Una grande folla per l’ultimo saluto a Licia Rognini Pinelli. Che il suo ricordo ci sia d’esempio
Pinelli è stato assassinato, Valpreda è innocente, la strage è di stato.
55 anni dopo, queste tre convinzioni che inizialmente furono solo degli anarchici, sono ormai storia acclarata del nostro paese e fanno parte del bagaglio di tutti coloro che quella stagione ormai lontana l’hanno vissuta o l’hanno studiata grazie alle sentenze della magistratura e ai libri di storia.
Oggi chi come l’ex poliziotto e poi prefetto Achille Serra ha l’impudenza di dichiarare ancora (nel 2022) che Pinelli si è suicidato, denunciato per diffamazione dalla famiglia, viene condannato.
Non è stato facile arrivare a rendere patrimonio condiviso queste tre verità storiche che allora fin da subito risiedevano solo nel cuore degli anarchici.
È indubitabile che se si riuscì a smontare le menzogne del questore fascista Marcello Guida, degli uomini dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero degli Interni di Federico Umberto Damato, con la stampa di destra con in testa la RAI di Bruno Vespa a indicare l’anarchico Valpreda come il mostro responsabile della strage, il merito fu anche di Licia Pinelli.
Il movimento degli studenti e anche i sindacati e la sinistra tutta furono importanti dopo qualche esitazione iniziale per vincere quella battaglia.
Ma la dignità, la compostezza e la irriducibile volontà di Licia Pinelli di onorare la memoria di Pino fu fondamentale per convincere la Milano delle persone per bene non necessariamente di sinistra.
È allora molti impararono a stimarla e a provare affetto per lei.
Non serviva conoscerla per volerle bene. Bastava vedere come si comportava.
Oggi a salutare Licia erano decine le bandiere delle sezioni ANPI presenti.
Tra queste quella dei partigiani niguardesi, che siamo convinti sarebbero stati felici di saperci in prima fila.
* Per il direttivo della sezione ANPI “Martiri niguardesi”
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