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Decreto flussi, come creare sempre più clandestini nel nostro paese

Pierluigi Ermini il . Diritti, Economia, Istituzioni, Lavoro, Migranti, Politica

Il decreto sui flussi migratori, grazie all’ennesimo voto di fiducia posto dal governo Meloni, è ora legge dello Stato.

Un testo che non riguarda solo la programmazione degli ingressi in Italia per il 2025 (con la previsione di circa 180.000 tra lavoratori stagionali per l’agricoltura e il turismo e a tempo indeterminato), ma anche altre norme importanti che esulano dal tema specifico dei flussi. Come, per esempio,  l’individuazione dei cosiddetti  “paesi sicuri”.

Un elenco di  17 stati che il nostro governo ritiene rispettosi dei diritti umani, tra cui figura anche l’Egitto, nonostante quanto accaduto al nostro concittadino Giulio Regeni, prima torturato e poi ucciso dai servizi di quel paese. Un elenco di stati ritenuti sicuri, più numeroso delle altre democrazie occidentali.

Un tema scottante se si pensa che la Cassazione ha chiesto alla Corte di giustizia europea una pronuncia sul tema dei “Paesi sicuri” prima di valutare i ricorsi del ministero dell’Interno contro le decisioni delle sezioni Immigrazione, che hanno bocciato le convalide di trattenimento dei migranti portati in Albania all’interno di un centro gestito dalla polizia italiana.

Proprio per “risolvere” il problema dei migranti che si vorrebbe spostare in Albania, il governo ha deciso di affidare alle Corti d’appello la competenza sui procedimenti di convalida o proroga del trattenimento dei richiedenti asilo, anziché alle sezioni specializzate in immigrazione dei tribunali civili.

Una scelta che ha visto il Csm esprimere un parere negativo (non vincolante), per il rischio di un allungamento dei tempi di giudizio e perché a giudicare saranno magistrati privi delle competenze necessarie.

Ad oggi il centro aperto in Albania ha solo permesso a qualche decina di agenti di usufruire in servizio di un bel soggiorno in quel paese in hotel di lusso con piscina e zona termale e ai pochi migranti di fare un viaggio di andata e ritorno tra le coste ioniche dei due paesi su una nave militare italiana.

Il tutto a spese di noi contribuenti senza contare il costo della costruzione del centro di accoglienza che resterà chiuso come minimo ancora per qualche mese in attesa della sentenza della Corte di Giustizia Europea. C’è già chi ipotizza che in futuro potrebbe diventare un ottimo canile…

Intanto il governo imperterrito continua a fare il duro con i deboli e in questo stesso decreto prevede che da ora in poi ai  migranti che arrivano in Italia sarà possibile ispezionare anche gli smartphone (gli agenti potranno visionare foto, video e rubriche, ma non messaggi personali e chat), se non sono in grado di fornire documenti d’identità.

Tempi duri anche per i ricongiungimenti familiari. Da ora in poi un cittadino straniero dovrà soggiornare in Italia almeno due anni (finora era uno). E pensare che questo è un governo che ogni giorno ci ricorda che ha tra le sue priorità la salvaguardia della famiglia.

Altre norme riguardano le ONG che operano salvataggio in mare. Il passaggio delle loro navi in acque italiane potrà essere vietato dal ministero dell’Interno per ragioni di ordine pubblico. Ciò non potrà avvenire però se quella nave sta effettuando un soccorso in mare.

L’obiettivo sembra essere quello di ostacolare in ogni modo la presenza delle navi delle ONG nelle nostre acque territoriali.

Dal momento del suo insediamento questo governo continua imperterrito nella sua azione di respingimento dei migranti, rendendo loro ogni giorno la vita più difficile all’interno del nostro paese.

Se è vero che il livello di civiltà di una società si misura su come si trattano i più poveri e svantaggiati, il nostro paese compie ogni giorno passi indietro favorendo l’aumento dei cosiddetti “clandestini” ed evitando ogni azione che aiuti un percorso di legalizzazione di centinaia di migliaia di persone che vivono da anni qui da noi.

Persone che lavorano in nero, sono sottopagate e sfruttate quando va bene, facile preda della criminalità organizzata negli altri casi.

Eppure la quota prevista di flussi non soddisfa la domanda di manodopera di industriali, agricoltori, artigiani, operatori del turismo e famiglie.

Cosa produrrà tutto ciò se non un maggiore senso di insicurezza nei cittadini, un aumento della paura dello straniero, un maggior caos nelle nostre città, più persone che lavorano senza diritti e con minor sicurezza, un distacco sempre maggiore da una cultura della solidarietà e dell’integrazione?

In altre parole un altro passo indietro della nostra democrazia, come giustamente afferma il Vescovo  Mons. Perego Presidente della Fondazione Migrantes della CEI.

Purtroppo questo è un problema che non sembra interessare alla maggior parte degli italiani, anche se nel tempo andrà a minare la convivenza tra culture diverse e a impedire, allo straniero che viene a vivere nel nostro paese, di integrarsi e diventare un membro delle nostre comunità.

Eppure siamo consapevoli come ci ricorda Zygmunt Bauman nel suo libro “La società sotto assedio” che   “Le porte possono anche essere sbarrate, ma il problema non si risolverà, per quanto massicci possano essere i lucchetti. Lucchetti e catenacci non possono certo domare o indebolire le forze che causano l’emigrazione; possono contribuire a occultare i problemi alla vista e alla mente, ma non a farli scomparire”.

Questa è la realtà con cui dobbiamo fare i conti e nuove e diverse politiche sono possibili. Chiunque cerchi di seguire strade diverse non fa che allontanare, per il proprio interesse, il contatto con la realtà, perché come ci ricorda Romano Prodi “gli immigrati sono parte del nostro futuro”.

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