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Sedici anni per la sentenza sulle minacce di Bidognetti a Saviano e Capacchione

Graziella Di Mambro il . Campania, Giustizia, Informazione, Istituzioni, Lazio, Mafie

E chi se lo ricorda il 2008? Che anno era? L’anno nel quale fu ucciso Domenico Noviello, titolare di un’autoscuola che non volle piegarsi a pagare il pizzo a quello che allora sembrava essere un clan feroce e inattaccabile, il clan dei casalesi.

È stato l’anno in cui l’ala stragista del sodalizio casertano ha mostrato i  muscoli: il 18 settembre sei giovani migranti di origine africana vennero uccisi a Castel Volturno da un commando della camorra casalese.

E nel mentre si stava già celebrando in secondo grado il processo-padre di tutti quelli contro il clan, Spartacus. Nell’aula della Corte d’Appello di Napoli, quell’anno, lo scrittore e giornalista Roberto Saviano e la giornalista Rosaria Capacchione furono minacciati platealmente da Francesco Bidognetti, detto Cicciotto ‘e mezzanotte, e dall’avvocato Michele Santonastaso.

Sono trascorsi oltre sedici anni da quello che sembrò effettivamente il fondo della parabola sfidante dei casalesi. Bidognetti e Santonastaso sono stati condannati in primo grado per  le minacce ai due giornalisti. La Procura Generale ha già chiesto la conferma del verdetto del Tribunale ma la fine del processo sembra davvero non arrivare mai.

La sentenza era attesa per il 23 settembre scorso  ma c’è stato un rinvio al 18 novembre. L’udienza è fissata per le 15 e Articolo 21, con il coordinatore Giuseppe Giulietti, anche questa volta sarà presente accanto alle parti offese perché le minacce a Saviano e Capacchione hanno offeso tutta la comunità dell’informazione, ancor più quella che si sforza di raccontare le minacce della mafia.

Ecco cosa dice la sentenza di primo grado.

Fonte: Articolo 21

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