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Magistratura democratica e Medel: la storia di un percorso comune

Mariarosaria Guglielmi * il . Diritti, Giustizia, Internazionale, Istituzioni, Memoria, Politica

Testo dell’intervento pronunciato nella festa per i sessant’anni di Magistratura democratica svoltasi a Roma nei giorni 9 e 10 novembre 2024 , destinato alla pubblicazione sul numero 4/2024 della Rivista Trimestrale ‘Questione Giustizia’.

Le origini

Vale la pena ricordare oggi il contesto storico e politico che rappresenta la “preistoria” di quello nel quale – ormai quasi 40 anni fa – nasceva il progetto visionario che dava vita a MEDEL (Magistrats européens pour la démocratie et les libertés).

Come scriveva Christoph Strecker, uno dei padri fondatori di Medel [1], l’Europa aveva ereditato dalla caduta dei regimi autoritari una Giustizia che aveva fallito nel suo compito, legittimando la tirannia anziché difendere i diritti e lo stato di diritto. Molti magistrati, dopo il collasso di questi regimi, erano rimasti in servizio e, come le loro associazioni, non intendevano fare i conti con il passato. Essi erano piuttosto interessati alle condizioni di lavoro e alla difesa dei privilegi e solo fra i magistrati più giovani si avvertiva l’esigenza di un confronto su quel passato, sulle responsabilità ed insegnamenti che le tragedie di quella storia avevano lasciato.

Quel confronto prese avvio e la sua prima conclusione fu che la difesa della democrazia richiede sistemi giudiziari democratici. Nacquero le associazioni progressiste di giudici e pubblici ministeri che – sin dalla scelta del nome – intendevano dichiarare apertamente la necessità di un nuovo “approccio democratico”: questi nomi furono Magistratura democratica in Italia (1964), e poi Syndicat e Sindicato in Francia (1968), in Belgio e in Portogallo; in Spagna nacquero l’associazione dei giudici Jueces para la Democracia e quella dei pubblici Unión progresista de Fiscales; in Germania, i magistrati progressisti confluirono nei sindacati della pubblica amministrazione dello stesso orientamento.

Queste associazioni stabilirono i primi contatti verso la fine degli anni ’70, inizio anni ’80.

Salvatore Senese, insieme a Louis Joinet (fondatore del Syndicat de la magistrature francese), «dotati di ubiquità, un piede nel locale e l’altro nell’universale» – come scrisse il primo presidente di Medel, e fondatore dell’Asm belga, Christian Wettinck [2] – fu uno dei punti di raccordo per questi giuristi ed associazioni.

Come è stato per Magistratura democratica, la presenza di Salvatore Senese ha improntato fortemente di sé la nascita e il percorso di questa nuova esperienza collettiva che è diventata Medel.

E Salvatore Senese fu uno dei protagonisti dell’evento, preludio alla creazione di Medel: un seminario organizzato nel 1983 dal Syndicat de la magistrature con l’Università di Lille sul tema Judiciary and Democracy in Europe.

Rileggere oggi gli atti di quel dibattito e gli interventi di Salvatore Senese- pubblicati nel volume Être juge demain [3]– vuol dire ritrovare le riflessioni attualissime che contribuirono a gettare le basi culturali per un nuovo associazionismo, e per la costruzione di una nuova identità di giudice europeo, di cui Medel è stata protagonista: l’identità di un giudice impegnato nella difesa di «tutti i valori dello Stato democratico di diritto» e dei diritti fondamentali, soprattutto delle minoranze e dei migranti, «nella prospettiva dell’emancipazione dei soggetti più deboli» (così recita ancora oggi lo statuto approvato dai padri fondatori di Medel). Ritroviamo in quelle riflessioni una visione della Giustizia protagonista della nuova sfida democratica europea, nata con l’istituzione – in reazione ai totalitarismi – di sistemi di giustizia costituzionali e/o sovranazionali che, combinati con l’affermazione di fonti giuridiche sovraordinate, aveva comportato un radicale cambio di paradigma, funzionale all’affermazione del primato assoluto dei diritti fondamentali e della persona.

Si proponeva una nuova idea di legittimazione democratica (accanto a quella istituzionale) della magistratura e dell’indipendenza, valore da promuovere e da difendere non solo come garanzia dalle interferenze esterne ma in quanto portatore di “potenzialità democratiche”: fattore di responsabilizzazione del magistrato, in grado di prendere posizione di fronte alle differenti logiche che si confrontano nella società, nella cultura e nella legislazione; presupposto di un’emancipazione culturale per renderlo sempre più all’altezza di valorizzare tutta la complessità degli elementi che compongono la “legalità”, compresi quelli che esprimono i punti di vista e i bisogni dei più deboli, spesso sacrificati nelle prassi giudiziarie [4].

