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Contromafie, da don Luigi Ciotti l’invito a fare uno scatto in più nel contrasto alle mafie

Pierluigi Ermini il . Associazioni, Calabria, Costituzione, Cultura, Mafie, Memoria, Politica, Società

Sono stati tre giorni intensi, ricchi di spunti interessanti quelli trascorsi a Vibo Valentia in Calabria all’interno della nuova edizione di Contromafie.

Nei tanti incontri vissuti sono stati analizzati tanti aspetti non solo della presenza e del controllo del territorio calabrese da parte della ‘ndrangheta, ma anche della sua penetrazione ormai su tutto il territorio nazionale.

Esperti, magistrati, forze dell’ordine, rappresentanti delle istituzioni, componenti del mondo associativo sociale e del terzo settore, testimoni del mondo dell’impresa, delle cooperative sociali, del mondo della Chiesa, si sono alternati sul palco dell’auditorium della Scuola di Polizia di Vibo Valentia, offrendo un quadro completo di quello che sta accadendo nelle comunità locali calabresi.

È stato un alternarsi  di sensazioni diverse via via che i vari attori prendevano la parola; ci hanno parlato di situazioni di forte degrado, ma anche di progetti innovativi e importanti che ci spingono alla speranza, di resistenza e di nuobi sogni per i tanti che combattono per dare un futuro a questa terra.

Tutti elementi utili anche per coloro che pur non subendo un fenomeno di controllo del territorio da parte delle mafie come avviene in Calabria, stanno però sperimentando fenomeni di forte infiltrazione nelle regioni del centro e del nord.

Ma soprattutto appare ormai chiaro a tutti che il grande nemico oggi, in ogni area e territorio è l’affermarsi di una mentalità mafiosa, basata sulla ricerca di un sempre maggiore potere e profitto personale, che prende spunto anche dal sistema economico, finanziario e sociale su cui poggiano le nostre democrazie.

Democrazie i cui governi nella maggior parte dei casi, fanno scelte che alimentano le disuguaglianze sociali, anziché combatterle, favorendo l’azione delle mafie che trovano così terreno fertile proprio dove le ingiustizie sociali sono più forti.

Anche gli interventi di Don Luigi Ciotti, in apertura e a conclusione dei lavori, hanno toccato questi temi.

Ma è dalla sua relazione personale con questa terra, da lui tanto amata, che don Luigi è voluto partire.

Quando, molti anni fa, prima di un incontro per inaugurare un nuovo presidio proprio a Vibo Valentia, fu accolto da grandi  manifesti appesi sui muri con sopra scritto: “Calabria libera senza Libera“.

Ma ha raccontato anche di come fu accolto suo padre, allora molto giovane, quando venne a lavorare come muratore a Pizzo Calabro: “Fu accolto con calore e ci ha sempre parlato con orgoglio dell’accoglienza che ha ricevuto in questa terra. Poi anni fa sono diventato anche cittadino onorario di Pizzo Calabro”.

Sono tanti i ricordi di don Luigi legati a questa terra: “Un sacerdote conosciuto anni fa a Reggio Calabria don Italo Calabrò era diventato un punto di riferimento nel contrasto alla ‘ndrangheta, perché ne era un suo grande conoscitore. Una conoscenza, mi disse, acquisita in confessionale ascoltando le donne a cui la mafia aveva confiscato parte della loro vita“.

Ricordi che si susseguono, a volte lontani nel tempo, ma anticipatori di progetti che oggi sono concreti grazie a intuizioni nate proprio in Calabria: “Tanti anni fa un procuratore del tribunale dei Minorenni a Reggio Calabria, il dottor Pachi, aveva fatto un provvedimento a favore di donne e bambini della ‘ndrangheta. Quelle donne e quei bambini furono aiutati proprio da don Italo Calabrò e noi a Torino al Gruppo Abele li accoglievamo e li nascondevano dai loro familiari. La RAI trasmise di questa storia negli anni ’90 anche alcune puntate in una trasmissione dal titolo “Un bambino in fuga”. Poi anni dopo un altro magistrato dei Minorenni dottor Di Bella sempre qui ha rilanciato in modo nuovo un progetto simile che oggi si chiama “Liberi di scegliere” e che presto sarà tutelato grazie a una legge dello stato alla quale sta lavorando la Commissione Parlamentare Antimafia, grazie al lavoro che in essa sta favendo la Senatrice Vincenza Rando”.

