L’assassino ha preso di mira un centro di formazione professionale frequentato soprattutto da immigrati, armato fino ai denti, ha indossato una divisa militare prima di aprire il fuoco, un sopravvissuto ha raccontato di aver udito un grido durante l’attacco: Via dall’Europa! Tra le vittime, persone di origine siriana, bosniaca ed una donna, raccontano i media, di origine africana che si occupava da sola dei suoi quattro figli.
Le autorità svedesi per ora non hanno accreditato il movente terroristico-razzista, prevale una spiegazione “riduzionista”, si dice che il killer era un sociopatico, che viveva isolato, con disturbi mentali. Un “pazzo” insomma e chissà se è proprio così o se qualcuno si è messo in testa che sia meno allarmante parlare di pazzi piuttosto che di terroristi imbottiti di odio? Un “pazzo” come quelli americani che entrano nelle scuole e fanno fuoco per sfogare torve frustrazioni e non un assassino imbevuto di intolleranza e di “soluzioni finali”.
Un “pazzo”, soprattutto agli occhi di certa stampa italiana, era parso anche Breivik che il 22 Luglio 2011 aveva massacrato 69 giovani sull’isola di Utoya, dopo aver già ucciso ad Oslo soltanto per creare un diversivo. Ma fu Breivik stesso ad incaricarsi personalmente di smentire tutti i “riduzionisti” rivendicando apertamente il movente politico che lo aveva portato a realizzare la strage: quei giovani, nemici della vera Norvegia, avevano meritato la morte perché da socialisti quali erano si stavano formando ad una politica laica, pluralista, democratica, inclusiva.
Breivik a differenza (che si sappia) dello stragista svedese, non soltanto redasse un lungo e puntuale manifesto politico, ma lo inviò a centinaia di riferimenti in tutta Europa prima di compiere l’orrendo attentato e non passa giorno senza che qualcuno lo scarichi dal web e senza che qualcuno scriva appassionate lettere (comprese innumerevoli proposte di matrimonio) al delinquente attualmente incarcerato.
Mi chiedo se una certa prudenza nel parlare apertamente di atti terroristici animati da razzismo suprematista, lungi dal creare meno allarme sociale, non serva piuttosto a contenere l’avversione agli effetti “collaterali” delle proposte politiche delle destre illiberali, anti democratiche e nazionaliste che stanno avendo un consenso sempre più dilagante. Sarebbe una forma di complice autocensura, una rimozione colpevole e pericolosa, una compiacenza verso gli astri neri della politica occidentale semplicemente criminale.
Quanti “gradi di separazione” esistono tra il grido “Via dall’Europa!” e la “remigrazione” propugnata dai sedicenti patrioti? Quanti ne esistono tra quel grido e i centri di detenzione in Albania? Tra quel grido e i nuovi signori del tecno-capitalismo globale, con i loro vassalli premurosi, ai quali i “neri” piacciono soltanto se torturano neri più neri?
Il premier svedese, Ulf Kristersson, un paio di giorni fa ha rotto il silenzio ed ha parlato al Paese dicendo, tra l’altro, “La responsabilità dell’attacco è di colui che ha compiuto questo terribile crimine, ma la responsabilità per aiutarvi a riprendere le vostre vite, dobbiamo prendercela insieme”.
Ci sono due modi per “riprendersi” le proprie vite ed andare avanti dopo fatti del genere, uno agisce lungo la coppia rimuovere-arroccarsi, l’altro lungo la coppia comprendere-cambiare. Il primo è più comodo ma porta alla guerra, il secondo è estremamente più complicato ma tende alla pace. Il primo è quello che negli anni 30 del secolo scorso condusse alla seconda guerra mondiale, il secondo è quello che da Ventotene portò all’Unione Europea ed alla Dichiarazione Universale dei diritti umani.
Oggi? Credo esista un solo orizzonte da indicare capace di far volgere lo sguardo a milioni di cittadini europei, capace di rifondare una speranza fattiva in un futuro migliore: la Repubblica federale d’Europa.
Gli Stati Uniti d’Europa avremmo dovuto farli nel 2004, da tempo ormai la retorica nazionalista si è mangiata la funzione positiva e propositiva degli Stati nazionali che hanno fondato l’Unione Europea. Esiste soltanto un’altra forza democratica capace di ribaltare un destino che pare purtroppo già scritto ed è quella del Parlamento europeo, unica Istituzione legittimata direttamente dal voto di 360 milioni di cittadini.
Fa bene Loretta Nopoleoni a concludere il suo ultimo post ricordando la profezia di Jean Monnet: “L’Europa sarà costruita attraverso le crisi”, facciamo in modo che da questa si esca non soltanto con una maggiore spesa militare, ma con un rinnovato patto di convivenza. Facciamo nascere la Repubblica federale d’Europa.