Le tasse del ministro Giorgetti
Può capitare solo in Italia che un ministro citi la Costituzione e che per questo venga criticato, in particolare da esponenti della sua coalizione.
Il riferimento è al ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti che ha richiamato il primo comma dell’art. 53 della Costituzione: “tutti sono tenuti a contribuire alle spese della Repubblica in funzione della loro capacità contributiva”. Aggiungendo che il Governo sta per approvare “una manovra che richiederà sacrifici da tutti”.
Il problema evidentemente sta in quel “tutti”, perché il ministro ha tralasciato di ricordare anche il secondo comma dell’art. 53, che esplicita il criterio da utilizzare per la contribuzione: “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Significa che tutti devono contribuire ma ciascuno in misura diversa, aumentando la proporzionalità dell’aliquota al crescere della ricchezza. Di conseguenza, anche gli eventuali “sacrifici” dovrebbero essere commisurati alla reale “capacità contributiva” di ogni contribuente.
In effetti qualche indicazione operativa è emersa dalle parole del ministro Giorgetti. Ad esempio sull’ipotesi di nuove tasse sui cosiddetti extraprofitti ha detto: “non è corretto parlare di extraprofitti, ma di tassare i profitti a chi li ha fatti: è uno sforzo che l’intero Paese deve sostenere, ovvero individui, ma anche società piccole, medie e grandi”. Il ministro ha fatto riferimento anche al comparto difesa che, “con tutte queste guerre… si può dire che va particolarmente bene e produce utili superiori”.
A queste parole ci sono state reazioni negative dal mondo delle imprese, che si sono sentite chiamate in causa. In realtà, sostenendo che non esistono extraprofitti, ma soltanto profitti che possono essere più elevati a causa del contesto (come ad esempio per le banche grazie all’aumento dei tassi di interesse o per alle imprese del settore dell’energia a causa del rialzo dei prezzi dei combustibili), di fatto il ministro Giorgetti ha dichiarato che non bisogna imporre tasse aggiuntive alle imprese. Più alti sono i profitti, maggiori sono le entrate dello stato. In questa logica va ricordato che le imposte sugli utili delle società in Italia sono “piatte”, cioè proporzionali.
Di conseguenza, si è giunti al paradosso che alcuni esponenti della coalizione di centrodestra hanno criticato il ministro per il timore che imponga nuove tasse, mentre Giorgetti ha sostenuto l’esatto contrario. D’altra parte alcuni leader delle opposizioni l’hanno stroncato per l’intenzione di realizzare una manovra “lacrime e sangue”, mentre avrebbero potuto chiedere conto della mancata attuazione del criterio della progressività sulle imposte delle imprese.
In tutta questa vicenda sfugge un dato economico fondamentale. L’ISTAT ha segnalato che nel secondo trimestre 2024 la pressione fiscale è stata pari al 41,3%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Qui sta la contraddizione di un Governo che aveva promesso meno tasse, mentre in realtà le imposte sono aumentate. Tutto ciò ancor prima della predisposizione della prossima manovra economica.
A proposito: ogni volta che ci si appresta a confezionare una legge di bilancio, il Governo è sempre in cerca di un certo numero di miliardi per far quadrare i conti. Appare evidente che la programmazione non faccia parte del vocabolario della politica economica e finanziaria dello stato italiano. L’impressione è che sempre prevalgano l’improvvisazione e persino l’accattonaggio.
Insomma, dilettanti allo sbaraglio.
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