I passi indietro del governo nella legislazione antimafia
L’intervento iniziale del presidente del Centro studi Pio La Torre Emilio Miceli sull’allarme suscitato dall’attacco del Governo e della sua maggioranza contro la nostra legislazione antimafia che tutto il mondo cerca di imitare, come era prevedibile, ha stimolato tanti interventi di soci e amici del Centro, che a nome del Centro ringrazio tutti (purtroppo solo una donna ha portato il suo contributo).
Senza avere la pretesa di concludere il dibattito, si rende necessario fare il punto per rendere più incisiva l’azione antimafia. Se le mafie del XXI secolo sono cambiate – hanno saputo utilizzare la globalizzazione, la finanziarizzazione dell’economia e le innovazioni tecnologiche, sparano di meno ma corrompono di più, usando la loro storica forza di intimidazione, i rapporti con la parte politica collusa e corrotta, il controllo del territorio e della società – l’Antimafia deve sapere adeguare il suo impegno di contrasto e di prevenzione coinvolgendo giovani e anziani, uomini e donne, forze sociali e politiche democratiche, il mondo delle forze produttive.
Ovviamente, le associazioni antimafia devono riconfermare la loro piena autonomia dai partiti, dai corpi dello Stato e della magistratura, preposti alla repressione, nonché il loro impegno sociale, culturale di prevenzione del fenomeno mafioso.
La lotta alle mafie non può essere delegata. Deve segnare l’educazione e la partecipazione diretta dei cittadini.
L’attacco esplicito e subdolo del Governo contro la legislazione antimafia, come è stato sottolineato da tutti gli interventi, ha segnato le seguenti direttive:
– Rimettere in discussione la prevenzione introdotta dalla legge Rognoni-La Torre;
– Appartenere alla mafia di per sé non è un reato;
– Il sequestro e la confisca non vanno perseguiti indipendentemente e separatamente dal processo penale;
– Cancellare la procedibilità d’ufficio per i reati di corruzione e collusione mafia-politica-affari;
– Ridurre i tempi delle intercettazioni dei presunti corrotti e/o mafiosi;
– Ridurre operatori e mezzi preposti a combattere le mafie (addetti alla magistratura, alle forze dell’ordine, ecc…);
– Diffondere la falsa convinzione che le mafie ormai sono deboli, dato che hanno rinunciato agli assassinii clamorosi, mentre sono penetrate nei sistemi economici legali a livello locale e internazionale per riciclare gli enormi profitti dei loro affari illeciti (droga, traffico di armi, gestione servizi pubblici, migranti, estorsioni, ecc…).
Tutto ciò al netto del crescente allarme per la presenza mafiosa a livello internazionale, che a livello politico nazionale non registra alcuna attenzione, né a destra né, purtroppo, a sinistra. In Sicilia, anzi (invece), si registra una positiva iperattività della Commissione regionale antimafia (lo segnalo senza alcuna piaggeria). A livello nazionale, la Commissione antimafia appare invece paralizzata e muta; ferma restando l’assenza del tema mafia e antimafia al di fuori delle attività delle associazioni antimafia, e del suddetto impegno repressivo delle forze dell’ordine e della magistratura.
Il dibattito ha messo in luce anche la debole politica governativa per la restituzione dei beni confiscati alla società. Ogni bene non restituito è una sconfitta dello Stato e alimenta la sfiducia dei cittadini verso la politica e la democrazia. Basti considerare quanti cittadini non vanno a votare e come sia cresciuto il disagio sociale, la povertà, l’ingiustizia sociale, tutti fenomeni che vengono strumentalizzati dai populisti, dai sovranisti, cioè dal mondo della destra , quella stessa destra che vuole smantellare la legislazione antimafia che serve a prevenire e reprimere il fenomeno mafioso con i suoi legami politici, economici e sociali.
Tutto ciò comporta un impegno unitario di tutto il mondo progressista, democratico e antimafioso, considerando che le mafie saranno cancellate solo quando non ci sarà alcuna protezione politica né antimafia di cartone.
Nella fase di crisi che il mondo sta attraversando, tra guerre, crisi ambientale, crescita dei poveri e del clima di violenza sociale e individuale, la questione mafia ne fa parte . Anche essa è frutto del modello di sviluppo che sta facendo i ricchi sempre più ricchi e meno numerosi, e i poveri sempre più poveri e più numerosi.
Dopo questo interessante dibattito, dovremmo concordare tutte le azioni di mobilitazione sociale e politica. Il Centro studi Pio La Torre, come sempre, si sente responsabile e impegnato.
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