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”In Commissione antimafia conflitto di interessi è della Colosimo, noi vogliamo verità”

Aaron Pettinari * il . Diritti, Giustizia, Istituzioni, Mafie, Memoria, Politica

Al Senato conferenza stampa di Salvatore Borsellino, Paolo Bolognesi e rappresentanti e parenti di altre vittime di mafia e di terrorismo

“Ho letto con sconcerto la dichiarazione della presidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo, nella quale ha fatto appello ‘affinché nessuno che si chiami con nessun nome che non siano i figli di Borsellino può dirmi cosa fare’. Mi ha sconcertato perché immediatamente successiva alla lettera aperta sottoscritta dalle associazioni dei familiari vittime di mafia. Noi non vogliamo dire cosa fare e cosa no, noi vogliamo verità e giustizia. A questo non si può arrivare circoscrivendo i lavori della commissione alla sola strage di via D’Amelio. Non si può cestinare la richiesta di Scarpinato su un approfondimento sul ruolo di apparati statali e di eversori di destra. Non si possono escludere parlamentari dalla Commissione con la scusa di pretese incompatibilità. Si vuole allontanare Scarpinato che ha speso la sua vita combattendo la mafia”.

Con queste parole Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ucciso il 19 luglio 1992, ha iniziato il proprio intervento alla conferenza stampa organizzata presso la Sala Nassiriya del Senato, “Vogliamo tutta la verità sulle stragi”.

Assieme a lui, moderati dalla giornalista Stefania Limiti, sono intervenuti anche Paolo Bolognesi, presidente Associazione familiari vittime strage alla stazione di Bologna; Federico Sinicato, presidente Associazione familiari vittime strage di Piazza Fontana; Daniele Gabrielli, vice presidente Associazione familiari vittime strage via dei Georgofili; Sergio Amato, figlio del magistrato Mario Amato, ucciso a Roma il 23 giugno del 1980; Brizio Montinaro, fratello di Antonio Montinaro, agente di scorta di Giovanni Falcone; Nino Morana, familiare di Nino Agostino, ucciso da Cosa Nostra insieme a sua moglie Ida Castelluccio e Daniela Marcone, ufficio di presidenza Associazione Libera. 

Tutti uniti per chiedere alle istituzioni verità sulle stragi che hanno insanguinato l’Italia, ma anche esprimere la propria preoccupazione rispetto a quanto sta avvenendo in Commissione antimafia dove il centrodestra, con al vertice la Presidente Chiara Colosimo, hanno proposto un nuovo regolamento sul conflitto di interessi per estromettere dai lavori figure come Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho, considerati figure di riferimento per la ricerca della piena verità, entrambi presenti tra il pubblico assieme al presidente del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte ed altri familiari vittime di mafia come Paola Caccia, figlia del magistrato Bruno Caccia ucciso dalla ‘Ndrangheta il 26 giugno 1983 a Torino; Stefano Mormile, fratello di Umberto Mormile, educatore penitenziario ucciso l’11 aprile 1990, presidente Associazione familiari vittime della Falange Armata. 

“L’accelerazione della strage di via D’Amelio – ha continuato ancora Salvatore Borsellino – è arrivata dopo l’intervento di Paolo Borsellino il 25 giugno nel suo ultimo discorso pubblico. In quella occasione chiese pubblicamente di essere sentito dalla procura di Caltanissetta su quello che aveva scoperto sulla strage di Capaci. Parole che rappresentarono la sua condanna a morte. C’era il rischio che rivelasse in pubblico quello che i giudici non volevano ascoltare. Venne convocato a Caltanissetta nella settimana successiva al 19 luglio, ma non arriverà mai a testimoniare in procura. Dopo la sua morte verrà irritualmente chiamato a collaborare alle indagini quel Bruno Contrada su cui stava indagando mio fratello”.

La Colosimo e il conflitto di interessi

“Si parla dell’assassinio di mio fratello come se fosse legato agli appalti – ha aggiunto Borsellino – ma che tutti sappiamo che ha ben altre cause, tra cui la trattativa tra mafia e pezzi deviati dello Stato. Le indagini dovrebbero concentrarsi sull’agenda rossa che è la scatola nera della strage di via d’Amelio. Si dovrebbe ripartire dal furto di quella agenda per arrivare alla verità. E non sto parlando della mafia. Non sono stati mani di mafia a sottrarre quella agenda. Noi familiari non possiamo fare altro che denunciare la vergogna di uno Stato che ritiene di poter allontanare i suoi fedeli servitori dello Stato (Scarpinato, de Raho, ndr), in nome di un presunto conflitto di interessi.
Se c’è un conflitto di interessi è ascrivibile alla stessa presidente Colosimo, per i suoi atteggiamenti confidenziali, testimoniati da prove fotografiche, con il terrorista di destra Luigi Ciavardini, esponente del gruppo eversivo di ispirazione neofascista, uno degli assassini del procuratore Mario Amato. Noi non possiamo fare altro che affermare questo diritto alla verità. Lanceremo presto un’iniziativa perché venga sancito esplicitamente nella nostra Costituzione e garantito a tutti e anche a noi familiari di vittime di stragi ai quali fino ad oggi è stato invece ostinatamente negato”.