Libera è fortemente legata alla Calabria ed è tornata qui per dire grazie a chi si impegna in questa terra, a chi si mette ogni giorno in gioco. Oggi si vedono grandi cambiamenti positivi ma occorre che anche Libera sappia adattarsi alle nuove esigenze di contrasto alla criminalità organizzata perché come ci ricorda don Luigi “ci vuole continuità perché le mafie si rigenerano. L’ultima mafia è sempre la penultima. E noi abbiamo il dovere di educarci reciprocamente, cogliendo le cose positive che ci sono, ma al tempo stesso aprendosi alle nuove necessità, a nuovi processi, a nuove conoscenze e azioni. Oggi le mafie sono più forti al nord.  Qui hanno storie e radici, ma al nord sono forti e ben camuffate. Le mafie si stanno riorganizzando e per esempio al nord si è scoperta che camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra si sono messe insieme per i loro sporchi affari”.

Siamo di fronte a una realtà dove il degrado che vive questa terra anche a causa della presenza della ‘ndrangheta, porta ogni anno migliaia di calabresi, moltissimi dei quali giovani, ad emigrare per trovare lavoro e dignità.

Ci porta a riflettere sui tanti ragazzi che non frequentano più la scuola. Un fenomeno ormai diventato nazionale se si pensa che In Italia la dispersione scolastica supera il 30% e che si assiste ormai da anni al grave fenomeno di un forte analfabetismo di ritorno.

Anche questa volta don Luigi si concentra sul mondo dei giovani, e sugli adulti che non se ne interessano: “Gli adulti non comprendono i giovani, il loro vissuto e non danno spazio alle loro opinioni. In larga parte non comprendono le loro paure e fragilità, la maggior parte non capisce le loro aspirazioni e i loro sogni. La nostra è una società che si preoccupa di loro quando manifestano in un certo modo, magari attraverso forme anche di repressione, ma non se ne occupa nella vita concreta, nei loro veri bisogni. Dobbiamo inondare i nostri territori di progetti rivolti a loro e la politica deve tornare ad investire sui nostri giovani. Dobbiamo creare una nuova forza generatrice perché i giovani hanno bisogno di noi e noi di loro”.

Non è mancata nell’analisi di don Luigi uno sguardo alla politica, e un’attenzione a una democrazia che, non solo in Italia, è fortemente in crisi.

Ma che si trasforma anche a un richiamo verso tutti noi che dobbiamo trarre da questa realtà, la forza di un ancora maggiore impegno: “Siamo di fronte a  una politica che non fa politiche sociali, culturali, ambientali,  che non rispetta la dichiarazione universale dei diritti umani, che non mette in pratica la nostra Costituzione. Se siamo a questo punto dobbiamo avere il coraggio di dire che questa sta diventando una politica criminogena, nel senso che fa scelte che favoriscono l’illegalità le disuguaglianze sociali. Non possiamo essere superficiali, perchè si arriva a politiche autoritarie che mettono a rischio la nostra democrazia. Non si sta alla finestra a guardare come si comprimono gli spazi di partecipazione e di democrazia. A questa politica non si risponde con la fuga dalla responsabilità,  ma prendendosi ancor più responsabilità.  È un atto d’amore verso il nostro paese questo scatto in più. Non si può delegare la nostra parte di responsabilità.  Il mio è un invito rivolto a tutti noi ad esserci. Noi di Libera non possiamo essere una delle tante cose. Ci dobbiamo sentire consorti, legati dallo stare dalla stessa parte e metterci in gioco”.

Forti le parole di don Luigi anche sui migranti, dopo le politiche di questo governo che ci stanno portando verso un vero e proprio arretramento normativo. Se il ‘900 è stato il secolo dove si è elaborato per la prima volta giuridicamente un diritto universale per la dignità di ogni persona, oggi lo stiamo distruggendo.

Le scelte politiche che in Italia e in Europa si stanno facendo verso il diritto a muoversi, che è riconosciuto universalmente a qualunque persona, ne sono la prova più concreta: “Dobbiamo bloccare questa emorragia di umanità che colpisce tanti poveri cristi e dobbiamo sentirli cosa nostra, condividere la loro sorte, farla un pò nostra. Le loro storie e sofferenze devono animare la nostra coscienza. Si deve imparare ad ascoltare con l’orecchio del cuore”.

