Orfani di profezia
La sciagura più grande di cui restiamo vittime oggi è l’essere orfani di una vera profezia della pace.
Tutto il mondo sente l’urgenza di uno sguardo che vada oltre le macerie delle guerre diffuse e della violenza eletta a sistema.
Non si tratta soltanto dei conflitti armati che torturano la vita di milioni di esseri umani del tutto inconsapevoli delle pretese ragioni della guerra, ma anche della violenza che buca la cronaca quotidiana, si affaccia prepotente nei Decreti di legge, fa scattare reazioni imprevedibili per motivi assolutamente banali, si accovaccia nella nostra mente come una delle vie di risoluzione dalle situazioni difficili.
Ciò di cui ci sentiamo orfani non sono soltanto le voci autorevoli in grado di ribaltare il paradigma della guerra per riaffermare la luce del dialogo e dell’incontro ma anche di un diffuso sentimento di speranza che ci ridoni un respiro.
La profezia della pace deve proporsi come cultura di popolo in grado di risvegliare l’istinto di sopravvivenza che porti a riconoscere altri esseri umani al di là dei confini mentali e non nemici.
La stragrande maggioranza dei cittadini russi, ucraini, palestinesi, israeliani, congolesi, sudanesi, birmani… in un ipotetico referendum non voterebbero per il prosieguo dei bombardamenti o dei combattimenti ma per una soluzione diplomatica che garantisca la pace. Sono queste le voci (o il grido) che attende d’essere ascoltato e trasformato in politica mentre anche l’aria sembra rassegnata alla morte.
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