Un concetto, quest’ultimo, ribadito anche da altri intervenuti.

Uniti per la verità

Daniele Gabrielli, vice Presidente dell’Associazione familiari vittime strage via dei Georgofili, ha auspicato l’inizio “di un’azione comune, sia sul piano giudiziario, che verso l’opinione pubblica. Perché c’è bisogno di fare chiarezza nei confronti di servitori infedeli dello Stato e far sì che certe cose (le stragi ed i depistaggi, ndr) non riaccadano più”.

“Se fossimo un paese serio – ha invece ribadito l’avvocato Federico Sinicato, presidente dell’associazione familiari vittime della strage di Piazza Fontana – dovremmo istituire una Procura nazionale centralizzata per le indagini sulle stragi, così come per la Dda, per quanto riguarda la mafia e la criminalità organizzata. Perché, solo così noi saremo in grado di fare valere al meglio le conoscenze che in 30 anni si sono costruite e sovrapposte le une alle altre. È anche in questa ottica che critichiamo fortemente la possibilità, o l’ipotesi, che una persona come il senatore Roberto Scarpinato possa essere estromesso, con un gioco di prestigio, dal suo ruolo, perché va nel senso della parcellizzazione della conoscenza. Estromettere e allontanare il più possibile coloro che sanno, per potersi giocare le carte coperte e non dover essere costretti a tirarle fuori. Questo è un gioco che per 50 anni è stato giocato sul tavolo delle stragi italiani, ora è arrivato il momento di dirlo che abbiamo bisogno di centralizzare e utilizzare al meglio le componenti che hanno una esperienza fondamentale, come Scarpinato”.

Amato: “Inaccettabile che non si prosegua ricerca della verità”

Sergio Amato, figlio del magistrato Mario Amato ucciso a Roma il 23 giugno 1980, ha definito come “brutale” l’effetto che si prova nel vedere in Commissione Antimafia “l’amica di Ciavardini, Chiara Colosimo”.

Ma non solo per la questione della nota fotografia. Ma molto altro. “Ciavardini ha scontato le sue pene per l’omicidio di mio padre, ma anche per la strage di Bologna. Ma io voglio sottolineare e denunciare i rapporti tra Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini, che è colui che ha sparato alle spalle alla nuca di mio padre. Nel 2018 Gilberto Cavallini è stato condannato come quarto esecutore della strage di Bologna. Nell’ambito di quel processo Luigi Ciavardini è stato chiamato a testimoniare e ha reso falsa testimonianza. Nel frattempo questi rapporti tra Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini sono andati avanti. Cavallini riusciva a ottenere un lavoro esterno in regime di semi libertà proprio attraverso le cooperative riconducibili a Luigi Ciavardini ed alla moglie. Ecco, questo penso sia ancora più grave di quella foto stessa.

Noi familiari non possiamo certo accettare che un detenuto possa avere delle agevolazioni grazie ad un suo correo”. “Noi familiari non possiamo accettare che un detenuto possa avere agevolazioni, grazie a un suo correo – ha aggiunto – Non so qual è stato il problema, forse la Sorveglianza, ma è una cosa impossibile da accettare – dice Sergio Amato – Per tanti anni i familiari di Amato, ma anche i familiari della strage di Bologna hanno combattuto contro la vulgata e la difesa dei cosiddetti Nar che si sono sempre definiti ‘spontaneisti’. Noi familiari non ci abbiamo mai creduto, ma abbiamo dovuto combattere nei processi e nella opinione pubblica. C’è sempre quel punto interrogativo. Oggi siamo stufi di pensare che ancora oggi il popolo italiano possano credere che i Nar fossero degli spontaneisti. Mio padre fu ucciso il 23 giugno, e dieci giorni prima parlava di Ordine nuovo che si stava riorganizzando, dicendo che i Nar erano ragazzini che venivano armati”.

Ed infine: “L’Italia è al centro di un sistema criminale che viene raccontato poco e male. Noi familiari delle vittime delle stragi siamo stufi di sentirci dire che i Nar erano ‘spontaneisti’. Ventisei magistrati hanno perso la vita. Io sono figlio di un magistrato. Non è accettabile che non si prosegua nella ricerca della verità, dopo tutti questi anni di lavoro interminabile di processi. Magistrati che si sono spesi per anni a cercare di descrivere questo sistema. E’ dagli anni ’60 che noi abbiamo prove di connivenza di neofascisti e criminalità organizzata. Allo stesso modo volete forse farci credere che erano spontaneisti anche i corleonesi? No. Nel 1990 avevo 18 anni e mai avrei pensato di potere vedere magistrati saltare per aria”.

