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Colosimo indica la via italiana contro mafia e corruzione ma il governo va in direzione opposta

Davide Mattiello il . Corruzione, Costituzione, Diritti, Istituzioni, Mafie, Memoria, Politica

Applausi per l’intervento ispirato della presidente della Commissione parlamentare antimafia, on. Chiara Colosimo, che ha rivendicato con orgoglio quanto fatto dall’Italia trent’anni fa contro la doppia emergenza mafia e corruzione, nell’ambito di un luccicante convegno dedicato alla “diplomazia giudiziaria” ovvero alla cooperazione internazionale svoltosi nella Giornata mondiale contro la corruzione.

Peccato che oggi questo governo di eredi-al-quadrato (del Duce e di Berlusconi) stia minando alla radice quanto di più prezioso resti di ciò che permise all’Italia di reagire con efficacia alla minaccia mortale rappresentata dalla violenza terroristico-mafiosa e dalla degenerazione pubblica legata alla corruzione. Il Sud America, che secondo Colosimo vive oggi quello che l’Italia visse trent’anni fa, prenda pure esempio da quanto fatto allora, ma si guardi bene da quanto combina oggi chi sta al governo.

L’Italia di trent’anni fa, quella delle bombe del ’92 e del ’93, quella di Mani Pulite, quella del crollo, della paura, del dolore, ma anche quella del riscatto, della reazione civile e politica, quella della memoria e della giustizia, a cosa deve la rimonta dal baratro?

Certamente a quelle leggi che, soprattutto sul piano della risposta alle mafie, attrezzarono come mai prima il nostro Paese nel terribile decennio 1982-1992: la mafia come reato associativo ovvero il 416 bis cp, il carcere “duro” col 41 bis (che i mafiosi avrebbero però già potuto vedere svaporare nell’estate del 1992, se a qualcuno non fosse venuto in mente quel “pessimo affare” della strage di Via D’Amelio…), l’aggressione ai patrimoni di origine mafiosa anticipata rispetto alla condanna penale, l’ergastolo ostativo in assenza di collaborazione con lo Stato, le carceri “speciali”, i benefici per i collaboratori di giustizia, la Direzione investigativa antimafia, la Direzione nazionale anti mafia (alias Procura nazionale Antimafia ed Antiterrorismo) e via seguitando.

Ma è sufficiente questa risposta? E’ una risposta corretta, ma non sufficiente.

Intanto perché non spiega quanto avvenne a Milano contro la corruzione sistemica che aveva avvelenato profondamente il rapporto affari, politica ed infettato da allora in maniera grave ed irrisolta il rapporto tra politica e cittadinanza: Mani Pulite non si avvalse di norme nuove anti corruzione, come invece fecero dal 1984 i magistrati palermitani che istruirono il maxi processo contro Cosa Nostra.

Ma soprattutto perché questa risposta non coglie il senso profondo di quello che accadde. Quello che accadde fu reso possibile principalmente da una postura etica e da alcune scelte politiche conseguenti. Quale? L’uguaglianza davanti alla Legge senza distinzione alcuna, come principio scatenante la promessa di libertà e giustizia della nostra Costituzione. Una postura etica eretica, diremmo oggi.

La postura del Generale dalla Chiesa che avvertì Andreotti che sarebbe andato a Palermo a fare ciò che il governo gli chiedeva, ma che non avrebbe avuto alcun riguardo per i “grandi elettori” della DC che facevano riferimento al Presidente del Consiglio. La postura di magistrati come Turone e Colombo quando trovarono gli elenchi, parziali (!), della P2 a Castiglion Fibocchi, che fu la postura di Tina Anselmi nel presiedere la Commissione parlamentare d’inchiesta. La Anselmi che alcuni definivano allora “cacciatrice di fantasmi” come accade oggi a chi continua a farsi qualche domanda in più rispetto alle verità di comodo.

La postura che portò insomma a non fare sconti ai “potenti” di allora, fossero mafiosi, politici o capitani d’industria, a non cercare “compatibilità” tra verità e continuità, che mirò direttamente alla convergenza mefitica tra interessi criminali alto locati. Che rifiutò fino alla morte la gestione “politica” di alcuni fenomeni mafiosi, come pure era stato fatto per decenni in funzione di stabilizzazione dell’ordine politico.

Questa postura etica, camminava su alcuni “trampoli” democratici fondamentali: l’indipendenza della magistratura, l’obbligatorietà dell’azione penale, la libertà di informazione, la mobilitazione sociale, l’equilibrio tra i poteri dello Stato. Esattamente tutto ciò che questo governo sta sabotando: criminalizzando il dissenso sociale, architettando la subordinazione della magistratura inquirente all’Esecutivo, neutralizzando i presidi anti corruzione con i condoni fiscali e l’abolizione dell’abuso d’ufficio, annichilendo il bilanciamento tra poteri dello Stato, imbavagliando la stampa.

Sudamericani avvertiti: è questa La-via-italiana al nuovo che avanza!

Il Fatto Quotidiano, il blog di Davide Mattiello

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