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Ma il Governo non può controllare la Giustizia

Gian Carlo Caselli il . Costituzione, Diritti, Giustizia, Istituzioni, Migranti, Politica

Mai dire mai! Una formula che non condivido se riferita alla mutazione delle idee su questioni rilevanti. A comportarsi come banderuole, sono gli uomini incoerenti e inaffidabili (quelli non verticali, direbbero gli spagnoli).

Oggi però faccio un’eccezione (eccoci: mai dire mai…) a riguardo di Matteo Salvini, perché sento di doverlo ringraziare per quel che ha detto a Palermo dopo l’assoluzione piena nel processo Open Arms.

Lo so bene. Più d’uno mi chiederà subito: ma non eri tu quello che non accettava che un politico accusato di un qualche reato si difendesse non “nel” ma “dal” processo? Per esempio organizzando, nel caso di sentenza sfavorevole, manifestazioni di piazza dei propri sostenitori? Non eri tu che consideravi questo tipo di comportamenti ai limiti della intimidazione?

Le obiezioni sono giuste, devo ammettere a capo chino. Ma rispetto a quel che pensavo ieri la situazione si è capovolta. Mi riferisco alle dichiarazioni di Salvini dopo la a sentenza di Palermo che lo ha assolto perché il fatto non sussiste, contro la richiesta di una pesante condanna da parte del Pm. Salvini ha detto: a Palermo le cose hanno funzionato bene; quello che si è visto ieri a Palermo (chi inquisisce separato da chi giudica) deve diventare normalità; occorre quindi riformare la giustizia introducendo la separazione delle carriere.

Ed è a questo punto che è scattato in me l’impulso irrefrenabile di cambiare idea su Salvini fino a ringraziarlo.

Eh sì, perché Salvini in sostanza ha ammesso una cosa importante: per non correre il rischio che in futuro possa esservi qualche altro Pm cui venga in mente l’idea balzana di sottoporre un politico al controllo di legalità previsto per tutti i cittadini della Repubblica, facciamo in modo che il potere esecutivo possa impartirgli direttive su che cosa fare o non fare, così da evitare che prenda iniziative scomode o spiacevoli per i politici che vogliano essere lasciati in pace.

Proprio questa è la finalità ultima della separazione delle carriere: subordinare il PM al potere esecutivo, in modo che se ne stia buono buono nel suo angolino e ne esca soltanto quando piaccia a Sua Eccellenza il Guardasigilli, alias Ministro della giustizia. I politici – anche solo un po’ avveduti – sanno bene che le cose stanno così e che tutto il resto non è che fumo e propaganda. Dunque, grazie a Salvini per averci di fatto disvelato il vero in tema di separazione.

Salvini ha anche raccontato una sua telefonata con Piersilvio Berlusconi, nella quale ha rivendicato il proposito di portare a compimento la riforma per una giustizia giusta iniziata dal padre. Senonché mai (con riserva di vedere che cosa farà Trump) nel mondo delle democrazie occidentali è accaduto che l’esercizio dell’azione penale nei confronti del capo del Governo abbia determinato la contestazione in radice del processo e la delegittimazione pregiudiziale dei giudici (indicati tout court come avversari politici).

Questo è, invece, ciò cui si è assistito nel nostro Paese, in un crescendo che ha visto, oltre all’attacco quotidiano a Pm e giudici, l’indicazione dell’attività di indagine come “colpo di Stato”, la denuncia in sede penale degli inquirenti, la pressoché continua sottoposizione a ispezioni ministeriali e azioni disciplinari dei magistrati preposti ai processi, l’approvazione di almeno tre leggi ad personam (una nuova disciplina delle rogatorie, la legge Cirami e il “lodo Schifani”, destinati rispettivamente a rendere più difficile l’accertamento della verità, a sottrarre il processo al giudice naturale e ad allontanare indefinitamente nel tempo la celebrazione di un dibattimento), fino alla pesante pressione operata dalla maggioranza del Senato (con mozione approvata il 5 ottobre 2001) per indicare ai giudici la “esatta interpretazione della legge”.

Tutto questo, secondo il Cavaliere, è stato reso necessario dall’esistenza di un complotto giudiziario. E allora, quello di B. non è certo un modello da rivendicare e seguire come vorrebbe invece Salvini.

Fonte: La Stampa

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