondaggio della Quinnipiac University. Tra le manovre più contestate c’è lo smantellamento del dipartimento dell’educazione, respinto dal 60% degli intervistati, insieme alla guerra sui dazi al Canada, dal 58%, e al Messico, dal 56%.
Anche sull’immigrazione, cavallo di battaglia della sua campagna elettorale, il 49% degli interpellati ritiene che il tycoon non stia facendo un buon lavoro al confine.
Esteri: Zelensky meglio di Trump
Rispetto alla politica estera, i votanti approvano addirittura più Zelensky, con il 43%, rispetto a Trump, che non supera il 42%. Anche altri sondaggi di Reuters, Cnn e Center Forward, mostrano un declino nel gradimento di Trump da quando è stato eletto.
Cresce solo la repressione studentesca
Agenti del dipartimento per la Sicurezza nazionale, nei dormitori della Columbia University. La mattina successiva una piccola manifestazione di protesta è stata sufficiente a provocare l’intervento della polizia, arrivata alla Columbia con un furgone pieno di barricate per circondare la zona, e degli elicotteri per controllare dall’alto. «Per arrivare a questo risultato, l’anno scorso è servita l’occupazione del campus – denunciano i testimoni nel quartiere – ora basta un gruppetto di manifestanti pacifici».
Prestigio accademico gettato via
La prestigiosa Columbia University ha infirmato via email che il consiglio disciplinare ha emesso delle sanzioni pesanti contro gli studenti che ad aprile 2024 avevano occupato la Hamilton Hall per protestare contro la guerra a Gaza. L’università non ha comunicato il numero degli studenti espulsi, sospesi o ai quali sono state revocate le lauree, limitandosi ad affermare che questi provvedimenti sono il risultato di «un processo investigativo durato mesi e udienze individuali condotte dal Consiglio disciplinare universitario».
Ricatto reazionario
Tutto monitorato dai deputati repubblicani che con la minaccia di cancellare miliardi di dollari in finanziamenti federali hanno ottenuto i registri disciplinari degli studenti coinvolti nelle proteste.
La manovra arriva inoltre mentre l’università è nel caos per l’arresto e la tentata deportazione di un suo studente laureato, e attivista palestinese, Mahmoud Khalil, nonostante sia negli Usa con un permesso permanente, la carta verde, e sposato con una donna americana. Ora Khalil è detenuto in centro per migranti della Louisiana.
Post democrazia e turismo pericoloso
Sempre a New York circa 100 persone sono state arrestate durante un sit-in organizzato da Jewish Voice for Peace alla Trump Tower, per chiedere il rilascio di Khalil. Ciò che preoccupa è la disinvoltura con cui vengono fermati e incarcerati per minime mancanze burocratiche dei soggetti protetti da visti e carte verdi.
Arrestati e detenuti più turisti europei entrati legalmente con il visto, come nel caso di una ragazza inglese, Becky Burke, arrestata al confine col Canada e messa in isolamento mentre era in viaggio attraverso il Nord America, «a causa di un errore nel visto». I tedeschi Jessica Brösche e Lucas Sielaff, sono stati trattenuti in due episodi separati alla frontiera con il Messico, rispettivamente per 46 e 16 giorni, dopo essere stati incatenati, detenuti e infine espulsi, nonostante avessero entrambi un visto turistico.
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