Troppi giovani in giro con il coltello in tasca
Negli ultimi venti giorni, visionando la rassegna stampa locale sul sito della Polizia di Stato, ho annotato una trentina di episodi di violenza in diverse città in cui si è fatto ricorso al coltello.
Una situazione che vede coinvolti per lo più giovani, anche minorenni, che sta assumendo le caratteristiche di una vera emergenza criminale. Un fenomeno che deve essere oggetto di particolare attenzione, in primis da parte delle autorità provinciali di pubblica sicurezza ma anche del legislatore per valutare se non debba essere rivista la soglia anagrafica dell’imputabilità e, magari, aggravata la responsabilità genitoriale.
Questa pessima abitudine di andare in giro con il coltello in tasca era già particolarmente diffusa a Roma agli inizi del secolo scorso come ci ricorda Giggi Zanazzo in La mala Italia (Rizzoli, 1973) secondo cui il coltello, per i Romani “era tutto, era la vita (..) era un amico che non li lasciava mai né la notte né il giorno” al punto che, di tanto in tanto, “lo lustravano, lo allisciavano fino a baciarlo”.
La situazione è peggiorata e negli ultimi anni è andata aumentando la criminalità minorile che si è progressivamente orientata verso crimini violenti come viene evidenziato nell’elaborato del Servizio Analisi Criminale (Dipartimento della Pubblica Sicurezza) dell’ottobre 2023 che ha fornito un quadro aggiornato utilizzando gli elementi informativi delle banche dati delle forze di polizia.
Se nel 2022 le denunce all’autorità giudiziaria di minori stranieri per reati vari erano state 17.032 a fronte delle 15.490 di minori italiani; nel 2024, alla data del primo novembre scorso, secondo fonti ufficiose e attendibili, le denunce di minori stranieri, sia nella fascia di età 14- 15 anni che in quella di 16-17 anni, avrebbero subito un incremento rispetto al 2022 del 6% circa. Con riferimento alle categorie di reato le denunce registrano mediamente rispetto al totale, il 39% circa per furto, rapina, ricettazione, estorsione e il 16% per lesioni dolose ( quasi sempre causate dall’uso di coltelli), minaccia, percosse e rissa.
Anche altri Paesi si trovano ad affrontare il problema dell’aumento di reati all’arma bianca.
In Germania nel 2023 ci sono stati oltre 13mila delitti con l’uso di coltelli, una media di 38 casi al giorno ed un aumento di circa il 15% rispetto all’anno prima; in Inghilterra e nel Galles, da aprile 2022 a marzo 2023 si sono avuti 244 morti per accoltellamento (il 41% del totale degli omicidi) e a Liverpool, nel centro storico sono stati installati, appesi al muro, alcuni “kit per la sopravvivenza da accoltellamento” contenenti lacci emostatici.
Con il c.d. decreto Caivano, il Governo ha inasprito le conseguenze penali prevedendo la reclusione da 1 a 3 anni per “chiunque porti fuori dalla propria abitazione o appartenenze di essa, un’arma per cui non è necessaria la licenza” con un aggravamento se il fatto avviene vicino a scuole, banche, uffici postali, stazioni ferroviarie e giardini pubblici. Finora, tuttavia, la deterrenza è stata quasi nulla ovunque.
Nelle “considerazioni finali” dell’elaborato suindicato viene sottolineato come l’apprendimento di comportamenti violenti come strumento per risolvere i conflitti potrebbero essere appresi dai giovani che “vivono in contesti di deprivazione economica o in ambienti familiari disfunzionali” ma anche “dall’esposizione continua ad immagini violente nei media o alla spettacolarizzazione di comportamenti antisociali attraverso i social”.
C’è, insomma, molto lavoro da fare in questo ambito e, forse, coinvolgere i giovani in attività comunitarie e di volontariato potrebbe aiutarli a sviluppare quel senso di responsabilità civica fondamentale per una crescita sana.
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