In quelle riflessioni ritroviamo una nuova idea di indipendenza e di statuto della magistratura. Uno statuto- scriveva Simone Gaboriau, presidente del Syndicat de la magistrature e cofondatrice di Medel – che diventa cruciale perché rivelatore della concezione che si fanno gli stati del ruolo e della funzione dei giudici nella società, così come della giustizia nell’apparato di Stato: una concezione democratica di questo statuto che impone una magistratura libera da ogni influenza del potere esecutivo e da interessi particolari, una magistratura che rifletta il pluralismo del corpo sociale e permetta l’esercizio di un controllo dei cittadini sul funzionamento della giustizia [5].

Riflessioni attualissime che ci riportano al nostro presente e al dibattito sulle riforme in cantiere che preludono invece ad una magistratura normalizzata, gerarchizzata, burocratizzata, intimorita ed uniformata, a immagine e somiglianza del suo nuovo Consiglio Superiore, che si vuole composto per mano del caso, privato di prerogative essenziali alla sua funzione di tutela della indipendenza della giurisdizione e ridotto ad organo di mera gestione del personale. Un Consiglio Superiore molto lontano da quella istituzione voluta dai costituenti, « garanzia della garanzia – come scriveva Pino Borrè – chiave di volta che rende realistico, possibile, un sistema giudiziario democratico» [6].

Per raccogliere le tante e nuove sfide democratiche dell’epoca, in una Europa ancora delle Comunità, con limitate competenze economiche, e dei blocchi contrapposti divisi dal muro di Berlino, quei pochi visionari magistrati europei decisero di unirsi per un progetto comune e di partecipare alla costruzione di un’unione non solo economica dell’Europa, basata sulla sua integrazione sociale e giuridica [7].

Era il 15 giugno 1985 quando a a Strasburgo, nel Palazzo del Parlamento Europeo, si teneva la riunione fondativa di Medel. Magistratura democratica era rappresentata da Pierluigi Zanchetta, Giovanni Palombarini e Domenico Gallo [8].

Da allora le strade di Medel e Magistratura democratica non si sono più separate.

E Magistratura democratica è stata sempre presenza attiva in Medel, rappresentata negli anni- oltre che nel suo bureau da Salvatore Senese, Pierluigi Zanchetta, Edmondo Bruti Liberati – nella presidenza di Juanito Patrone (2001-2003), Vito Monetti (2009-2011), Gualtiero Michelini (2014-2017).

Una comunità di persone e di magistrati europei

Medel si rivelò sin dal principio molto più di una semplice rete di collegamento fra diverse associazioni: nasceva una comunità di persone, unite da valori comuni, e da legami di amicizia e solidarietà. Oggi questa comunità conta 25 associazioni di giudici e pubblici ministeri da 17 paesi del Consiglio d’Europa [9].

In questa comunità, Magistratura democratica ha espresso il suo impegno per l’Europa dei diritti, e dello stato di diritto. Attraverso Medel è cresciuta la nostra consapevolezza che solo agendo da giudici europei possiamo essere all’altezza delle difficili sfide per la giurisdizione[10].

Chi ha vissuto e vive l’esperienza di Medel può testimoniare quanto questa consapevolezza – di essere e di dover essere giudici europei – sia oggi diffusa e quanto forte sia la spinta ideale che nasce dal sentirsi accomunati nella difesa dei valori comuni minacciati dalla deriva populista e sovranista, e da un contagioso processo di erosione democratica che ha colpito l’Europa e l’Unione Europea.

Medel è sempre stata una sentinella, in grado di scorgere in anticipo nei contesti nazionali i segnali di avvio di pericolose involuzioni. Così è stato per la Turchia. Attraverso i colleghi di Yarsav e il suo presidente Murat Arslan abbiamo vissuto il progressivo aggravarsi della crisi dello stato di diritto in quel paese e il collasso della democrazia, dopo il tentativo di colpo di stato nel luglio 2016 e l’introduzione dello stato di emergenza: abbiamo assistito alla deroga generalizzata e permanente alle garanzie per i diritti e le libertà fondamentali delle persone; agli arresti di massa di giornalisti, avvocati, magistrati, professori e funzionari pubblici; alle destituzioni e alle confische dei beni personali. E quindi, per mano di un sistema giudiziario non più indipendente, a processi sommari e condanne durissime, come quella a dieci anni- inflitta in violazione delle garanzie minime del giusto processo -a Murat Arslan: la vicenda di Murat è l’esempio della più traumatica vicenda vissuta da Medel e la dimostrazione di come le indagini e i processi possano trasformarsi in strumenti di oppressione e persecuzione.