Successivamente a prendere la parola sono stati Brizio Montinaro, che ha evidenziato l’importanza che certi argomenti siano affrontati anche nelle scuole (“Noto ormai lo sconcerto che i programmi di storia se va bene si fermano ai primissimi anni del Novecento. Come può un ragazzo avere le chiavi di accesso sulla contemporaneità se non gli è dato di sapere quanto è avvenuto almeno dal secondo dopoguerra?”) e Nino Morana, nipote di Agostino.

Lo sguardo verso i giovani

“Lo Stato – ha detto con forza – ha un debito enorme con la mia famiglia, ha negato a due genitori quella verità e giustizia per le quali si sono battuti per più di trent’anni. Lo Stato ha un debito enorme con tutte le famiglie qui presenti, e mettendo alla pubblica gogna il senatore Scarpinato non fa altro che prolungare il nostro dolore e la nostra rabbia, dandoci solamente l’ennesimo schiaffo in faccia. Mi rivolgo a voi, uomini e donne delle istituzioni, continuando con le vostre insensate e becere azioni contro il senatore Scarpinato non fate altro che uccidere di nuovo mio zio, uccidete nuovamente Nino, Ida, Paolo, Attilio, Antonio, Mario, Bruno, Umberto e le tantissime altre vittime che noi familiari stiamo rappresentando qui oggi”. Così Nino Morana, nipote di Vincenzo Agostino, intervenuto al Senato alla conferenza stampa organizzata da alcuni familiari di vittime delle stragi.

“Mio nonno diceva sempre che voleva una reale verità su un triplice massacro che uno Stato complice e spietato ha permesso per coprire sé stesso e i suoi uomini deviati e corrotti – ha proseguito – Non deve importare se, per dire queste verità, si toccheranno sepolcri imbiancati e si diranno nomi impronunciabili. Parlo anche in qualità di studente universitario, noi giovani, noi studenti, come possiamo fidarci di uno Stato, che, avvalendosi della parola ‘antimafia’, non persegue le verità, ma piuttosto cerca di epurare e mortificare chi cerca di far emergere le complicità statali nelle stragi e negli omicidi eccellenti? Come possiamo avere fiducia completa nello Stato, se parte collusa di esso, che ha contribuito nel fare queste atrocità, gode ancora di coperture istituzionali? Come possiamo affidarci ad uno Stato nel quale tutt’ora sono presenti soggetti impresentabili, che hanno avuto e hanno rapporti con la criminalità organizzata e con apparati neofascisti?”.

Le conclusioni di Bolognesi

Il Presidente dell’Associazione familiari vittime strage alla stazione di Bologna, Paolo Bolognesi, ha ricordato tutti gli elementi raccolti grazie ai processi sull’attentato del 2 agosto 1980. Tra questi anche la presenza di figure che sono state protagoniste di quella strage, ma anche di quelle di mafia. Un esempio chiaro è Paolo Bellini personaggio che collega la storia dell’eversione nera fino ad arrivare alle stragi di mafia.

“C’è questo addentellato. Siccome Bologna è un seguito che viene fuori dopo aver analizzato Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Italicus, e poi si arriva a Gioé, alle stragi del 1992 e del 1993, ti viene da dire che la strategia della tensione non è mai finita; è continuata e poi è arrivata la mafia. Allora l’importanza di una commissione antimafia che facesse il suo mestiere fino in fondo ti dà un’idea importante della situazione. Quello che è venuto fuori oggi è un invito alla Commissione antimafia di fare le cose fino in fondo, perché i collegamenti tra il passato e il futuro c’è tutto. Non è escluso che noi siamo ancora nella strategia della tensione”. Una strategia che, secondo Bolognesi, potrebbe passare anche da quanto sta emergendo sull’inchiesta di Milano su dossieraggi e cybersicurezza compromessa.

“L’appello che facciamo oggi è che la Commissione Antimafia operi fino in fondo, anche se ha una Presidente come Chiara Colosimo. Questi collegamenti con Ciavardini sono una cosa incredibile. Lei stessa dichiara che le pose delle fotografie ‘non sono molto istituzionali’. Ci sarebbe stato anche un problema di correttezza della persona nominata. Ma questo è un dato. L’altro dato è il fatto del depistaggio Scarantino. Allora, giù le mani da Scarpinato e anche da Cafiero de Raho, tanto per capirci. In modo che tutti abbiamo capito che la Commissione lavori come deve lavorare e le persone capaci che possono dare un contributo positivo devono rimanere all’interno della Commissione”.

* Antimafia DUEMILA

 

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