Al fianco di chi difende in modo nonviolento la nostra Democrazia
Contro il Decreto Sicurezza in discussione al Senato, Libera e le associazioni in rete firmano un documento condiviso.
“Che cosa vuol dire libertà, che cosa vuol dire democrazia?
Vuol dire prima di tutto fiducia del popolo nelle sue leggi:
che il popolo senta le leggi dello Stato come le sue leggi,
come scaturite dalla sua coscienza, non come imposte dall’alto”
(Piero Calamandrei)
Verso il 14 dicembre 2024 e al fianco delle realtà e delle persone che difendono in modo nonviolento la nostra Democrazia fondata sulla Costituzione antifascista.
Il DDL 1236, già passato in prima lettura alla Camera e ora in discussione al Senato, fa parte di un’idea pericolosa di Giustizia che si va delineando in questi mesi: indebolisce gli strumenti di lotta a mafie e corruzione e rafforza i reati penali nei confronti dei più deboli.
Il decreto prevede l’introduzione di una serie di nuovi reati, nonché molte circostanze aggravanti a reati già esistenti, che vanno deliberatamente a colpire l’area della manifestazione del dissenso e le sue modalità di espressione, specie nei luoghi, e tra le persone, ove più acutamente emergono disagio, diseguaglianza, povertà, e dove pertanto è più probabile che tale dissenso si esprima in pubbliche manifestazioni di protesta.
Il decreto rappresenta un attacco al diritto di sciopero, un diritto fondamentale sancito dall’articolo 40 della nostra Costituzione. Criminalizzando forme di protesta come i blocchi stradali e i picchetti (con pene che possono arrivare fino a due anni di reclusione) si tenta di colpire le lavoratrici e i lavoratori che lottano per la difesa dei loro diritti e per condizioni di lavoro sicure e dignitose. Questo provvedimento si inserisce in un disegno più ampio che mira a ridurre lo spazio democratico e delegittimare chi sceglie di opporsi pacificamente a decisioni inique.
Il DDL sicurezza ha un’idea di sicurezza concentrata sulla creazione di nuovi reati che puniscono severamente chi arriva nel nostro Paese, chi dissente e protesta per i propri diritti, per il proprio futuro, in difesa dei beni comuni e del Pianeta.
Non sembra una legge sulla “sicurezza”, ma piuttosto un provvedimento diretto a infondere paura. La Costituzione presuppone e riconosce le persone che attraversano condizioni di marginalità, i gruppi sociali che lottano per la propria dignità e per il riconoscimento dei propri diritti siano protagonisti di una società che li ricomprende, e non considerati abusivi per un governo che li espelle. Negando il dissenso e reprimendo forme di manifestazione pacifica si spinge chiunque si trovi in una situazione di svantaggio a non sentirsi più legato da alcun patto sociale, con il rischio di conseguenze gravi per la convivenza democratica.
Sono molte le disposizioni contenute nel DDL n. 1236 che sembrano mettere in discussione questi capisaldi costituzionali: una misura volta a colpire migranti, detenuti e detenute, senza dimora, minoranze che possano manifestare qualsiasi tipo di dissenso.
Si inseriscono venti nuovi reati penali con pene fino a 6 anni di detenzione, tra cui: la resistenza passiva, il reato di rivolta in istituto penitenziario, anche in caso di resistenza non violenta; i blocchi stradali che diventano reati con pene fino a due anni di reclusione; il carcere anche per le donne incinte o per quelle con figli di età inferiore a un anno; pene fino a vent’anni per chi protesta nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) e nelle carceri, il reato di occupazione arbitraria di un immobile.
Una proposta di legge rivolta in primis a chi lotta per la giustizia ambientale, alle studentesse e agli studenti che difendono il diritto a scuole e università pubbliche, alle lavoratrici e ai lavoratori che per difendere il posto di lavoro scelgono di fare picchetti, blocchi o iniziative legittime. Più grave ancora è che si vieterà ai migranti cosiddetti irregolari l’uso del cellulare, vincolando l’acquisto della sim telefonica al possesso del permesso di soggiorno.
Misure punitive che violano i principi di solidarietà e diritti umani, tra cui l’estensione della detenzione amministrativa fino a 18 mesi e limitazioni all’accoglienza diffusa: ridurre le possibilità di accoglienza nei piccoli comuni significa spingere i migranti verso marginalità e ghettizzazione, rendendo più difficile l’integrazione e alimentando tensioni sociali. Inoltre, suscita allarme l’articolo 31 della norma, che aumenta i poteri dei Servizi di Informazione per la Sicurezza, in ordine all’estensione delle condotte di reato per le quali non sono imputabili, consentendo agli operatori di ampliare la propria azione, anche accedendo alle banche dati delle Procure e di altri organismi nevralgici dello Stato, con l’esclusiva autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri. Molti dei familiari delle vittime innocenti di mafie e terrorismo ad oggi non conoscono la verità proprio a causa di depistaggi dei servizi segreti deviati.
Noi abbiamo un’altra idea di sicurezza. Quella chiesta nelle piazze dalle donne che denunciano le troppe vittime di femminicidio; la sicurezza che invocano le lavoratrici e i lavoratori che continuano a morire sui luoghi di lavoro; quella di coloro che chiedono in primis sicurezza sociale e misure di welfare che rispondano ai bisogni primari. Il DDL 1236 è un tassello pericoloso che rischia di minare i principi chiave della nostra democrazia. A minor Stato sociale corrisponde più Stato penale, mettendo in luce la natura selettiva delle scelte rivolte a colpire prevalentemente “gli esclusi”.
La sicurezza sottesa al disegno legge è declinata come ordine pubblico, in un’accezione repressiva, distante dal disegno costituzionale. Le leggi devono tutelare i diritti, non il potere. Devono promuovere la giustizia sociale, non le disuguaglianze e le discriminazioni. Nessun decreto può mettere il bavaglio ad espressioni di libertà, sacre in democrazia, in un’epoca in cui rischiamo di essere schiacciati dal cinismo e dall’indifferenza.
A questa idea ci opponiamo, mobilitandoci come è nel nostro dna: quello nonviolento, di chi opera nei territori per costruire una società fondata sulla giustizia sociale ed ambientale.
Hanno aderito le seguenti realtà in rete con Libera: ACLI, ACSI, ANPI, ARCI, Auser, CGIL, CNCA, Cooperare con Libera Terra, CSV Net, FLAI, Fondazione Finanza Etica, Fondazione Gruppo Abele, Fondazione Nazionale Interesse Uomo, FUCI, LAV, Legambiente, Link coordinamento universitario, MASCI, PAX Christi, Pro Civitate Christiana, Rete della Conoscenza, Rete Studenti Medi, SPI, Unione degli Studenti, Unione degli Universitari, UISP, US ACLI.
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