E’ stata la consapevolezza di essere giudici europei, che Medel ha contribuito a far crescere, a sostenere la resilienza di una Giustizia indipendente nei contesti dove con riforme sistematiche, manipolazione dall’interno dei sistemi giudiziari, attacco dall’esterno per delegittimare i giudici e le loro decisioni, la regressione dello stato di diritto ha portato alla “cattura” da parte dell’esecutivo dei Tribunali, dei Consigli di giustizia, delle Procure, della Corte costituzionale e ad un contesto di enorme pressione sui giudici, sui pubblici ministeri e sulle loro associazioni. Sostenuti da questa consapevolezza i giudici polacchi, nonostante le vessazioni e le sanzioni disciplinari introdotte dalla cd. muzzle law, hanno continuato a “dialogare” con le Corti europee e a riaffermare il primato del diritto europeo anche attraverso lo strumento del rinvio pregiudiziale. E le Corti europee hanno così potuto ribadire il contenuto inderogabile di valori primari dell’Unione europea, fra i quali l’indipendenza dei sistemi giudiziari, a fronte delle pretese di vecchi e nuovi aspiranti autocrati di avere mano libera e un “dominio riservato” sugli stessi.

Dobbiamo allo sguardo ampio assicurato dall’osservatorio di Medel la nostra consapevolezza che la presa di controllo sui sistemi giudiziari è oggi in Europa parte di un progetto più ampio.

L’attacco all’indipendenza della magistratura è funzionale non solo all’alterazione degli equilibri e delle regole della democrazia, e al suo sistema di checks and balances: all’orizzonte vi sono sempre politiche regressive per i diritti e per le libertà; vi è la costruzione di un nuovo ordine, il superamento della idea stessa di Europa come comunità basata sull’eguaglianza, solidarietà e pari dignità delle persone; vi è l’affermazione di un progetto di esclusione, in nome della identità, che mira allo smantellamento del sistema di tutela giurisdizionale sovranazionale nato per garantire i diritti fondamentali delle persone.

L’Europa della pace, della solidarietà e dello stato di diritto

L’Europa della pace, della solidarietà e dello stato di diritto era l’idea da realizzare che ha ispirato il progetto visionario alla base di Medel. Oggi è la prospettiva da ritrovare e da difendere.

La grande sfida democratica ha assunto una drammaticità e una complessità inedite: Medel è stata in grado di comprendere sin dalle sue origini che sul terreno dei diritti dei migranti la democrazia europea avrebbe giocato la sua partita decisiva. E oggi le scelte sui diritti dei migranti rappresentano l’ipoteca sul futuro dell’Europa e della sua identità democratica.

Per Medel è oggi centrale la riflessione sul significato di “stato di diritto” a fronte di una tendenza degli stati membri ad agire apertamente e in via di fatto in contrasto con il diritto dell’Unione, con i suoi valori fondanti, con gli standard di tutela di tali valori e della centralità della persona. Le politiche su immigrazione e diritto di asilo sono il terreno dove questa nuova tendenza in Europa più chiaramente si è manifestata.

Ed è sul terreno dell’immigrazione che oggi sperimentiamo l’insofferenza verso il ruolo della giurisdizione e la sua funzione di garanzia. E’ di pochi giorni fa la dichiarazione del Primo Ministro ungherese sulla necessità di ribellarsi alle decisioni dei giudici e all’”attivismo giudiziario” che a suo dire ostacolano nuove politiche europee sui migranti.

Medel ci ha dato la consapevolezza che i nostri valori comuni possono essere cancellati e sovvertiti in qualsiasi momento.

Qualche giorno fa Giovanni Palombarini e altri hanno scritto parole generose di riconoscimento per il nostro impegno in Medel e per tutto quello che Medel ha realizzato.

Questa è l’occasione per me per ringraziare Giovanni e tutti gli altri ma anche per ricordare che – come nel cammino di Magistratura democratica – noi proseguiamo lungo un solco profondo che altri prima di noi hanno tracciato. Sappiamo che questo percorso si è fatto molto stretto, impervio. Neppure lo sguardo lungo dei nostri padri fondatori avrebbe potuto immaginare un’epoca di nuovo così buia per l’Europa e per la democrazia.

