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A Fiumicello una vera e propria onda gialla per Giulio Regeni

Fabiana Martini il . Costituzione, Cultura, Diritti, Friuli Venezia Giulia, Giovani, Giustizia, Memoria, Politica, Progetti e iniziative

È un 25 gennaio diverso quello che abbiamo celebrato quest’anno: il nono senza Giulio, il primo da quando è iniziato il processo.

Un processo che non sarebbe mai partito senza la tenacia, che è per tutti noi una bussola come ha ricordato Vinicio Capossela, e la determinazione della famiglia Regeni e dell’avvocata Ballerini, che in questo tempo sono diventate un “noi” più grande, una vera e propria onda gialla, che ha creduto e continua ostinatamente a credere nella giustizia nonostante tutto: nonostante i depistaggi e i rifiuti a collaborare da parte dell’Egitto, nonostante i tentativi di parte delle nostre istituzioni di normalizzare i rapporti con quello che l’Italia continua a considerare un Paese sicuro, con cui fare affari e dove andare in vacanza, sebbene le udienze che dal 20 febbraio 2024 si sono susseguite stiano dimostrando che nei confronti di Giulio — un ricercatore dal metodo rigorosissimo, potente simbolo dell’amore per la conoscenza e la libertà, come lo ha definito la senatrice a vita Elena Cattaneo — c’è stata tortura.

Ma è proprio in questi momenti che bisogna rafforzare l’impegno: per non far diventare normale ciò che normale non è, come ha detto Pif; per fare in modo che non accada più, come ha detto Giuliano Foschini, perché sta proprio qui il senso del nostro lavoro di giornalisti, nello squarciare il buio, ha detto Marco Damilano, quel buio che avvolge la vicenda di Giulio Regeni come quella di Mario Paciolla, di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, di Andy Rocchelli, di Alberto Trentini, detenuto in Venezuela dal 15 novembre.

Perché se pezzetti di verità vengono a galla è anche grazie al lavoro dei giornalisti, giornalisti come Nello Scavo che ha portato alla luce il caso Almasri, il torturatore libico che dopo esser stato arrestato in seguito a un mandato di cattura della Corte Penale Internazionale è stato liberato e rimpatriato con un volo di Stato: lo ha ricordato il presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli, confermando l’impegno dell’ente a fare da scorta mediatica per chiedere giustizia e fare in modo che non accada a nessun altro quanto è accaduto a Giulio, che non è — è bene ricordarlo ancora una volta — una vicenda privata, un affare di famiglia, perché la tortura, come sottolineato da Alessandra Ballerini, è un crimine contro l’umanità.

Il processo è finalmente iniziato, ma la strada è ancora lunga, ha detto Luigi Vignali, direttore generale per gli italiani all’estero: il cammino verso la verità è lungo e non esente da passi falsi, ha proseguito citando Nelson Mandela, «perché la giustizia non è il privilegio di pochi, ma un diritto che appartiene a tutti».

Per acquisirlo, per attuare pienamente la nostra Costituzione rimuovendo gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana, serve un passo ulteriore, ha dichiarato Gherardo Colombo, che ha ringraziato il Governo dei Giovani del Comune di Fiumicello Villa Vicentina, che Giulio aveva presieduto per due anni, per aver proposto la gentilezza come motore delle relazioni: la gentilezza — ha detto il magistrato — sta anche nella nostra Costituzione, che parte dal riconoscimento della dignità di ogni persona. C’è un cammino da fare insieme e il calore dimostrato dal popolo giallo stasera e in tutti questi nove anni dimostra che la voglia e la disponibilità a mettersi in gioco non mancano e oggi sono più necessarie che mai.

Perché la Costituzione repubblicana, democratica e antifascista nata dalla Resistenza non piace a tutti, ma questo non può essere un alibi al disimpegno, alla rassegnazione: come accadde in Inghilterra nel 1942, quando al King’s College di Cambridge decisero di andare sul tetto due alla volta per limitare i danni delle bombe incendiarie lanciate dall’aviazione tedesca per vendicare la distruzione di Lubecca — leggendario tra i vari turni quello, ricordato da Gianni Cuperlo, che mise insieme gli economisti Keynes e Hayek —, così anche oggi, quando cadono delle bambe incendiarie che cancellano la dignità delle persone (può capitare ad esempio in una commissione parlamentare, quando ci si ostina a definire l’Egitto un Paese sicuro nonostante delle persone rischino la vita per testimoniare che lì si pratica la tortura), bisogna uscire di casa e imbracciare un badile: lo hanno fatto Paola e Claudio Regeni per difendere la dignità di Giulio e la libertà di tutte e tutti noi.

A cominciare da quella di Alberto Trentini, un altro ragazzo italiano che è andato dall’altra parte del mondo per aiutare ed è ora detenuto da un regime autoritario, come quello che ha inghiottito Giulio, come quello che deteneva Antonio Gramsci, una cui lettera era stata lasciata sulla tomba di Giulio.

Il nome di Trentini è risuonato continuamente durante la serata, condotta magistralmente dal giornalista Beppe Giulietti, coordinatore nazionale di Articolo 21, l’associazione che sin dal primo istante ha sposato la richiesta di verità e giustizia per Giulio e per tanti che ancora attendono la attendono.

Una serata di parole e musica, dove non è mancata l’ironia: anche questa, come ha detto Lella Costa in chiusura rivolgendosi in particolar modo a Paola e citando Romain Gary, è una dichiarazione di dignità, è l’affermazione della superiorità dell’essere umano su quello che gli capita.

E con quello che le è capitato la famiglia Regeni avrebbe potuto rinchiudersi nel proprio dolore, mentre ha scelto di condividerlo, costruendo comunità e maggiore sicurezza e sfidando l’individualismo che genera l’indifferenza. E l’indifferenza — ce lo ricorda sempre quel ragazzo italiano di nome Antonio Gramsci — non è vita: chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano.

* Portavoce Articolo 21 Friuli Venezia Giulia


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