L’idea di legge di chi accusa i giudici “nemici della patria”
Vari magistrati hanno preso decisioni in tema di immigrati irregolari motivandole con riferimento a norme del diritto europeo, considerate – come sempre accade – gerarchicamente sovraordinate a quelle italiane.
Contro di loro si è scatenata una volgare canea di insulti e minacce, compresa l’ormai classica insinuazione di essere nemici della patria e del governo impegnato a difendere le frontiere contro l’invasione di orde di pericolosi migranti.
Vi è poi chi, sfoggiando reminiscenze di liceo, riesuma vecchie formule tipo: il giudice è solo bocca della legge, i magistrati non devono interpretare la legge ma soltanto applicarla, impreziosendo la declamazione di queste formule con vivide pennellate di un acceso colore rosso, richiamandosi alla “vulgata” di un bel tempo antico, una specie di eden in cui i magistrati erano apolitici e la giurisdizione equilibrata.
Ma la realtà era ben diversa: era l’epoca in cui – ad esempio –- i Pg della Cassazione definivano gli infortuni sul lavoro “una fatalità”, gran parte della magistratura era attestata sulla tesi che “la mafia non esiste”, la procura di Roma veniva abitualmente definita “porto delle nebbie” e la Cassazione, nel tentativo di frenare l’evoluzione democratica, si era inventata la categoria delle norme costituzionali “programmatiche”, cioè semplici programmi per il legislatore non direttamente applicabili.
Ma torniamo ai magistrati e all’interpretazione della legge.
Lasciamo perdere i ragionamenti astratti e prediamo un esempio concreto, ben noto e spesso usato dai giuristi di professione. L’esempio consiste nel raffronto tra due articoli del codice penale: il 575 – che punisce chiunque causa volontariamente la morte di un uomo – e il 589, che punisce chi provoca per colpa la morte di una persona.
La sequenza e la diversità dei termini (uomo e persona) non sembrerebbero lasciar dubbi interpretativi. E tuttavia può qualcuno seriamente pensare che non costituisca reato di omicidio volontario l’uccisione di una donna, sol perché l’articolo 575 parla di morte di un “uomo” e non di una “persona”? Certamente no. I femminicidi resterebbero impuniti e sarebbe all’evidenza una conseguenza assurda e inaccettabile.
Ecco quindi dimostrata la legittimità della interpretazione “creativa”, a volte persino necessaria.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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