Ma quel solco profondo resta. Resta a darci una direzione.

E’ la preziosa eredità di queste due storie parallele e delle due indissolubili esperienze collettive cui Medel e Magistratura democratica hanno dato vita.

Il nostro compito è oggi – nonostante tutto – proseguire, far vivere ancora queste esperienze rinnovando nel difficile ed incerto presente che attraversiamo il senso del nostro impegno comune per la democrazia, i diritti e le libertà.

Note

[1] Intervento di C. Strecker, Medel, yesterday, today and tomorrow, tenuto a Roma il 20 maggio 2005, in occasione della celebrazione del 20° anniversario di Medel presso la Sala conferenze del Consiglio Superiore della Magistratura.

[2] C. Wettinck, Magistrats Européens pour la Démocratie et les Libertés: dall’idea alla realizzazione, in Questione giustizia, edizione cartacea, Franco Angeli, Milano, n. 6/2000, pp. 1143 ss.

[3] Volume curato da J.-P. Royer,  Presses Universitaires de Lille, Lille, 1983.

[4] S. Senese in L’independance est-elle aussi une valeur pour le changement?, in Être juge demain cit., pag. 40 ss.

[5] S. Gaboriau, in Être juge demain, cit. pag. 13 ss.

[6] G. Borrè, Pesi e contrappesi: gli istituti di garanzia, Questione Giustizia

[7] L’art. 1 dello Statuto, sugli obiettivi dell’associazione, prevede, al punto 1), «l’instaurazione di un dibattito fra magistrati di diversi Paesi al fine di sostenere e promuovere l’integrazione comunitaria europea e la creazione di una unione politica europea».

[8] Lo Statuto dell’Associazione venne approvato dalla prima assemblea generale tenuta a Parigi il 29 novembre 1987; venne eletto anche il primo Consiglio di amministrazione nelle persone di: Simonis – Wettinck (Belgio); Belloch – Mena (Spagna); Froment – Guichard (Francia); Stavropoulos – Rammos (Grecia); Senese – Zanchetta (Italia); Van der Schans – Reiling (Paesi Bassi); Pinto Dos santos – Torres (Portogallo); Stotzel – Strecher (Germania).

[9] Vito Monetti, in Une petite chronique et quelques notes de réflexion sur la vie et les activités de Medel, in Syndicat de la magistrature (Aa. Vv.), Les mauvais jours finiront, La fabrique éditions, 2010, ripercorre il dibattito in corso in Medel negli anni successivi alla caduta del muro di Berlino sull’ingresso di nuove associazioni. Medel partecipò in Romania al lavoro di un gruppo di magistrati che avevano creato una nuova associazione; in Serbia, nel 1997, era nata l’associazione dei giudici – JAS – contrastata dal governo, che negava libertà di associazione ai magistrati e quando, nel 2000, cambiò il governo, l’associazione riprese a operare e ad avere contatti con Medel, di cui oggi è membro attivo; in Turchia, Medel ha sostenuto, sin dalla sua fondazione (nel 2008), Yarsav, la prima associazione di magistrati, che venne sciolta subito dopo, e la sua azione che portò all’annullamento della decisione; nel 2003 il Movimento per la Giustizia aderiva a Medel. In Christian Wettinck, Magistrats Européens, op. cit., si può leggere il racconto delle prime esperienze extraeuropee di Medel (in Cile, Colombia, Bolivia, Nicaragua).

[10] Medel si è impegnata per far conoscere, sin dalla sua proclamazione, la Carta di Nizza e le prime decisioni delle Corti che davano attuazione ai suoi principi; ha sviluppato attivamente il suo rapporto di partenariato con le istituzioni europee, che si è intensificato in questi anni con l’aggravarsi delle situazioni di criticità per lo Stato di diritto nei Paesi membri dell’Unione, con dichiarazioni e report sui sistemi giudiziari; ha promosso l’elaborazione di principi per uno statuto europeo di indipendenza della magistratura con documenti sui giudici, sui pubblici ministeri e sui consigli di giustizia;  ha lo statuto di osservatore all’interno dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa; partecipa ai lavori della Cepej, del Ccje e del Ccpe.

* Presidente di MEDEL (Magistrats européens pour la démocratie et les libertés).

Fonte: Questione Giustizia

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