Don Luigi ha poi parlato della memoria ampliandone lo sguardo. Non solo le vittime innocenti delle mafie, ma tutte le vittime causate da uno stato che non funziona (vittime del lavoro, di mafia, dell’ambiente, migranti, ecc…): “La memoria è una responsabilità che abbiamo. Dobbiamo liberare la memoria, da quel velo delle tante verità nascoste, manipolate, ma anche dalla retorica di chi commemora ma non ha fatto niente per evitare che tutto ciò accadesse. Fare memoria vuol dire fare i conti anche con la nostra coscienza, assumersi l’onere di una responsabilità che ci porti a ricercare la verità quando si parla di difesa della memoria. Ricordiamoci che le mafie godono anche di un sostegno passivo, quando per esempio i cittadini non si schierano e non fanno“.

C’è un tema nuovo che don Luigi tocca in questa edizione di Contromafie che riguarda soprattutto noi occidentali e il nostro modo di vivere: “La morte è il problema nuovo che sta attraversando questo pianeta. Una morte sociale, ambientale, ci sta attraversando e per la prima volta si ha una grossa paura del futuro come comunità umana. Non si fanno le politiche necessarie per arrestare questo disastro. C’è qualcuno che si sente onnipotente e immortale e persegue questa sua immortalità a danno degli altri. La morte è il grande rimosso dell’occidente e cerchiamo di nascondere i nostri limiti e la nostra fragilità.  Così rischiamo di essere una civiltà che non riconosce la morte ma che la infligge agli altri“.

Infine il tema della legalità, una parola fin troppo utilizzata, che dobbiamo superare, perchè non può essere il nostro punto di arrivo, ma solo un mezzo per raggiungere la giustizia. “Le leggi si rispettano quando sono giuste. Quando non lo sono, dobbiamo seguire le parole di don Lorenzo Milani e dobbiamo batterci per cambiarle anche pagando di persona. Non dobbiamo cadere nel tranello di sentirsi impotenti di fronte alle grandi ingiustizie e quindi rinchiudersi nel nostro orticello. Anzi è proprio in quel momento che si deve avere la forza di fare una scatto in più. I cambiamenti partono sempre dalla verità di cui abbiamo bisogno anche in casa nostra, nel nostro paese. Forse è proprio quando ci rendiamo conto come oggi che leggi e comportamenti ingiusti stanno minando la nostra democrazia, la nostra Costituzione e il nostro modo di essere comunità, che ci si deve chiedere se non è il caso di individuare forme nuove di dissenso, come fece anche Gandhi, perché certi meccanismi ingiusti si fermino. Anche usando il nostro corpo, facendo lo sciopero della fame, o altre forme di dissenso passivo. Dobbiamo pensarci. Si tratta di una grande assunzione di responsabilità”.

Gli ultimi pensieri di don Luigi sono poi rivolti a Libera, a tutti noi, al nostro modo di essere nelle nostre comunità,  ai rischi che si corrono nei nostri territori, nelle azioni che facciamo, nel nostro modo di pensare.

Ci sono virus molto pericolosi che possono colpire anche noi di Libera: per esempio l’esclusività di rinchiudersi dentro recinti impenetrabili per il timore che altri ci possano inquinare. Tutto ciò ci fa perdere il contatto con la realtà. Dobbiamo aprirci. Rischiamo di diventare un noi contro gli altri anziché essere un noi al servizio degli altri. Se ci sentiamo  migliori degli altri diventiamo i peggiori. Dobbiamo dire no a ogni forma di dogmatismo, aperti al nuovo che viene, leggendo la realtà di oggi. L’esistenza umana è fluida e il confronto è necessario. Dobbiamo dire no a ogni forma di lamentismo diffuso come concentrarsi solo sui problemi interni senza mai però affrontarli. Dobbiamo rifiutare ogni forma di arrivismo, magari servendosi del “noi” per dare lustro all’io e perseguendo obiettivi personali. Dobbiamo evitare ogni forma di rassegnazione, il sentirsi impotenti di fronte alle grandi ingiustizie. Non dobbiamo perdere il coraggio dell’autocritica per essere più veri“.

Più responsabilità, più senso dell’altro, come ci ha insegnato per esempio Rosario Livatino che spendeva buona parte del suo stipendio per aiutare le famiglie delle persone che condannava al carcere quando queste famiglie non avevano più forme di sostentamento, oppure quando andava lui direttamente a portare l’atto di scarcerazione a un carcerato quando non c’era nessuno per consegnarli e si correva il rischio di far rimanere in carcere una persona per altri giorni.

Non venire mai meno ai propri doveri, ma al tempo stesso non dimenticarsi mai che le persone che abbiamo di fronte a noi sono portatori di diritti, di dignità.

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