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Ricordi sbagliati. Quando sono i magistrati a non aver studiato l’antimafia (e Falcone)

Nando dalla Chiesa il . Cultura, Giustizia, Informazione, Istituzioni, Mafie, Memoria

Ricordate la storia di Roma raccontata da un pimpante Silvio Berlusconi ai suoi ospiti stranieri nel famoso vertice tra Russia e Nato del 2002 a Pratica di Mare? C’erano una volta Romolo e Remolo…Ecco, chissà quante storie si raccontano in questo modo ogni giorno in Italia.

Io ad esempio ricordo una volta – era la fine degli anni novanta – in cui andando a un congresso del rifondato partito socialista vicino Roma sentii volare, ancora all’esterno del tendone, anatemi all’indirizzo del pool di Mani Pulite, tutti seguiti da ovazioni da stadio. Nulla di anomalo, trattandosi di un congresso socialista. Era la storia di Tangentopoli raccontata come andava di moda da quelle parti.

Solo che, una volta entrato, scoprii che il tribuno era un ex magistrato molto noto, Ferdinando Imposimato, già parlamentare del Pci, e come tale da me frequentato proprio negli anni di Mani Pulite. Un classico caramba che sorpresa.

Pochi giorni fa ho similmente (e inaspettatamente) sentito la leggenda di Falcone e della Procura nazionale antimafia. Una narrazione fantastica, confusa, che così vi riassumo, facendo di tutto per metterci ordine, poiché ero impreparato a dovere prendere appunti (magari una registrazione…).

C’era dunque un giudice di nome Giovanni Falcone che si era convinto, con fatti a sostegno, che la mafia fosse comandata da un’unica struttura chiamata “Cupola” e operante in Sicilia. Allora pensò che anche lo Stato si dovesse dotare di una struttura eguale e contraria. Una struttura unica rivolta anch’essa alla Sicilia. Per rispondere e indagare colpo su colpo. Ma naturalmente questo modello di organizzazione delle indagini lasciava insoluti alcuni problemi.

Perché c’erano altre organizzazioni mafiose ben in salute anche fuori dalla Sicilia. C’era per esempio in Campania la camorra, con tutti i suoi clan schiumanti e debordanti. Ma poi anche la Calabria non scherzava, con i suoi clan di ‘ndrangheta. Non solo, questa struttura antimafia non teneva conto delle sopraggiungenti mafie straniere, le quali, si sa, non si reggono su strutture organizzate ma su rapporti tra persone. Da cui tanti problemi che eccetera eccetera, tipo le risorse della magistratura, enunciati con foga dalla voce narrante, con l’aura del “ve lo dico io”.

A quel punto cerco di capire chi sta parlando nell’aula con cui sono collegato. No, non è uno studente stagionato. E nemmeno uno di quelli che intervengono dal pubblico con le proprie pittoresche narrazioni, finché si alza l’obiezione “la domanda!”… Lo vedo drammaticamente seduto al tavolo dei relatori. Ho un sospetto, chiedo via chat. Ma sì, è il signor Procuratore.

Un altro caramba che sorpresa. Ma come è possibile, mi chiedo smarrito, che chi deve guidare l’azione della magistratura in un territorio tanto importante racconti così la leggenda della procura nazionale antimafia, consegni ai posteri questa deprimente immagine dell’intelligenza di Falcone, di cui si sarà spesso presentato come esperto (in fondo basta dire “follow the money”)?

Resto muto, quasi demolito. Tanto da lasciare il collegamento.

Dunque così narrano i vertici giudiziari? Che cosa ne dicono al Consiglio superiore della magistratura? Perché non si pretende, da lì, almeno da lì, che ogni magistrato abbia una minima formazione antimafia, che non vuol dire sapere citare due o tre articoli, ma avere in testa l’abc dei principi, una grande (e sofferta) storia istituzionale studiata nel mondo? Che cosa si impara obbligatoriamente alla Scuola superiore della Magistratura? E i rettori che cosa ne dicono vedendo provenire questi allievi dagli atenei di Giurisprudenza?

Poi ci si duole che i magistrati perdano prestigio…

L’immenso Totò avrebbe detto “poi dice che uno si butta a sinistra”. Ma i tempi sono cambiati. Ci si butta da un’altra parte. Sicché si prova perfino un senso di colpa a raccontare queste cose. Ma “amicus Plato, sed magis amica veritas”. O no?

Il Fatto Quotidiano, Storie Italiane, 28/10/2024

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