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Guai a chi tocca il Governo! Attacchi feroci a Roberto Saviano per una critica al “modello Caivano”

Alekos Prete il . Diritti, Giustizia, Istituzioni, Politica, Società

Negli ultimi tempi, in Italia, stiamo assistendo a un’escalation di attacchi verbali e intimidazioni contro chiunque osi criticare il governo e le sue politiche, in particolare giornalisti, scrittori e intellettuali.

È una deriva pericolosa, che va fermata subito, e che ha trovato nell’ultima aggressione verbale contro Roberto Saviano, uno dei nostri più coraggiosi intellettuali, l’ennesimo e più preoccupante esempio. L’attacco che Fratelli d’Italia ha riservato a Saviano, reo di aver espresso il suo dissenso sul “modello Caivano,” è di una violenza inaudita: “sciacallo senza alcuna dignità,” l’hanno chiamato, aggiungendo che “in nome del denaro hai trasformato i criminali in eroi.”

Parole feroci, meschine, che mirano a ferire l’uomo e screditare il suo lavoro, ignorando volutamente il suo impegno nel denunciare la mafia e la criminalità, costringendolo a vivere sotto scorta da anni. Questa campagna di discredito, messa in atto da un governo di estrema destra e dal partito della premier Giorgia Meloni, è un attacco frontale alla libertà di pensiero, di critica, alla libertà stessa di raccontare la realtà.

È un tentativo di soffocare la voce di chi mette a nudo le contraddizioni, le ipocrisie e le fragilità di un governo che sembra voler governare senza confrontarsi, immune a critiche, incapace di tollerare la dissidenza. Non è la prima volta, e non sarà l’ultima, che intellettuali, giornalisti, chiunque si opponga apertamente alle politiche di questo governo, subisce aggressioni verbali e accuse infondate.

E questo è l’aspetto più preoccupante: la normalizzazione dell’insulto e della delegittimazione come arma politica. Chi oggi insulta Saviano, domani non esiterà a infangare chiunque si permetta di mettere in discussione le scelte del governo, creando un clima di paura e silenzio, dove chi critica è bollato come “nemico” o “traditore.”

Il fatto che il governo – di una Repubblica democratica – scelga di utilizzare questo linguaggio è grave e allarmante. La democrazia è, per sua natura, uno spazio di pluralismo, dibattito e confronto. Quando le istituzioni trasformano il dissenso in un crimine morale, quando attaccano pubblicamente chi esprime opinioni diverse, stanno minando le basi stesse su cui si fonda la nostra società. Questo governo sembra non voler accettare la realtà di un Paese plurale, fatto di visioni diverse, e sembra determinato a voler piegare il dissenso fino a spezzarlo.

Chi paga il prezzo di tutto questo? Gli intellettuali e i giornalisti, certo, ma anche la società civile, i cittadini, che perdono ogni giorno un po’ della loro libertà di espressione, del loro diritto a essere informati, a confrontarsi con opinioni differenti. E quando il dibattito muore, insieme a esso muore anche la democrazia.

Esprimiamo tutta la nostra solidarietà a Roberto Saviano e a chi, come lui, trova il coraggio di dire la propria verità. E lo facciamo non solo per difendere una persona, ma per proteggere un diritto fondamentale: il diritto di ognuno di noi a criticare il potere, a mettere in discussione chi governa, a pretendere risposte e rispetto. Chi oggi siede al governo dovrebbe ricordare che l’Italia non è una nazione a senso unico, ma un Paese libero, in cui la diversità di pensiero è un valore da proteggere, non un nemico da combattere.

Abbiamo il dovere di alzare la voce contro questo clima di odio e di delegittimazione, contro ogni tentativo di imporre il silenzio con l’insulto e la paura. Oggi diciamo basta. Basta con gli attacchi a chi critica. Basta con i linciaggi pubblici. Basta con le campagne diffamatorie contro chi non si piega alla retorica di un governo che, invece di rispondere alle critiche, attacca chi le solleva.

Non ci faremo intimidire, non abbasseremo lo sguardo, e continueremo a difendere il diritto alla parola libera, alla critica, alla verità. Perché solo così si può costruire una società giusta, consapevole e davvero democratica.

Fonte: Articolo 21

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Un orrendo dejà-vu. Il governo minaccia gli intellettuali come cent’anni fa

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