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“Un’aggressione quotidiana. il Governo attacca le toghe per distrarre la massa”

Irene Famà * il . Costituzione, Diritti, Giustizia, Interviste e persone, Istituzioni, Politica

L’ex magistrato Gian Carlo Caselli: “Chi non la pensa come loro diventa un pericolo. Così si minano i pilastri fondamentali dello Stato di diritto”.

“Siamo ad un livello intollerabile”. Gian Carlo Caselli, alle spalle una lunga carriera da magistrato, riflette sui delicati equilibri politici e sul rapporto tra governo e toghe. La richiesta di accelerare i tempi per una commissione d’inchiesta sui magistrati, l’ipotesi di un ritorno all’immunità parlamentare, le critiche continue.

“Da parte del governo sta crollando in modo evidente e clamoroso il rispetto dovuto, in ogni ordinamento democratico, alla sua magistratura e alla sua indipendenza. E io sono preoccupato”.

Da cosa?

“Siamo ad un livello che mette in pericolo i pilastri fondamentali dello Stato di diritto”.

Eccessivo parlare di scontro quotidiano?

“Credo sia più corretto parlare di una quotidiana aggressione a quelle toghe che osano ancora, nel rispetto della legge, prendere decisioni che al governo non piacciono”.

Pensa a un caso in particolare?

“Tutti quei magistrati che fanno scelte che il governo non condivide devono ormai mettere in conto di dover subire duri attacchi. Come se fossero nemici della nazione”.

Il procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, è stato travolto dalle polemiche dopo aver indagato il governo sul caso del generale libico. Si riferisce a lui?

“In questo caso il governo più che con la magistratura, ce l’ha con se stesso”.

Con se stesso?

“Sì. Non sa più come uscire da due problemi che sono sul tappetto e che esso stesso ha creato. La faccenda del generale libico, appunto, e il pacchetto sicurezza”.

Partiamo dalla questione Almasri.

“La decisione di rimandarlo libero in Libia è una decisione che ancora oggi il governo non ha spiegato né al Parlamento né al paese. Si tratta di una decisione incomprensibile, salvo che l’esecutivo non sappia dare una spiegazione accettabile”.

La premier ha detto che ha scarcerarlo sono stati i giudici.

“Piuttosto che affrontare il merito della questione ed eventualmente assumersi le proprie responsabilità, il governo preferisce, come si usa dire, buttarla in caciara. Attaccando la magistratura e presentandola come incapace, se non peggio”.

Attacchi strumentali?

“Un giorno sì e l’altro anche, la premier Meloni dichiara di non essere ricattabile, ma non dice assolutamente nulla che aiuti a capire da chi e perché. Ne vien fuori una cortina fumogena dietro la quale la premier finisce per nascondersi rifiutando ogni confronto politicamente serio come dovrebbe avvenire in democrazia”.

Altro problema, diceva, è il pacchetto sicurezza. Perché?

“È il più grande attacco alla libertà di protesta della storia repubblicana, un provvedimento diretto a infondere paura invece che sicurezza, che non tutela i diritti ma il potere, che punta a creare sudditi invece di cittadini”.

Davvero nulla da salvare?

“Condivido le conclusioni del professor Roberto Cornelli, dell’Università degli studi di Milano, che ricorda come “ogni torsione autoritaria sia accompagnata o anticipata da strette repressive presentate come necessarie per garantire la sicurezza”. Un ammonimento che il nostro Paese non può permettersi di sottovalutare”.

E il ruolo delle toghe?

“Si preferisce dare addosso alla magistratura come metodo di distrazione di massa rispetto ai problemi che davvero dovrebbero interessare”.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha sottolineato diverse criticità della magistratura.

“La lista di “perle” che ha inanellato è molto lunga. Dai mafiosi che non parlano al telefono all’inesistenza di reati spia per la mafia, dalla garanzia offerta come vecchio pubblico ministero che la separazione delle carriere non comporta alcuna subordinazione al potere esecutivo, esattamente quello che invece avviene in tutti i paesi in cui vi è la separazione. E poi la questione del generale libico. Siamo al teatro dell’assurdo”.

Addirittura?

“Oggi il ministro si rifiuta di dare qualunque spiegazione sul caso che pure lo ha visto protagonista in un ruolo centrale, perché, così ho letto, non ha avuto il tempo di consultare un documento di quaranta pagine scritto in inglese. Ribadisco: siamo al teatro dell’assurdo”.

* La Stampa

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