“Con l’Autonomia differenziata rischio di frattura insanabile tra Nord e Sud”
Per il vicepresidente del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale una competizione tra Regioni nuocerebbe al lavoro, all’ambiente e alla competitività delle imprese.
Abbiamo chiesto ad Alfiero Grandi, vicepresidente del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, quali vie a suo parere si possono intraprendere dopo il pronunciamento della Consulta sulla legge Calderoli in materia di Autonomia differenziata.
Dato il pronunciamento della Corte Costituzionale sull’incostituzionalità dell’Autonomia differenziata, possiamo dire che la situazione è simile a quella che precedette il referendum sul legittimo impedimento?
Sì. In occasione del referendum del 2011, ad esempio, si pose un problema analogo a quello che si pone ora, dopo l’annuncio della Corte Costituzionale che anticipa la sentenza in cui sono individuati ben sette rilevanti punti di incostituzionalità nella legge Calderoli sull’Autonomia Regionale differenziata e che ha dettato la corretta interpretazione delle norme alla luce della Costituzione, non solo degli articoli 116 e 117
La Corte aveva già censurato il legittimo impedimento?
Il legittimo impedimento avrebbe dovuto consentire anni fa a Silvio Berlusconi di non presentarsi davanti ai giudici, ma la Corte costituzionale censurò la legge fatta approvare dal centrodestra dell’epoca affermando che spettava comunque ai giudici verificarne di volta in volta l’esistenza. Tuttavia Di Pietro in vista dei referendum del 2011 ritenne che la questione, pur sostanzialmente sterilizzata, andasse comunque sottoposta al voto popolare attraverso il referendum abrogativo, insieme ai due sull’acqua pubblica e sul nucleare. Raccolte le firme si arrivò ai referendum e Di Pietro ebbe ragione: si arrivò al referendum che abrogò tutta la legge sul legittimo impedimento – pur del tutto depotenziato dalla Corte – che finì nella discarica della storia.
Che accadde in seguito?
Malgrado le previsioni contrarie, i referendum raggiunsero tutti il quorum: i Sì vinsero portando all’abrogazione con percentuali superiori al 90% e cancellando tutte le norme sottoposte al voto. Da questo si deduce che è incomprensibile, sebbene autoconsolatorio, il giubilo a destra sul fatto che la Corte non abbia eliminato per intero la legge 86/24 per manifesta incostituzionalità perché – come è stato già detto da tanti – i colpi che sono stati portati alla legge sono importanti.
A cosa si riferisce in particolare?
Basti pensare al ruolo del Parlamento, praticamente espunto dalla legge Calderoli e ridotto a un ruolo di mera ratifica dell’accordo tra Regioni e governo senza la possibilità di modificare il testo. Inoltre è evidente che solo l’esplicita abrogazione di una legge, tanto più in assenza di una sua modifica, può evitare il referendum abrogativo: del resto è sufficiente invocare le numerose dichiarazioni dell’esecutivo e dei presidenti di Regione leghisti per avere conferma che l’abrogazione della legge 86/24 è non solo possibile, ma necessaria, per cancellare in toto la normativa Calderoli.
C’è qualche possibilità di spacciare la legge per un collegato alla Legge di bilancio?
Sarebbe davvero una palese e speciosa invenzione in quanto come è più volte ripetuto nella legge 86/24 la Calderoli non può comportare nuovi oneri per la finanza pubblica. E non è neppure una legge necessaria perché tre regioni nel 2018 avevano già seguito la strada dei protocolli di accordo con il governo Gentiloni applicando le norme in vigore.
A seguito della raffica delle incostituzionalità stabilite dalla Corte ora resta il problema del referendum abrogativo ed è il giudizio politico, economico e sociale sulla legge 86/24 che quindi va chiesto ex articolo 75 a elettrici ed elettori. Va ricordato che la richiesta di referendum è stata firmata da 1.291.000 firmatari, superando il quorum necessario sia on line sia in forma cartacea. La Cassazione, tra qualche settimana, emetterà la sua sentenza, poi toccherà di nuovo alla Corte Costituzionale.
Il governo, a suo avviso, avrà il buon senso di cancellare la legge?
Questa iniziativa in effetti eliminerebbe la possibilità di un referendum abrogativo. Abrogando la legge di sua iniziativa farebbe un atto di buon senso, ma non può perché la Lega non può accettarlo e ciò porterebbe a una crisi di governo. Va detto che anche le opposizioni potrebbero prendere l’iniziativa della cancellazione della legge, naturalmente come atto politico per rendere chiaro al paese che solo in questo modo si eviterebbe il referendum: i numeri in parlamento restano sfavorevoli.
Resta il problema del quorum.
Certamente. Specie in questa fase di disaffezione nei confronti della partecipazione politica di cittadine e cittadini, che peraltro continua a crescere. Ma la partecipazione al voto nei referendum non dipende solo dalla partecipazione politica, si tratta anche di una richiesta secca che ha efficacia immediata. In altre parole, i cittadini votando intervengono direttamente su una scelta politica e questo dovrebbe spingere ad andare a votare. Inoltre a proposito di questo referendum si sono mobilitate forze della società, intere regioni, persone che non si faranno intimidire e andranno a dire il loro Si all’abrogazione. Siamo inoltre in presenza di ulteriori elementi di gravità, cioè il rischio di creare una frattura sociale ed economica in Italia, in particolare tra Nord e Sud del paese, di colpire diritti fondamentali dei cittadini (che sono costituzionalmente garantiti), di dare la stura a una concorrenza competitiva tra le Regioni con gravi danni in materia di lavoro, ambiente, competitività delle imprese eccetera.
Non sarà facile, occorre l’aiuto di tutti, ma raggiungere il quorum per abrogare la Calderoli è possibile; e, se sarà raggiunto, il risultato dovrebbe essere favorevole. Per di più le destre hanno stavolta un serio problema a invitare gli elettori ad andare al mare per fare mancare il quorum, perché sullo sfondo c’è – per ora in stand by, seppur sempre in ballo – il premierato tanto caro a Giorgia Meloni.
Fratelli d’Italia, in effetti, aveva cercato di anticipare il premierato rispetto all’Autonomia…
È vero e lo aveva fatto con norme sull’Autonomia differenziata che affidavano alla presidente del Consiglio poteri che oggi non ha: la Corte li ha cancellati. Mi riferisco a Dpcm e decreti senza criteri di delega sui Lep, a decisioni della presidente sulle materie da devolvere, passaggi ora eliminati dalla Corte e così via. In altre: parole hanno cercato di anticipare il premierato, ma la Corte ha cancellato queste norme.
Dopo avere tentato di andare avanti comunque con i lavori, viste le censure della Corte il governo, temendo il giudizio referendario, tenterà di scoraggiare la partecipazione al voto?
Lo faccia. Sarebbe una propaganda formidabile per l’abrogazione.
Fonte: Micromega, 02/12/2024
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