“Gesù Bambino non esiste”. Caro Maestro, ma che “verità” è se uccide soltanto i sogni?
Caro Maestro, in questa antivigilia di Natale vorrei scriverle una letterina inquieta e gentile.
Come vede, ho scritto la “M” usando la maiuscola. Ho infatti un immenso rispetto per il suo lavoro. Ho avuto nella mia infanzia grandi maestri, a partire dal Maestro Francesco Botto, ex ufficiale degli alpini che alle comunali di Porta Nuova a Milano ci insegnava la geografia con la cartina muta.
Di più. Sono convinto, e ho scritto più volte, che l’Italia repubblicana abbia retto all’urto della violenza mafiosa perché, mentre lo Stato barcollava, migliaia di maestre invece di arretrare facevano due passi avanti in nome della Costituzione e dell’amore per il futuro dei propri alunni.
Nulla dimentico di questa storia gloriosa. Perciò mai mi intrupperò tra i genitori affetti, nonostante il titolo di studio, da quella povertà educativa che li porta a schiamazzare contro gli insegnanti dei propri figli.
Però vorrei muoverle con delicatezza un appunto. Perché Lei, proprio Lei, seppur con un nome che non conosco, ha compiuto -certo inavvertitamente- un gesto di pacifica violenza verso un mio nipotino. Il quale guarda al mondo con occhi che appaiono stelline. Sia che veda i cartoni animati, sia che faccia rimbalzare verso l’alto una palla ai giardinetti o sul pavimento di casa, sia che riceva un “bravissimo” a scuola per un bel disegno.
Ebbene, l’altro giorno, proprio avvicinandosi il Natale, quegli occhi portavano i segni della delusione, perfino un’ombra di tristezza.
Perché Lei, che non ha compiti diretti nella sua educazione in classe, incrociandolo per ragioni contingenti e sentendolo parlare con toni sognanti delle feste in arrivo ha pensato bene di rivelargli quel che un bimbo delle elementari non vorrebbe mai sentirsi dire: ossia che Gesù Bambino non esiste, che i regali glieli fanno i suoi genitori. Che non ha più l’età per credere alle favole.
Per quanto mi sia quasi abituato agli arbìtri altrui, confesso di non riuscire a capacitarmi di questa sua volontà di infrangere i cristalli di una fantasia infantile. Quale impulso l’ha portata a irrompere in quella fantasia e a colpirla con una mazza ferrata (metaforica, si intende)? Lo ha guardato in faccia mentre lo incamminava alla “verità”, nostra guida e maestra?
Certo non possiamo vivere di miti e di leggende. Ma non è forse questa un’epoca in cui, non nell’interesse del mio nipotino ma nell’interesse dell’umanità, almeno certi miti e leggende -tra guerre e violenze di ogni genere- dovrebbero essere amorevolmente tutelati, protetti?
Forse ha voluto ribaltare su un bambino sconosciuto e indifeso la sua comprensibile frustrazione davanti alle offese che si ripetono verso il suo ruolo e verso il suo lavoro?
O magari ha pensato che questa società per diventare finalmente adulta deve liberarsi delle false promesse, delle narrazioni ciarlatane, delle illusioni che poi ci portano ad applaudire i dittatori? O, ancora, ha pensato che la società dei lumi non può più convivere con la superstizione delle religioni? O addirittura (me lo chiedo perché voglio capire) ha pensato che in una società multietnica la scuola pubblica non debba assecondare credenze che appartengono a una sola religione?
Vede, io penso che se i genitori non devono sostituirsi ai professori, così i professori non devono sostituirsi ai genitori.
Sa, essendo anch’io persona di lettere come Lei, sto seguendo un amico impegnato a scrivere un libro sui ladri. Il quale sostiene che la punizione più dura dovrebbe spettare, fra tutti loro, a una tipologia speciale, ossia i “ladri di sogni”.
Perché? Ma è ovvio: perché, come scolpì per sempre Calderón de la Barca, “la vida es sueño”.
Già i beni spirituali di cui dispongono i bimbi di oggi sono in ritirata rispetto ai beni materiali. Quei pochi che hanno lasciamoglieli. Perché sono vita. “Pura vida”, come dicono in Costa Rica. “Pura vida”: ha capito?
Il Fatto Quotidiano, Storie Italiane, 23/12/2024
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