Repubblica, con Orfeo e il fedele Scanavino la redazione vince, ma niente rivoluzioni
Repubblica sottosopra. Escono il Presidente del Gruppo Gedi John Elkann e il Direttore Molinari. Mario Orfeo è il nuovo Direttore, Maurizio Scanavino il nuovo Presidente, Gabriele Comuzzo Direttore generale. Molinari resta come editorialista, probabilmente dagli Stati Uniti. E perde anche il posto di Direttore editoriale del Gruppo.
È l’atto finale, dopo l’ultima durissima vertenza, i due giorni di sciopero proclamati dall’assemblea dei giornalisti contro le ingerenze della proprietà nell’informazione, in occasione della “Italian Tech Week”. Va registrato che Comuzzo, nuovo Direttore generale, aveva la stessa carica In Manzoni, concessionaria pubblicitaria di Gedi. Non un segnale distensivo.
Identità perduta
Le nuove nomine non sono la rivoluzione. Non sono il ritorno verso l’identità perduta di Repubblica, come chiedeva il Comitato di redazione. Orfeo è un giornalista che ha navigato molti mari, con abilità. E’ stato dal 1990 al 2002 a Repubblica, prima a Napoli, dove è nato 58 anni fa, poi a Roma fino a diventare redattore capo centrale, sotto il regno di Ezio Mauro. Ha diretto Mattino, Tg2, Messaggero, Tg1. È stato Direttore generale in Rai, attualmente era Direttore del Tg3 Rai. Giornalista, manager, di nuovo giornalista. Orfeo non viene -proprio come Molinari- dalla tradizione radicale, azionista, di sinistra illuminata che ha caratterizzato Repubblica dalla fondazione di Scalfari e poi anche nei vent’anni di Mauro. Si può definire uomo di centro, con una passione per il potere. Probabilmente sarà più abile di Molinari nei rapporti con la redazione e nelle sponde esterne.
Possibili compratori
Per due volte Orfeo ha diretto quotidiani di Caltagirone, che è stato nominato nei salotti imprenditoriali fra i possibili compratori di Repubblica.
Orfeo libera anche una casella importante in Rai, dove –testimonia Dagospia– i 5 Stelle vorrebbero mettere un loro uomo.
Per quanto riguarda Scanavino, è l’amico del cuore e uomo di fiducia di Elkann, una sorta di alter ego. Elkann lascia, innervosito e disturbato dagli scontri con i giornalisti. E’ un probabile inizio di disimpegno che può portare alla vendita delle ultime testate rimaste a Gedi, dopo aver liquidato quasi completamente il Gruppo acquistato alla fine del 2019 dalla famiglia De Benedetti: il settimanale L’Espresso, i prestigiosi giornali locali, Micromega.
Rapporti rovinati
I rapporti fra Molinari e la redazione erano molto rovinati. Quelli fra l’Azienda e la redazione anche. Molinari ed Elkann venivano visti come un tandem. Le domande inevase erano da tempo le stesse: perché comprare una grande azienda editoriale per rivendere quasi tutto? Perché scegliere (aprile 2020) un Direttore lontano dalla linea editoriale su cui si è sempre basata Repubblica? Perché Massimo Giannini, allevato a Repubblica, spedito a dirigere La Stampa? Risultato: perdita di copie notevole, sia di Repubblica, sia de La Stampa, con il Corriere della Sera in testa con centomila copie di differenza su Repubblica, avversario di una volta, e 140mila su La Stampa. Nei primi mesi di Direzione Molinari se ne sono andate molte firme come Bernardo Valli, Gad Lerner, Enrico Deaglio. Né ha funzionato il “digital first”, proclamato più volte da Azienda e Direzione, perché il digitale non compensa le frane sulla carta.
Tariffario per i pezzi
L’ultima storia è quella dello sciopero di due giorni dovuto alla scoperta di forti intrusioni della proprietà negli articoli di preparazione all’evento “Italian Tech Week”. Con la scoperta di un tariffario per i pezzi: le aziende partecipanti versavano a Repubblica compensi per la pubblicazione di pezzi che non apparissero come pubblicità. Uno sciopero non abbastanza sostenuto dalla categoria, né dalle grandi firme di Repubblica e d’Italia. Ma prima (aprile 2024) c’era stato l’episodio delle 100mila copie di Affari&Finanza mandate al macero a causa di un pezzo sui rapporti Italia-Francia che non rispecchiava il volere della proprietà. Con successiva sfiducia al Direttore votata dalla redazione.
A marzo 2024 il Coordinamento dei Cdr superstiti del Gruppo Gedi ha stilato un dossier. La domanda centrale era questa: “Qual è il senso imprenditoriale dell’acquisto di Gedi, gruppo editoriale che ha avuto un ruolo nella storia di questo Paese, smantellato senza alcuna strategia, con testate con anche oltre 100 anni di storia rimpiazzate da siti centrati sul marketing e sulla vendita di prodotti?”.
Nave che affonda
A gennaio 2024 il Cdr ha scritto a tutta la redazione che il giornale “è come una nave che affonda, manca una strategia, progetto incomprensibile”. A dicembre 2023 la redazione aveva bocciato il piano dei prepensionamenti. Nel comunicato sindacale si legge: “La Direzione allontana i lettori, l’Azienda sbaglia i conti“.
Prima ancora -novembre 2023- il decalogo sui rapporti pubblicità/informazione varato dall’assemblea, che Molinari ha mostrato di accettare, continuando poi a fare tutto come prima.
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